Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-06-2011) 24-10-2011, n. 38298

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione A.A. avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno in data 27 aprile 2010 con la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, è stato dichiarato prescritto il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, contestatogli, nel capo di imputazione, quale amministratore di diritto della ABC srl, dichiarata fallita nel 1987.

Il giudice di primo grado aveva ritenuto che la resposnabilità a carico dell’ A. andasse configurata in ragione della sua qualità di amministratore di fatto e non di diritto, posto che la qualità formale era stata assunta a ridosso del fallimento mentre nella fase precedente il prevenuto e i coimputati avevano agito come amministratori sostanziali, essendo soci al 50%, assistiti da amministratori legali mere "teste di paglia".

Era emerso che proprio i "domini" della società avevano riscosso personalmente premi e contributi pubblici per oltre due miliardi di lire mentre di ciò nulla era stato rinvenuto nelle casse sociali.

Deduce il difensore il vizio di motivazione per avere i giudici ritenuto configurato il reato de quo a carico di un soggetto che aveva agito quale amministratore di fatto, ossia extraneus, ma senza indicare quale fosse la condotta dell’amministratore di diritto, indispensabile per la configurazione del reato proprio di bancarotta fraudolenta.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Essendo stato il reato dichiarato prescritto, le doglianze del ricorrente sono addirittura inammissibili per quanto concerne gli effetti penali della sentenza. Infatti, attesa la già rilevata causa di estinzione del reato, il vizio di motivazione della sentenza impugnata non può essere validamente dedotto in base alla costante giurisprudenza di legittimità, posto che non potrebbe trovare emenda per la prevalenza e la preclusività determinate dalla causa estintiva.

Agli effetti civili, d’altro canto, la sentenza impugnata si rivela immune dalle censure sollevate.

Essa contiene una motivazione più che esaustiva riguardo ai termini della ritenuta configurazione del reato di bancarotta a carico dell’amministratore di fatto. La difesa pretermette del tutto di considerare, infatti, che la condotta dell’ A. è stata valorizzata nella veste di necessario complice dell’amministratore di diritto pro tempore, il quale, per quanto nominativamente non specificato, viene menzionato dai giudici del merito con la precisazione che le indagini hanno fatto emergere un ruolo di costui come mera testa di paglia.

Vi è comunque da considerare che la giurisprudenza di questa Corte ha posto in risalto come l’amministratore "di fatto", in base alla disciplina dettata dal novellato art. 2639 cod. civ., sia da ritenere gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore "di diritto", per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili, anche nel caso di colpevole e consapevole inerzia a fronte di tali comportamenti, in applicazione della regola dettata dall’art. 40 c.p., comma 2, (Sez. 5, Sentenza n. 7203 del 11/01/2008 Ud. (dep. 14/02/2008) Rv. 239040).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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