Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-06-2011) 24-10-2011, n. 38321

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 7 maggio 2010 la Corte d’Appello di Brescia, sostanzialmente confermando (salvo moderazione del trattamento sanzionatorio) la decisione assunta dal giudice dell’udienza preliminare presso il locale Tribunale in esito al giudizio abbreviato, ha riconosciuto D.V. responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale in relazione al fallimento della società SICME s.r.l., della quale era stato amministratore di diritto fino al 3 agosto 2006 e di fatto sino alla data del fallimento, seguito il 28 aprile 2007.

Secondo l’ipotesi accusatoria, recepita dal giudice di merito, una volta constatato lo stato d’insolvenza il D. aveva trasferito ad altra società, da lui stesso amministrata e operante nello stesso immobile, il personale dipendente ed ogni cespite attivo, lasciando alla SICME s.r.l. soltanto i debiti; la finalità dell’operazione era stata volutamente occultata con la mancanza della contabilità nella parte riguardante la consistenza del patrimonio sociale, le giacenze di magazzino e i crediti verso terzi.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a tre motivi.

Col primo motivo il ricorrente deduce carenza di motivazione in ordine alla attribuzione ad esso D. delle condotte distrattive, in contrasto con altra sentenza che aveva condannato per quello stesso titolo l’amministratore unico succedutogli nella gestione; lamenta, altresì, che il trasferimento degli operai ad altra società, finalizzato ad assicurare la continuità del rapporto di lavoro, sia stato ingiustificatamente inteso come prova del reato ascrittogli.

Col secondo motivo denuncia carenza di motivazione in ordine al diniego della riqualificazione del fatto come bancarotta semplice documentale.

Col terzo motivo contrasta l’applicazione della recidiva specifica, contestando che uno dei precedenti si riferisca alla propria persona e negando che i reati di cui alle pregresse condanne fossero della stessa indole.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

A confutazione del primo motivo corre l’obbligo di osservare che l’attribuzione al D. della responsabilità derivante dalla accertata sua qualità di amministratore di fatto, nel periodo successivo all’assunzione da parte dell’ A. della carica di amministratore di diritto, non si pone minimamente in contraddizione con la condanna di quest’ultimo per lo stesso reato, essendo ben possibile – e appurato nel caso di specie – il concorso ex art. 110 c.p. dell’amministratore di fatto e di quello formalmente nominato sia nell’attività distrattiva, sia nell’irregolare tenuta delle scritture contabili. Il fatto che nella sentenza a carico dell’ A. si sia stabilito che costui non era una semplice "testa di legno", avendo invece partecipato alla gestione della società e al perseguimento dell’oggetto sociale, può valere bensì a contraddire l’affermazione che si legge nella sentenza qui impugnata, secondo cui l’ A. non aveva ruolo nè compiti nella società; ma certamente non infirma in alcun modo l’accertamento della responsabilità ascritta al D., in relazione alle condotte illecite da lui tenute nella perdurante sua veste di amministratore, sia pure di fatto.

Carente di pregio è altresì la censura – pur essa svolta nel primo motivo – indirizzata a coonestare il trasferimento delle maestranze dalla SICME s.r.l. ad altra società di nuova formazione. Al riguardo basti osservare che la riconosciuta necessità di ricorrere a tale strumento, per salvaguardare la continuità del rapporto di lavoro, costituisce un’ulteriore riprova del fatto che a quel tempo il D. aveva ormai preso la decisione di abbandonare la SICME s.r.l. al suo destino: il trasferimento dei dipendenti ha infatti costituito, secondo quanto accertato in sede di merito, l’ultimo atto di una progressiva spoliazione della società di ogni sua attività e di ogni rapporto giuridico, eccezion fatta per i soli debiti.

In ordine al secondo motivo di ricorso va rilevata l’insussistenza del denunciato vuoto motivazionale, atteso che l’applicabilità alla fattispecie dell’ipotesi criminosa di minor gravità, contemplata dalla L. Fall., art. 217, risulta esclusa con motivazione implicita dalla Corte d’Appello. Ed invero, avendo questa accertato che la parziale e incompleta tenuta delle scritture contabili – caratterizzata, fra l’altro, dalla totale mancanza del libro dei cespiti ammortizzabili e di tutte le fatture emesse nell’anno 2006 – era finalizzata a impedire la conoscibilità del patrimonio e del movimento degli affari, ha ravvisato la sussistenza dell’elemento soggettivo proprio del delitto di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2: così implicitamente escludendo, per incompatibilità con la linea argomentativa adottata, la configurabilità dell’ipotesi alternativa di bancarotta semplice documentale.

L’assunto che informa il terzo motivo, secondo cui il precedente penale costituito da una pregressa condanna per bancarotta semplice sarebbe da riferire ad altro soggetto e non sarebbe, perciò, computabile ai fini della recidiva, s’infrange nell’accertamento compiuto dalla Corte d’Appello, secondo cui la persona in allora condannata sotto il nome di D.V. si identifica nella stessa persona imputata nel presente procedimento. Incontestabile è, poi, che la bancarotta semplice sia reato della stessa indole della bancarotta fraudolenta.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *