Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-06-2011) 24-10-2011, n. 38310

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione S.C. avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce in data 11 febbraio 2009 con la quale è stata confermata quella di primo grado (del 2009) di condanna per il reato di lesioni personali gravi commesso nel luglio 2002.

Il prevenuto aveva conseguito le attenuanti generiche equivalenti ed era stato condannato al risarcimento del danno.

La vicenda era consistita, secondo il racconto della persona offesa, in un alterco al quale aveva dato vita il ricorrente, da tempo in rapporti tesi con la persona offesa ( P.G., all’epoca minorenne) e con il padre di costui, per motivi politici.

Deduce:

1) La violazione dell’art. 192 c.p.p. e il vizio di motivazione.

La Corte di merito non aveva dato credito, sulla base di ragionamento erroneo, alla ricostruzione dei testi della difesa che avevano dato atto dell’alterco sostenendo però che non vi era stato contatto fisico tra l’imputato e la persona offesa.

Ebbene le dichiarazioni di tali testi erano state ritenute inattendibili perchè non contenevano alcun riferimento ad una circostanza di fatto (le offese del P. al S.) che però non poteva essere stata da essi percepita in quanto verificatasi prima del momento in cui essi avevano assistito all’incontro fra i protagonisti del fatto;

2) La erronea applicazione dell’art. 583 c.p. e il vizio di motivazione.

Le lesioni erano state originariamente qualificate lievi sulla base del primo certificato prodotto dalla parte.

Successivamente altri certificati avevano esteso il tempo della guarigione e il giudice aveva ingiustamente respinto una richiesta di accertamento peritale sul punto: aveva infatti sostituito al parere tecnico dello specialista una propria valutazione, per giunta errata.

E cioè quella di considerare come durata della malattia il semplice rispetto del protocollo terapeutico in materia di trauma dentario.

Tale protocollo prevede un monitoraggio di mesi per verificare lo stato di salute del dente, ma al monitoraggio non equivale una necessaria perdurante e coeva malattia.

Il reato, da considerare non grave, sarebbe prescritto.

Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno.

Il primo motivo non risulta formulato in termini inammissibili, pur apparendo infondato.

Tale situazione comporta che il tempo trascorso dopo la pronuncia della sentenza di condanna ha rilievo ai fini del computo del termine prescrizionale: termine che, in ragione della disciplina sulla causa estintiva vigente al momento della consumazione del reato, (da applicarsi nella specie in quanto più favorevole di quella in vigore dall’8 dicembre 2005, secondo la disciplina transitoria della L. n. 251 del 2005, art. 10, commi 2 e 3), va rapportato alla pena edittale derivante dalla comparazione delle circostanze ex art. 69 c.p. (Sez. 5^, Sentenza n. 5696 del 12/03/1986 Ud. (dep. 17/06/1986) Rv.

173150).

In sostanza, con la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla aggravante ex art. 583 c.p., il termine prescrizionale risulta essere quello di anni sette e mesi sei, scaduto appunto il 16 gennaio 2010.

Viene meno, in tale prospettiva, l’interesse alla coltivazione del secondo motivo di ricorso che, peraltro, risultava inammissibile posto che la perizia, per il suo carattere "neutro" sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva: ne consegue che il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in quanto giudizio di fatto che se sorretto da adeguata motivazione è insindacabile in cassazione. (Rv. 236191. Massime precedenti Conformi: N. 6861 del 1993 Rv. 195139, N. 9788 del 1994 Rv. 199279, N. 275 del 1997 Rv.

206894, N. 6074 del 1997 Rv. 208090, N. 13086 del 1998 Rv. 212187, N. 12027 del 1999 Rv. 214873, N. 4981 del 2003 Rv. 229665, N. 9279 del 2003 Rv. 225345, N. 17629 del 2003 Rv. 226809, N. 37033 del 2003 Rv.

228406, N. 4981 del 2004 Rv. 229665).

E nella specie il giudice aveva dato atto con motivazione congrua della assoluta affidabilità delle conclusioni del medico della parte che aveva constatato un indebolimento temporaneo della funzione masticatoria e lo aveva seguito per il tempo necessario a scongiurare la necessità di un intervento chirurgico di avulsione.

Tornando all’esame del primo motivo si ribadisce che esso è infondato.

Il convincimento del giudice del merito circa la attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e non anche di quelle, di segno contrario, dei testi della difesa è stato motivato con argomentazioni congrue e mediante una ricostruzione plausibile degli eventi sicchè non è previsto un ulteriore sindacato della Cassazione al riguardo.

I giudici hanno accreditato la versione del ragazzo, all’epoca minorenne, suffragate dal tenore della certificazione medica e dalla deposizione, sia pure de relato, del padre del ragazzo e del suo medico curante.

Gli stessi giudici hanno evidenziato, a conforto di tale convincimento, l’accertamento di rapporti gravemente conflittuali tra le stesse parti.

I giudici si sono anche lungamente soffermati ad analizzare le ragioni della ritenuta inattendibilità delle risultanze contrarie alla tesi della accusa, dandone spiegazione logica e completa, essenzialmente consistente nel rilievo della non coincidenza delle versioni su fatti di rilievo.

Rispetto a tale logica osservazione, la difesa denuncia infondatamente un apprezzamento illogico delle deposizioni dei testi, in realtà fornendo argomenti anche a sostegno della tesi della accertabilità della loro ricostruzione alternativa: una tesi, questa, non vagliabile dalla Cassazione che non deve scegliere la migliore ricostruzione del fatto ma soltanto attenersi a quella operata dal giudice del merito, ove rispettosa dei canoni della completezza relativamente ad argomenti decisivi e della razionalità.

La soccombenza comporta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel grado, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il reato è estinto per prescrizione.

Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese della parte civile liquidate in Euro 1200,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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