Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-06-2011) 24-10-2011, n. 38304

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per Cassazione Ba.Ma. avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari – sez. dist di Sassari- in data 29 aprile 2010 con la quale, a seguito di annullamento con rinvio da parte di questa Corte di legittimità, relativamente alla sentenza di assoluzione pronunciata dai giudici del merito, è stato dichiarato estinto il reato di lesioni personali gravi, commesso il (OMISSIS) ai danni di B.F., per intervenuta prescrizione.

La Corte territoriale ha peraltro condannato l’imputato al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese della parte civile.

In precedenza la vicenda era stata contestata a titolo di tentato omicidio e lesioni personali ma il Tribunale di Tempio Pausania, con decisione confermata in appello su gravame sia del PM che della parte civile, aveva pronunciato assoluzione riconoscendo la operatività della causa di giustificazione della legittima difesa. Sottolineava che anche il B., sottoposto a processo per tentato omicidio del Ba. nelle medesime circostanze, aveva fruito della esimente della legittima difesa, ma che la versione del Ba., secondo cui a sparare per primo era stato il B.; apparisse quella da condividere.

La Cassazione, su ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello, aveva annullato la sentenza della Corte di merito osservando che era stato "correttamente denunziato l’errore commesso nell’avere applicato la esimente della legittima difesa ad un quadro ricostruttivo dal quale esulava certamente la necessità per il Ba. del ricorso all’uso dell’arma".

La Cassazione dava atto cioè che il quadro fattuale di riferimento era stato acquisito in termini di certezza, nel senso che era stato il B. a sparare per primo all’indirizzo del Ba.; aggiungeva però che il Ba., secondo la ricostruzione accreditata nella sentenza impugnata era riuscito a sgattaiolare in casa e a munirsi di un fucile carico col quale aveva poi tentato di colpire il B. che era intento a ricaricare la propria arma.

La Cassazione rilevava cioè che, posto che la giurisprudenza di legittimità esclude la operatività della esimente in parola nel caso della azione conseguente alla accettazione di una sfida, era stato solo apoditticamente affermato ma non anche analiticamente argomentato che non fosse configurabile per il prevenuto il commodus discessus, restando chiuso nella propria casa, da dove chiedere aiuto.

La Corte d’appello, in sede di rinvio, riteneva che effettivamente ricorresse la ipotesi della accettazione della sfida da parte del ricorrente e che quindi non potesse applicarsi la esimente della legittima difesa.

Tuttavia osservava che la qualificazione giuridica del fatto, contestato in forma alternativa, fosse quella meno grave di lesioni personali volontarie gravi.

Su tale base, concesse le attenuanti generiche, dichiarava il reato prescritto.

Deduce il ricorrente:

1) La falsa applicazione dell’art. 627 c.p.p., n. 3.

La Corte d’appello aveva negato la configurabilità della legittima difesa sulla base di una erronea ricostruzione del fatto. La difesa aveva infatti sottolineato che il proprio assistito, una volta rientrato in casa ne era uscito armato, senza però superare il confine del giardino e vedendo il B. che realmente aveva ricaricato il proprio fucile. Dunque avevano sbagliato i giudici del rinvio nel sostenere che; la difesa del Ba. non era stata necessitata, atteso che egli era rimasto in casa ed aveva anche chiesto l’intervento dei Carabinieri però troppo lontani. In sostanza era rimasto inevaso il dovere, derivante dalla sentenza della Cassazione, di effettuare la verifica circa la possibilità concreta di una difesa passiva;

2) La violazione degli artt. 76, 576 e 578 c.p.p. e art. 329 c.p.c..

L’imputato non avrebbe dovuto essere condannato al risarcimento del danno in una situazione processuale nella quale nessuna sentenza di condanna era stata mai emessa nei propri confronti. Inoltre la parte civile, non avendo proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza di assoluzione dal reato di tentato omicidio pronunciata per la prima volta dalla Corte di Sassari, avrebbe potuto conseguire statuizioni favorevoli ai propri interessi solo in caso di pronuncia di condanna a seguito del ricorso del Procuratore Generale.

Il primo motivo è infondato e deve essere rigettato.

La Corte di merito era stata investita del dovere di analizzare nuovamente la situazione di fatto già accertata per verificare se fosse possibile al ricorrente un commodus discessus, posto che la negazione di questo elemento, ad opera della Corte di merito, era stata ritenuta, dal giudice della legittimità, apodittica.

Ebbene la Corte ha puntualizzato che la casa del Ba. non si trovava in una zona isolata ed anzi era sulla strada, non lontano dalla abitazione di un sottufficiale dei carabinieri che, in effetti, era stato avvisato delle fucilate e si era precipitato sul posto.

La Corte ha dedotto da tali elementi che il Ba. non si trovasse nella assoluta necessità di difendersi posto che non vi erano altri elementi che consentissero di ritenere il rientro in casa, in attesa di aiuti da chiamare anche telefonicamente, una soluzione inadeguata.

Rispetto a tale analisi delle circostanze accertate, la parte evidenzia elementi non solo non apprezzabili in via diretta, in quanto tali, dal giudice della legittimità ma anche inidonei a scalfire il costrutto accusatorio accreditato, soprattutto ove si tenga conto che il reato è già stato dichiarato prescritto e che il giudizio ex art. 129 c.p.p., sollecitato dalla parte, va espletato in ragione del canone della "evidenza" della causa di proscioglimento nel merito: così è per la circostanza, sottolineata dalla difesa, che il Ba. sarebbe uscito dalla propria abitazione armato di fucile, senza però superare il limite del proprio giardino ovvero per il fatto che il B. avrebbe ricaricato il proprio fucile ancor prima di scorgere l’avversario a sua volta armato. Entrambi tali elementi non scalfirebbero comunque, neppure in linea di principio, l’assunto del giudice del rinvio secondo cui l’imputato non può invocare la legittima difesa in quanto, dopo essere stato fatto segno di colpi d’arma da fuoco da parte del B. ed essere riuscito a guadagnare la porta della propria abitazione, decise di uscire nuovamente e sparò all’indirizzo dell’avversario nonostante che nessun elemento lasciasse fondatamente ritenere che quella condotta fosse la sola indispensabile per avere salva la vita o la incolumità personale.

Fondato appare invece il secondo motivo di ricorso.

Trova applicazione nel caso di specie la giurisprudenza citata dal ricorrente secondo cui è illegittima la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, pronunciata con la sentenza di appello che dichiari, su impugnazione del pubblico ministero, la sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione in riforma della sentenza di assoluzione (Sez. 5, Sentenza n. 27652 del 17/06/2010 Ud. (dep. 15/07/2010) Rv. 248389).

L’annullamento con rinvio, da parte della Cassazione, della sentenza di assoluzione pronunciata in appello – dopo analoga assoluzione in primo grado – su impugnazione del solo Procuratore Generale, ha comportato cioè l’accertamento contratto che è presupposto della sentenza dichiarativa di prescrizione, con la conseguenza che, essendo vero che non vi è mai stata una sentenza di condanna, trova applicazione il disposto dell’art. 578 c.p.p., secondo cui il dovere del giudice dell’appello, che dichiari la prescrizione del reato, di decidere sulla impugnazione ai soli effetti civili è condizionato alla previa pronuncia di una sentenza di condanna nel grado precedente.

D’altra parte, non può non notarsi che la parte civile, pur avendo a suo tempo proposto appello contro la sentenza di assoluzione di primo grado, non ha poi autonomamente impugnato quella di appello, con la conseguenza che le statuizioni civili in suo favore, in sede di rinvio, non trovano legittimazione nell’art. 576 c.p.p.. Da ciò discende che le statuizioni civili presenti nella sentenza impugnata debbono essere eliminate.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alle statuizioni civili che elimina.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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