Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-05-2011) 24-10-2011, n. 38292

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 7-6-2010 la Corte di Appello di Ancona riformava parzialmente la sentenza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale del luogo in data 23-10-2008, appellata da R.M., dichiarando non doversi procedere a carico del predetto per il reato di cui all’art. 612 c.p. contestato al capo A- per difetto di querela, e revocava la condanna inflitta di Euro 50 di multa.

Confermava nel resto l’impugnata sentenza, con la quale il R. era stato condannato per delitto di lesioni, ai sensi dell’art. 582 c.p. alla pena di mesi sette di reclusione-Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) la violazione degli artt. 161, 169, 171 e 179 c.p.p.. A riguardo evidenziava che tutte le notifiche all’imputato erano state eseguite presso il difensore, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., sul presupposto che il R. fosse residente in (OMISSIS), mentre l’imputato da anni era residente in Francia, come si desumeva dalla raccomandata del 25-5-2007, inviata al Tribunale di Ancona, che veniva allegata, nella quale il R. aveva dichiarato di essere residente in (OMISSIS).

Dai suddetti rilievi la difesa desumeva la nullità assoluta del giudizio di primo e di secondo grado.

2-Con ulteriore motivo il ricorrente deduceva la violazione dell’art. 582 c.p., evidenziando che le lesioni erano state erroneamente ed illogicamente ritenute della gravita riferita ai certificati medici, mentre la persona offesa ( C.A.) aveva affermato di essersi tolto la benda dall’occhio dopo quindici giorni.

Dai predetti rilievi la difesa desumeva che il reato risultava perseguibile a querela di parte, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di Appello, e concludeva chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta privo di fondamento.

Invero non può ritenersi sussistente il vizio di notifica di cui la difesa deduce l’esistenza, atteso che fin dal primo grado l’imputato aveva eletto domicilio in Italia (in data 27-12-2003, innanzi ai CC. di Cerreto D’Esi) indicando come recapito l’abitazione di (OMISSIS).- Il decreto di citazione innanzi alla Corte territoriale venne notificato con raccomandata indirizzata al domicilio eletto, e – risultando a tale recapito l’irreperibilità del destinatario, avvenne rituale notifica ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4.

Nè assume rilievo la circostanza del mutamento del luogo ove l’imputato si era trasferito, poichè l’elezione di domicilio conserva efficacia, fino alla comunicazione fatta dal medesimo soggetto della revoca di tale elezione e indicazione di nuovo domicilio alla AG. procedente ovvero ad altra Autorità abilitata a ricevere la dichiarazione – (Può essere menzionata sull’argomento sentenza di questa Corte – Sez. 6 del 10-12-2008, n. 45684 – RV 241663).- Va altresì evidenziato che il suddetto imputato ebbe a ricevere nella propria residenza francese, rituale notifica a mezzo raccomandata, che lo rendeva edotto della pendenza del procedimento e lo invitava ad eleggere domicilio.

Il ricorrente, tuttavia, a seguito di detta comunicazione non ebbe ad eleggere un domicilio in Italia – pur se risponde al vero che egli con la raccomandata del 25.5.07 dichiarò di essere residente all’estero, limitandosi alla semplice dichiarazione e senza revocare la precedente elezione di domicilio – onde deve ritenersi ritualmente avvenuta la notifica ai sensi del richiamato art. 161 c.p.p., comma 4.

Inoltre rileva evidenziare che il difensore, presente innanzi ai giudici di appello, non ebbe ad eccepire la pretesa irritualità della notifica del decreto di citazione.

Pertanto deve ritenersi ritualmente avvenuta la notifica del decreto di citazione innanzi al Giudice di secondo grado, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., al pari di quella inerente al giudizio di primo grado, stante la perdurante validità della elezione di domicilio.

Quanto al secondo motivo di ricorso, deve evidenziarsi che lo stesso risulta argomentato in fatto, mentre la sentenza risulta fondata sulle risultanze di certificazione medica che deve ritenersi elemento idoneo a fornire prova certa della durata della malattia, protrattasi per oltre venti giorni.

Pertanto le generiche deduzioni difensive fendenti alla diversa interpretazione dei dati processuali restano inammissibili.

In conclusione la Corte deve dunque pronunziare il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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