T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 22-11-2011, n. 2820 Concessione per nuove costruzioni contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’odierno ricorso, l’esponente si duole delle determinazioni assunte dal Comune di Milano in ordine alla determinazione degli oneri dovuti, in corrispondenza del rilascio del permesso di costruire in sanatoria sull’istanza presentata in data 30.11.2004 ai sensi del D.L. n. 326/2003.

Si è costituito il Comune di Milano, controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie.

Alla camera di consiglio del 20.10.2011 il Collegio, valutata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite le parti, ha trattenuto la causa per la decisione con sentenza in forma semplificata.

Motivi della decisione

1) In via preliminare, il Tribunale osserva che, in relazione agli elementi di causa, sussistono i presupposti per l’adozione di una decisione in forma semplificata, adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.

2) Passando ad esaminare il merito del gravame, si possono scrutinare congiuntamente i primi due motivi, vertenti sulle medesime questioni. Con essi, i ricorrenti deducono il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà manifesta, per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti di fatto, nonché per illogicità e difetto di motivazione.

Ciò, in quanto, con la nota datata 14.06.2011, il Comune avrebbe qualificato la destinazione d’uso dell’immobile, per cui era stata richiesta la sanatoria per la "trasformazione di interrato s.p.p. in residenza e formazione di soppalco abitabile per complessivi mq 86,25", come "direzionale", anziché come "residenziale", in contrasto sia con quanto richiesto nell’istanza predetta, che con quanto deciso in un primo tempo dallo stesso ente, con il rilascio del permesso in sanatoria provvisorio, n.1312. D’altro canto, sempre secondo la medesima difesa, al caso di specie avrebbe dovuto applicarsi la disciplina del silenzioassenso, di cui all’art. 32, co. 37 del D.L. cit.. Per tale ragione, avendo gli istanti fornito tutta la prescritta documentazione alla data del 31.10.2005, dopo 24 mesi e, quindi, alla data del 31.10.2007, avrebbe dovuto ritenersi perfezionata la fattispecie tacita, in relazione alla sanatoria per la destinazione residenziale richiesta dagli esponenti. In ogni caso, il Comune non avrebbe dovuto basare la propria determinazione soltanto sulla documentazione fotografica allegata all’istanza.

Sul punto, la difesa resistente evidenzia come il riesame da parte del Comune abbia preso le mosse da un’istanza di parte ricorrente, da cui sarebbe scaturito un supplemento di istruttoria, che avrebbe consentito all’ente di avvedersi che, dalla stessa documentazione fotografica allegata dagli istanti a corredo della domanda di sanatoria, era evidente la destinazione direzionale e non residenziale dei locali de quibus.

3) I motivi sono infondati.

4) Dalla disamina della documentazione fotografica acquisita agli atti di causa, la stessa sulla quale ha basato il proprio convincimento il Comune di Milano, è evidente come non sia possibile riconoscere l’asserita destinazione residenziale del manufatto, trattandosi di locali interamente occupati da arredo da ufficio e senza nessuna presenza significativa (come potrebbe essere, ad esempio, quella di una cucina o di una stanza da letto) di una destinazione residenziale in atto (per l’esattezza, sin dal 31.03.2003, tale essendo il termine ultimo fissato dal cd. terzo condono per l’ultimazione delle opere abusive).

5) Il carattere dichiaratamente provvisorio della determinazione assunta dall’amministrazione nel mese di settembre 2009, unitamente alla circostanza che gli stessi ricorrenti ebbero a chiedere un ricalcolo degli oneri ivi determinati (cfr. doc. n. 4 all. Comune), dà ampiamente conto dell’insussistenza della dedotta contraddittorietà dell’operato comunale.

6) Né può fondatamente sostenersi il perfezionamento della fattispecie tacita di cui all’art. 32, co. 37 cit., stante la mancata dimostrazione dell’avvenuto deposito della documentazione a tal fine prescritta dalla citata disposizione, entro la data del 31.10.2005, con particolare riguardo alla denuncia ai fini dell’I.C.I. e di quella ai fini della T.A.R.S.U. (cfr. rapporto tecnico all. n. 2 Comune). Al riguardo, va precisato come non possa valere a dimostrazione dell’avvenuta produzione delle suindicate denunce quella allegata da parte ricorrente sub doc. n.9, trattandosi della copia della sola denuncia di variazione catastale, che rappresenta però soltanto una delle tre denunce richieste dal D.L. cit. (cfr., in particolare, l’allegato 1 al D.L.).

Solo assolvendo a tale onere (del deposito della documentazione prescritta dalla su citata disposizione), infatti, il richiedente avrebbe potuto cristallizzare gli effetti della domanda di sanatoria alla data del perfezionamento della fattispecie tacita, così come previsto, del resto, dal comma VI° dell’art. 4 della L.R. n. 31/2004 (a tenore del quale: "Gli oneri di urbanizzazione e il contributo sul costo di costruzione dovuti ai fini della sanatoria sono determinati applicando le tariffe vigenti all’atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria"), rendendo, quindi, insensibile l’importo degli oneri de quibus alle modifiche tariffarie che siano successivamente decise dalla competente autorità (cfr. ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, II^, 13.10.2011 n. 2426).

7) Non sussiste neppure il denunciato difetto di trasparenza, poiché l’importo determinato dal Comune si ricava automaticamente, mediante l’applicazione dei parametri indicati nelle Tabelle allegate alle delibere comunali del 2004 e del 2007 di seguito richiamate, naturalmente, avendo riguardo a quelli previsti per la destinazione direzionale, anziché a quelli della destinazione residenziale.

I primi due motivi risultano, quindi, infondati.

8) Con il terzo motivo, l’istante deduce la violazione dell’art. 32 cit., poiché – a fronte di una domanda di condono per la trasformazione di locali s.p.p. in locali a destinazione residenziale – l’amministrazione potrebbe soltanto concedere o negare la sanatoria così come richiesta, ma non potrebbe concederla per una diversa destinazione.

9) Il motivo è, prima ancora che infondato, inammissibile per difetto di interesse, perché non si comprende quale utilità deriverebbe agli istanti – a fronte dell’abuso realizzato – da un diniego di sanatoria, che li esporrebbe ad una risposta sanzionatoria da parte dell’amministrazione.

Il motivo è inammissibile.

10) Con il quarto motivo si deduce la violazione degli artt. 4, co. 6 L.R. n. 31/2004 e 32, co. 37 del D.L. cit., nonché la falsa applicazione della d.G.C. n. 73/2007, poiché, stando alla tesi ricorrente, non avrebbero dovuto applicarsi gli aggiornamenti degli oneri di cui alla delibera del 2007, entrati in vigore dal 1° gennaio 2008, essendosi qui perfezionata la procedura di sanatoria sin dal 31.10.2007, in applicazione della disciplina del silenzioassenso di cui al comma 37 cit.

11) A sostegno dell’infondatezza del suesposto motivo il Collegio si può limitare a richiamare quanto già argomentato al punto n. 6, a proposito del mancato perfezionamento della fattispecie di silenzioassenso, stante la mancata allegazione della prescritta documentazione.

Il motivo è infondato.

12) Con il quinto motivo si deduce la violazione dell’art. 32, co. 40 del D.L. cit., nonché la violazione e falsa applicazione della d.G.C. n. 2493/2004, poiché il Comune di Milano avrebbe erroneamente applicato l’ulteriore maggiorazione del 10%, parametrandola agli oneri concessori, anziché alle spese e ai diritti.

13) Sul punto, il Collegio ritiene di potersi richiamare all’orientamento ormai consolidato della Sezione e, fra le tante, alle argomentazioni contenute nella sentenza del 13.10.2011 n. 2426, secondo cui, l’incremento percentuale in questione è applicabile non agli oneri concessori relativi all’intervento edilizio, ma ai diritti ed oneri correlati alla istruttoria delle domande finalizzate al rilascio del titolo abilitativo; diritti ed oneri che il Comune ha facoltà di incrementare in relazione al maggior impiego di risorse (personale e mezzi) che qualsiasi sanatoria – implicante un afflusso eccezionale di istanze da istruire ed evadere in aggiunta all’attività ordinaria – notoriamente richiede (cfr. in tal senso anche: T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 12 maggio 2011 n. 1232; id. 17 dicembre 2010, n.7589; id. 14 ottobre 2010 n. 6955).

14) Sotto tale profilo, il gravame deve accogliersi, con conseguente obbligo per il Comune di rideterminare gli oneri concessori senza l’illegittimo – per le ragioni sopra esposte – incremento del 10%.

15) Con gli ultimi due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto vertenti su questioni strettamente connesse, si deducono i vizi di violazione di legge (art. 4, co.1 L.R. n. 31/2004; art. 32, co. 34 L. n.326/2003) ed eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto e difetto di istruttoria e di motivazione. Ciò, in quanto il Comune avrebbe erroneamente applicato le maggiorazioni del 30% di cui alla d.G.C. 2644/2004 e del 10% di cui alla d.G.C. n.2493/2004 sull’importo degli oneri già maggiorato dagli incrementi di cui alla d.C.C. n.73/2007.

16) Anche su tale aspetto, assorbito il profilo attinente alla maggiorazione del 10%, già trattato al punto 14), il Collegio non può fare a meno di richiamare, per confutare la tesi ricorrente, l’ormai costante orientamento assunto dalla Sezione in ordine all’interpretazione delle norme disciplinanti il cd. terzo condono (cfr. ex multis, sentenza n.1232 del 12.05.2011, n. 6955 del 14.10.2010), dalle quali emerge la legittimità della pretesa dell’Amministrazione di determinare gli oneri di urbanizzazione relativi al titolo in sanatoria tenendo conto delle tariffe di cui alla delibera n. 73/2007, vigenti all’atto del rilascio del permesso, sulle quali calcolare l’aumento di cui alla delibera n. 2644/2004 (cfr., ancora, sulla specifica questione, le sentenze di questa sezione 30.03.2010 n. 833, 9.11.2010 n. 7218; 6955, 6956, 6957 e 6958 tutte del 14.10.2010, e tutte successive all’ordinanza del 17.03.2010 n. 105 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, co. 6° della legge reg. n. 31 cit.).

17) Né può essere condivisa la richiesta di parte ricorrente, volta a sottoporre al vaglio della Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale del predetto art. 4 della L.R., in relazione all’art. 117 Cost., per violazione del principio fondamentale della legislazione statale posto dall’art. 32, co. 34 del D.L. n.326/2003 (che limita la possibilità di maggiorazione regionale degli oneri al 100%). Tale questione si appalesa, per le ragioni poste nelle argomentazioni delle sentenze da ultimo richiamate, del tutto infondata, poiché la maggiorazione introdotta dalla d.C.C. del 2007 trova il proprio fondamento normativo nell’art. 16 del d.lgs. n. 380/2001 e non nella normativa regionale.

Anche i suesposti motivi si appalesano, quindi, infondati (salvo per quanto attiene alla maggiorazione del 10%, secondo quanto già chiarito sub n. 14).

18) Per le considerazioni che precedono, il ricorso in epigrafe specificato deve essere accolto, limitatamente alla censura dedotta col quinto motivo di ricorso, a proposito delle modalità applicative della maggiorazione del 10%, di cui alla d.G.C. n. 2493/2004.

19) Sulle spese, il Collegio, in considerazione della reciproca soccombenza, ritiene sussistano valide ragioni per disporne l’integrale compensazione fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, e lo respinge per il resto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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