Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-06-2011) 24-10-2011, n. 38293

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.A. è stato condannato dal tribunale di Perugia, con sentenza emessa in data 14 dicembre 2007, alla pena di anni due e mesi sei di reclusione per una serie di episodi di falsità materiali commessi mediante la contraffazione della timbratura di versamento della somma di L. 586.500 impressa su 11 bollettini di conto corrente postale, apparentemente presentati presso l’ufficio postale di Castel del Piano e destinati a provare il pagamento dei contributi dovuti all’INAIL Con sentenza del 18 dicembre 2009, depositata il successivo 18 marzo, la Corte d’appello di Perugia confermava integralmente la sentenza di primo grado, anche sotto il profilo sanzionatolo.

Contro la predetta sentenza presenta ricorso per cassazione il signor L.A. evidenziando due motivi di censura:

1. con il primo motivo deduce manifesta illogicità della motivazione circa la ritenuta sussistenza della responsabilità penale dell’imputato. Sotto questo profilo il ricorrente sollecita una diversa ricostruzione del fatto sulla base di considerazioni relative all’interpretazione del materiale probatorio;

2. con il secondo motivo si deduce carenza e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla eccessività del trattamento sanzionatorio; in particolare, il ricorrente si lamenta del fatto che la Corte d’appello abbia giustificato la pena irrogata anche con il comportamento processuale dell’imputato, valutato negativamente per avere egli richiesto una perizia sui bollettini postali, pur essendo consapevole della loro falsificazione. Inoltre ritiene il ricorrente che non sia congruamente motivato l’aumento operato per effetto della continuazione in quanto l’azione non può che essere considerata unitaria o, quantomeno, compiuta in un arco temporale molto ravvicinato.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Il primo motivo è palesemente inammissibile, in quanto pretende di valutare, o rivalutare, gli elementi probatori al fine di trame conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete.

Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logico- giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.

Quanto al secondo motivo di ricorso si deve rilevare che la determinazione del trattamento sanzionatorio non si fonda solo sul comportamento processuale dell’imputato, ma altresì su altri elementi, specificamente indicati dalla Corte d’appello (gravità del fatto, reiterazione nel tempo delle condotte, precedente penale specifico). Va poi rilevato che la sentenza di secondo grado ha confermato integralmente quella del tribunale di Perugia e che, specialmente in caso di doppia conforme, non sussiste mancanza o vizio della motivazione allorquando i giudici di secondo grado, in conseguenza della completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo grado, nonchè della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo giudice. E invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (cfr. Cassazione penale, sez. 2, 15 maggio 2008, n. 19947).

Parimenti infondata e anche l’ultima doglianza del ricorrente, relativa alla ritenuta continuazione, dal momento che non vi è alcuna prova che la falsificazione dei bollettini sia avvenuta in un unico momento, senza contare che si tratta di valutazione in fatto, riservata al giudice di merito.

Si deve poi rilevare come il falso contestato al L. risulti integrato solamente con l’utilizzo dei bollettini, non essendo sufficiente la loro falsificazione materiale; ed è indubbio (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata) che i bollettini siano stati inviati all’Istituto previdenziale mese per mese, così integrando più condotte penalmente rilevanti, evidentemente collegate da un medesimo disegno criminoso.

Per i motivi esposti, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La dichiarata inammissibilità del ricorso preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per prescrizione (cfr. Sez. U, Sentenza n. 23428 del 22/03/2005, Rv.

231164, e, tra le più recenti, Sez. 3, Sentenza n. 42839 del 08/10/2009, Rv. 244999).

All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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