T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 22-11-2011, n. 2811 Carenza di interesse sopravvenuta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) La società B. è proprietaria di un immobile nel Comune di Milano, in V.C.C., con accesso anche da via G. Mora 18, costituito da un seminterrato con destinazione d’uso commerciale, anche con permanenza di persone compatibile con la categoria catastale D/8, e da un vano al piano terra con destinazione d’uso residenziale, che affaccia su un cavedio condominiale.

Il presente giudizio è stato promosso dal Condominio in cui si trovano gli immobili della società B., avverso i titoli edilizi in forza dei quali è stato effettuato un intervento di ristrutturazione del suddetto seminterrato e del vano a piano terra, con creazione di un soppalco.

L’evoluzione dei fatti, i ricorso e i motivi aggiunti sono stati descritti nell’ordinanza istruttoria n. 5 del 10 gennaio 2010, cui si rinvia, nel rispetto dell’art 3 cod. proc. amm.

2) In via preliminare va affrontato l’esame dell’eccezione del difetto di legittimazione dell’Amministratore del Condominio ad esercitare la presente azione.

L’eccezione è infondata, avendo l’Assemblea condominiale votato, nella seduta del 5 ottobre 2004, "il conferimento dell’incarico agli avvocati La Scala e Invernizzi per procedere a tutte le azioni destinate a tutelare il condominio in sede amministrativa e civilistica".

2) Richiamando il contenuto dell’ordinanza n. 5/2011, al fine della comprensione della decisione, è opportuno soffermarsi sulla tipologia dell’intervento assentito dai titoli edilizi gravati e sulla sua incidenza sulle parti comuni condominiali.

Sostiene il Condominio che l’abuso sarebbe consistito nel "manomettere uno spazio a uso commerciale sito nel seminterrato dello stabile e nel ricavare, nel seminterrato, uno spazio residenziale collocato in un soppalco di nuova realizzazione".

I lavori effettuati dal 2002, oggetto di sanatoria, consistevano nella rimozione del pavimento esistente, attraverso uno scavo di 20 cm e nella realizzazione di un vespaio, recuperando così l’altezza di cm 3040, al fine di creare il soppalco.

Il titolo edilizio in sanatoria, secondo parte ricorrente non sarebbe legittimamente formato, in assenza dell’assenso del Condominio, poiché la proprietà del sottosuolo del piano più basso è del condominio e quindi lo scavo (che secondo parte ricorrente sarebbe ben più profondo di 20 cm, cioè di un metro e mezzo) doveva essere assentito dal Condominio.

Viene inoltre contestata la creazione di nuove finestre, il superamento della volumetria e la mancata prova delle data di ultimazione dei lavori.

La verificazione attesta che rimangono invariate la forma, la dimensione e l’altezza dei locali, con la sola differenza che all’arrivo a piano terra è presente una parete con due finestre che affacciano sul cavedio; nella zona in corrispondenza del lucernario si riscontra un ribassamento del piano pavimento, da cui parte un cunicolo in cui sono collocate le tubazioni in materiale plastico e nell’unità al piano senìminterrato è stato realizzato un piano soppalcato.

4) Alla luce dei dati rilevati nella verificazione, si deve ritenere fondata l’eccezione sollevata dalla controinteressata di difetto interesse del condominio ricorrente.

Il Condominio pone a fondamento dell’interesse la circostanza che l’intervento assentito con la sanatoria riguarda beni comuni, che ricadono nella proprietà condominiale e ne viene di conseguenza pregiudicato il godimento.

Il pregiudizio riguarderebbe in particolare il sottosuolo del piano seminterrato e la facciata del cavedio, dove sarebbero state aperte le finestre.

A fronte dell’eccezione sollevata dalla società controinteressata, il Condominio invoca la vicinitas, ribadendo che l’abuso principale, consistente nella creazione del soppalco "è stato possibile solo con lo scavo abusivo del sottosuolo condominiale".

E’ indubbio che la vicinitas possa legittimare un ricorso, ma, come è stato affermato recentemente, " quale requisito che deve necessariamente accompagnare la vicinitas, non può non trovare rilievo la verifica dell’esistenza di un positivo pregiudizio. Il che, in concreto postula che, per effetto della realizzazione della costruzione di cui ci si lamenta, la situazione, anche urbanistica, dei luoghi assuma caratteristiche tali da configurare una pregiudizievole alterazione del preesistente assetto edilizio ed urbanistico che il ricorrente intende invece conservare" (T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 22 marzo 2011, n.80).

L’esistenza quindi della vicinitas abilita il soggetto ad agire per il ripristino delle norme edilizie e urbanistiche, che assume violate, a condizione che vi sia un interesse al mantenimento del preesistente assetto edilizio.

Deve essere poi considerato che l’impugnazione, nel caso de quo, è stata promossa dal condominio, per la tutela delle parti comuni e quindi la necessità di verificare se sussiste effettivamente l’interesse al mantenimento del preesistente assetto si impone al fine di non introdurre una sorta di azione popolare generalizzata, dal momento che il condominio può sempre invocare il requisito della vicinitas, stante la stretta connessione tra le parti comuni e le singole proprietà.

Il condominio contesta lo scavo in quanto effettuato sull’area di sedime e quindi su una parte condominiale.

Va però evidenziato che l’affermazione secondo cui lo scavo sarebbe più di un metro, è priva di prova.

Ma non solo: oltre al fatto che le opere attinenti al pavimento e al vespaio sono state assentite con la d.i.a. del 2002, mai impugnata, la parte comune del condominio non è l’area dell’appartamento del piano terra, ma l’area di terreno sita in profondità su cui posano le fondamenta dell’immobile, cioè l’area di sedime sottostante l’edificio condominiale (Corte appello Roma, sez. III, 02 settembre 2008, n. 3354; Cassazione civile, sez. II, 21 maggio 2001, n. 6921).

Pertanto con lo scavo effettuato non vi è stata violazione dell’art. 1102 cod.civ., vale a dire di un uso dell’area di sedime non conforme alla sua destinazione ed impeditivo del pari diritto degli altri partecipanti alla comunione, in quanto la parte sottostante al pavimento di piano terra (vespaio) non rientra nell’ambito del suolo comune.

Non si comprende quindi quale sia il danno per il condominio, dal momento che l’attuale scavo non impedisce di utilizzare, se ve ne fosse necessità, l’area sottostante.

Anche rispetto all’intervento sulle finestre, è fondata l’eccezione di carenza di interesse del condominio.

Le finestre erano infatti preesistenti ed affacciano su un cavedio, (su cui si affacciano altre finestre): non si configura quindi nessuna lesione al Condominio, dal momento che non vi è stata una compromissione al godimento delle parti comuni.

Per tali ragioni, il ricorso e i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili, per carenza di interesse.

La complessità dei fatti e la non univocità degli orientamenti giurisprudenziali in materia di interesse al ricorso, giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

Vengono invece poste a carico delle parti le spese della verificazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, dichiara l’inammissibilità per difetto di interesse.

Spese compensate.

Spese della verificazione a carico di tutte le parti costituite, da ripartirsi in tre parti uguali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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