T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 22-11-2011, n. 2829 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con l’odierno ricorso, presentato alla notifica il 18.04.2008, notificato il 21.04.2008 e depositato il successivo 29.04.2008, le ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza in epigrafe specificata, deducendone la illegittimità sotto più profili.

In particolare, ciò che si contesta è che l’intervento in questione – risalendo ad un periodo anteriore al 1967 – non dovesse essere autorizzato, essendo collocato al di fuori del centro abitato.

Si è costituito il Comune di Baranzate, controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie.

La difesa comunale contesta, in particolare, la risalenza dell’opera agli anni "60, producendo documentazione degli anni "90, nonché degli anni 2006 – 2007, in cui detta tettoia non risulta rappresentata.

Il 14.10.2008 l’avv. Salerno deposita atto di dismissione del mandato.

Il 4.12.2008 le ricorrenti conferiscono procura alle liti agli avv. Zamboni e Cicchetti.

Alla pubblica udienza del 20.10.2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

A) Il ricorso è infondato.

1) Con il primo motivo, le ricorrenti deducono la violazione dell’art. 10 della legge n. 765/1967, in relazione all’art. 31 della legge n. 1150/1942, nonché l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto e difetto di motivazione. Ciò, sul presupposto che l’amministrazione non avrebbe tenuto conto che la realizzazione dell’opera abusiva risalirebbe a data anteriore al 1967, epoca in cui, per siffatta costruzione, in quanto posta all’esterno del centro abitato, non sarebbe stato necessario alcun titolo edilizio.

In ogni caso, la medesima difesa precisa che le ricorrenti non sarebbero responsabili della realizzazione del predetto manufatto, avendo acquistato il compendio in epoca successiva alla sua costruzione.

2) Sul punto, le controdeduzioni della difesa comunale fanno leva su tre documenti, tutti depositati in atti (estratto di mappa del 2007, rilievo aereo fotogrammetrico del 19941995 e planimetria prodotta il 30.05.2006 dalla stessa S. al Comune in allegato alla richiesta di N.O. ai sensi del Regolamento d’Igiene) idonei a smentire la circostanza della risalenza dell’opera agli anni "60.

3) Il Collegio, richiamandosi ai propri precedenti in materia, non può che condividere l’impostazione seguita dalla difesa comunale, laddove lamenta l’inidoneità della produzione documentale di parte ricorrente, per la dimostrazione della preesistenza del manufatto all’epoca dell’entrata in vigore della cd. legge Ponte.

In tal senso, è opportuno richiamare l’orientamento già espresso da questa sezione, e riassunto, tra le altre, dalla sentenza T.A.R. Lombardia, Milano, II^, 19.04.2011 n. 1003, di cui è utile riportare i seguenti passaggi:

"a) in materia di ripartizione dell’onere della prova, rispetto al profilo specifico della data di realizzazione delle opere da sanare, è stato affermato che detto onere grava sul richiedente la sanatoria; ciò perché mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, colui che richiede la sanatoria può fornire qualche documentazione da cui si desuma che l’abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data predetta come ad es. fatture, ricevute, bolle di consegna, relative all’esecuzione dei lavori e/o all’acquisto dei materiali ecc. Pertanto colui che ha commesso l’abuso non può trasferire il suddetto onere in capo all’Amministrazione, qualora non sia in grado di fornire elementi e documenti atti a sostenere la richiesta legittima di condono edilizio (ex multis Consiglio Stato, sez. IV, 02 febbraio 2011, n. 752);

b) l’autodichiarazione del privato, allegata alla domanda di condono edilizio, attestante la ultimazione delle opere abusive entro la data prevista dalla legge non presenta valenza probatoria privilegiata, ma costituisce esclusivamente un principio di prova, destinato a cedere in presenza di più consistenti elementi probatori in possesso dall’Amministrazione.

In applicazione a tale orientamento è stato ritenuto legittimo il rigetto della domanda di condono presentata ai sensi dell’art. 32 della L. 24 novembre 2003, n. 326 di opere edilizie, che, in base ad una aerofotogrammetria in possesso dell’Autorità comunale, era stato provato che le opere stesse non erano esistenti alla data prevista dalla legge per conseguire il condono (Cons. Stato sez. IV, n. 4359/2007);…"

4) Ebbene, stando alla documentazione depositata in atti, con particolare riguardo ai doc. nn. 8, 9 e 10 della difesa comunale, tutti datati in epoca successiva alla predetta legge n. 765/1967, non emerge alcuna rappresentazione della tettoia in questione, sicché risulta smentita l’affermazione contenuta nel ricorso, a proposito della realizzazione del manufatto nel 1963 "nello stato in cui oggi è pervenuto" (cfr. pg. 5 del ricorso introduttivo).

Del resto, è ben possibile, onde conciliare le affermazioni contenute nella dichiarazione resa dal precedente proprietario del manufatto (cfr. allegato n. 7 di parte ricorrente) e quanto documentato dall’autorità comunale, che a suo tempo sia stata realizzata, per un periodo di tempo limitato, una tettoia, che, tuttavia, è stata successivamente rimossa, tanto da non essere presente nella succitata documentazione agli atti del Comune.

5) In ogni caso, quand’anche fosse stata realizzata in epoca anteriore alla legge del 1967, non per questo può dirsi che detto manufatto fosse rimesso alla libera iniziativa del proprietario o titolare di altro diritto reale sul fondo, posto che, la legge fondamentale n. 1150 del 1942 imponeva di dotarsi di "apposita licenza", non soltanto, per le costruzioni entro il centro abitato ma, "ove esista il piano regolatore", "anche dentro le zone di espansione.

Ebbene, come evidenziato dalla difesa comunale, la dichiarazione dell’ex proprietario dell’area de qua, allegata (sub n. 7) da parte ricorrente allo scopo di dimostrare l’edificazione del manufatto in epoca anteriore al 1967, reca un chiaro riferimento al titolo edilizio rilasciato il 26.07.1960 dal Comune di Bollate (in cui era allora inclusa l’area) per la costruzione del complesso, lasciando chiaramente intendere come l’attività costruttiva in detta zona, anche allora, fosse disciplinata dalla normativa comunale nel senso di richiedere un titolo edilizio per l’edificazione.

6) Nessuna rilevanza può, poi, assumere la circostanza che le ricorrenti siano estranee all’abuso, giacché l’ordinanza impugnata è stata loro legittimamente notificata (ex art. 31, co. II° d.P.R. n. 380/2001) nella qualità di proprietarie del manufatto in esame e non di responsabili dell’abuso (cfr. ex multis, Cassazione Penale, Sez. III, sent. n. 39322 del 13072009 (ud. del 13072009), per cui:" L’ordine di demolizione del manufatto abusivo è legittimamente adottato nei confronti del proprietario dell’immobile indipendentemente dall’essere egli stato anche autore dell’abuso, salva la facoltà del medesimo di far valere, sul piano civile, la responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del proprio dante causa).

7) In definitiva, quindi, la tettoia così come descritta nell’ordinanza di demolizione qui gravata non risulta essere stata realizzata in epoca anteriore al 1967 e, comunque, non risulta essere stata realizzata sulla base di un idoneo titolo edilizio, all’uopo richiesto.

8) Il motivo è infondato.

9) Col secondo motivo, le ricorrenti deducono la violazione ed erronea applicazione dell’art. 2, comma 10, lett. r) delle N.T.A. del P.R.G. vigente, nonché, l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto, manifesta erroneità, contraddittorietà e difetto di motivazione.

Ciò, poiché la tettoia non sarebbe stata chiusa da pareti su tre lati, nel senso che i tre lati chiusi non sono stati realizzati abusivamente, per cui la lunghezza dei tre lati non supera il 75% del perimetro complessivo e, quindi, la sua superficie non potrebbe costituire s.l.p. ai sensi delle cit. N.T.A.

10) Sul punto, la difesa comunale evidenzia la inammissibilità della censura per carenza di interesse, poiché l’esistenza o meno del contrasto con la cit. NTA non incide affatto sulla legittimità dell’ordinanza, che non si basa su detto contrasto ma, semplicemente, sul carattere abusivo della predetta opera. In ogni caso, conclude il medesimo patrocinio, la censura sarebbe infondata, poiché la prescrizione di cui all’art. 2 delle NTA cit. così dispone: " La superficie delle tettoie chiuse su più lati è computata quando la lunghezza dei lati chiusi da pareti è superiore al 75% del perimetro del poligono circoscritto dalle pareti stesse e dalla loro congiungente". Ne consegue, sempre secondo l’impostazione di parte resistente, che non avrebbe alcuna rilevanza che le tre pareti siano o meno abusive, ovvero che siano state realizzate anteriormente alla tettoia o insieme ad essa, ai fini del computo della ridetta slp.

11) Il Collegio, in disparte il suaccennato profilo di inammissibilità della censura, reputa la medesima infondata. Ciò, in quanto – ai fini del computo della slp – stando ad una piana lettura dell’art. 2 delle NTA da ultimo citato, non rileva affatto l’abusività dei lati chiusi da pareti, ma soltanto la loro lunghezza rispetto al perimetro complessivo del poligono (che, nel caso di specie, come risulta confermato anche dal materiale fotografico in atti, è sicuramente superiore al 75%).

Ne consegue l’infondatezza del motivo in questione.

12) Per le precedenti considerazioni, il ricorso in epigrafe specificato deve essere respinto.

13) Le spese seguono la soccombenza e sono poste a carico della parte ricorrente nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Pone le spese di lite a carico della parte ricorrente e a favore dell’intimato Comune, liquidandole in complessivi euro 2.000,00, oltre gli accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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