Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-06-2011) 24-10-2011, n. 38326

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 11 ottobre 2010 la sezione minorile della Corte d’Appello di Catanzaro, confermando la decisione assunta dal locale Tribunale per i Minorenni, ha riconosciuto A.M. responsabile del delitto di concorso in tentato furto pluriaggravato dell’autovettura di proprietà di C.G.; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge, salvo correzione di un errore materiale.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo il ricorrente lamenta che le attenuanti generiche gli siano state negate sul falso presupposto che esistessero a suo carico dei precedenti penali, nonchè in base alla illegittima vantazione a suo carico del silenzio da lui serbato nel corso del processo, nell’esercizio di un preciso diritto riconosciutogli dall’ordinamento.

Col secondo motivo si duole che analoghe, illegittime considerazioni abbiano motivato il diniego della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

L’identica logica contestativa che ispira le censure mosse coi due motivi di ricorso ne consente la trattazione congiunta. Lamenta, infatti, il ricorrente che i precedenti su di lui gravanti e il comportamento tenuto nel corso del processo siano stati indebitamente giudicati impeditivi sia dell’applicazione delle attenuanti generiche, sia dei benefici di cui agli artt. 163 e 175 c.p..

Contrasta la correttezza della statuizione richiamandosi alle risultanze del certificato penale, da cui risulta la sua incensuratezza; quanto al comportamento processuale rivendica la legittimità della scelta di mantenere il silenzio, quale diritto espressamente riconosciuto all’imputato dall’ordinamento.

Sotto entrambi i profili l’assunto che permea il ricorso muove da considerazioni condivisibili, ma ha il torto di trame conclusioni errate.

E’ bensì vero, infatti, che perchè possa parlarsi di "precedenti penali" è necessario che questi risultino dalla pronuncia di sentenze passate in giudicato, in mancanza di che l’imputato mantiene il suo status giuridico di soggetto incensurato; ma è altrettanto vero che fra gli elementi valutabili ai fini del giudizio complessivo sulla sua personalità vengono in considerazione anche i "precedenti giudiziari", cioè i procedimenti a suo carico conclusisi con esito diverso dalla condanna, dei quali è fatta espressa menzione nel capo- verso dell’art. 133 c.p.. Ad essi la Corte d’Appello ha accomunato i "precedenti di polizia", attenendosi ad una recente enunciazione giurisprudenziale che ne ha riconosciuto la piena utilizzabilità ai fini del giudizio sulla concedibilità della sospensione condizionale della pena (Cass. 5 maggio 2010 n. 18189). Ineccepibile è la conclusione trattane, secondo cui di tutti i menzionati parametri è lecito tener conto, quando se ne possano trarre elementi di vantazione, sia ai fini del riconoscimento – o del diniego – delle attenuanti generiche (Cass. 10 maggio 1982 n. 11924), sia ai fini del giudizio prognostico sulla capacità dell’imputato di astenersi, in futuro, dal commettere nuovi reati, che è alla base della concessione della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna (Cass. 12 novembre 2009 n. 9915/10).

Analogamente corretta dal punto di vista giuridico è la valorizzazione, per i fini che qui interessano, del comportamento tenuto dall’imputato nel corso del procedimento. Il diritto riconosciutogli dalla legge processuale di non rispondere alle domande rivoltegli in sede di convalida dell’arresto, e di sottrarsi in seguito all’esame, non può certo essere messo in discussione; ma, contrariamente a quanto mostra di ritenere il ricorrente, anche tale scelta può influire sulla complessiva valutazione della personalità dell’imputato, alla quale il giudice è chiamato ogniqualvolta il suo apprezzamento debba essere calibrato sugli elementi indicati dall’art. 133 c.p.. D’altro canto la Corte territoriale ha dato una chiara giustificazione al giudizio espresso, col rilevare che nel commettere il reato l’ A. aveva agito in concorso con altro soggetto, evidentemente a lui noto; onde il rifiuto di rivelarne l’identità ha evidenziato un atteggiamento omertoso, sintomo di adesione a schemi comportamentali cui quel collegio ha dato valutazione negativa.

Il rigetto del ricorso, che inevitabilmente consegue a quanto fin qui osservato, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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