Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-05-2011) 24-10-2011, n. 38253

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con provvedimento in data 17.2.2010 la Corte d’appello di Roma rigettava l’istanza avanzata da C.A. volta alla revoca della confisca di beni dei quali è formale intestatala, disposta nel procedimento di prevenzione nei confronti del marito, N. S..

Premetteva la Corte territoriale che con il decreto del tribunale di Roma in data 22.10.1991, confermato dalla Corte di appello il 30.6.1998, al N. era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della p.s., ai sensi della L. n. 575 del 1965, con riferimento alla partecipazione all’associazione di stampo mafioso denominata "banda della Magliana"; al predetto veniva applicata, altresì, la misura di prevenzione patrimoniale della confisca di beni mobili ed immobili nella sua disponibilità, alcuni dei quali nella formale titolarità della moglie C.A..

Detto provvedimento, divenuto irrevocabile, veniva modificato con il decreto emesso il 5.6.2008 dalla Corte di appello di Roma che, alla luce dell’esito del giudizio di cognizione nel quale il N. veniva ritenuto partecipe di un’associazione di cui all’art. 416 c.p. essendo stato in tal modo riqualificato il sodalizio della banda della Magliana, riteneva la sussistenza dei presupposti della pericolosità ex L. n. 1423 del 1956 e, pertanto, revocava la confisca dei beni nella formale titolarità del N..

Ad avviso della Corte di merito, investita dell’istanza avanzata dalla terza intestataria, il venir meno del presupposto soggettivo dell’appartenenza del N. ad un sodalizio di stampo mafioso non poteva comportare l’automatica conseguenza della revoca della confisca, atteso che detta misura patrimoniale ben poteva essere applicata ad altre categorie di soggetti pericolosi ai sensi della L. n. 1423 del 1956. In particolare, la Corte rilevava che l’intervenuta abrogazione della L. n. 55 del 1990, art. 14 aveva determinato la riespansione della disciplina di cui alla L. n. 152 del 1975, art. 19 secondo la quale le misure di prevenzione patrimoniali previste dalla L. n. 575 del 1965 possono essere applicate, senza alcuna limitazione, a tutti i soggetti pericolosi di cui alle categorie indicate alla L. n. 1423 del 1956, art. 1, nn. 1 e 2. Permanendo, quindi, nella specie il presupposto della pericolosità del N. ai sensi della L. n. 1423 del 1956 e tenuto conto che lo ius superveniens trova immediata applicazione in materia di misure di prevenzione secondo il principio stabilito dall’art. 200 c.p., dovevano ritenersi infondate le ragioni dell’istante.

2. Ha proposto ricorso per cassazione la C., a mezzo del difensore di fiducia, deducendo la violazione di legge, in particolare contestando che nel caso di specie potesse trovare applicazione dell’art. 200 c.p., comma 2 che rende applicabile la L. n. 152 del 1975, art. 19. Ad avviso della ricorrente, essendo stata affermata con pronuncia definitiva la mancanza del presupposto soggettivo per l’applicazione della misura patrimoniale della confisca, ossia la cd. pericolosità qualificata, doveva ritenersi accertata una causa di invalidità genetica della misura della confisca dalla quale non poteva che derivare la revoca con effetto ex tunc del provvedimento ablatorio, secondo i principi affermati dalla decisione delle S.U. n. 57 del 2006. Pertanto, non vi era alcuno spazio per l’applicazione della disposizione di cui all’art. 200 cod. pen. tenuto conto che l’invalidità genetica della misura rendeva illegittima qualunque applicazione di ius superveniens peggiorativo con l’applicazione di una misura non consentita all’epoca della formazione del provvedimento illegittimo.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.

Per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca, ai sensi della L. n. 575 del 1965, art. 2-ter, come è noto, è necessaria la sussistenza di un presupposto soggettivo, la pericolosità sociale del proposto, e di uno oggettivo, la provenienza illecita e/o la sproporzione con i redditi leciti del valore dei beni nella disponibilità diretta o indiretta del proposto. La necessaria sussistenza di entrambi i presupposti perchè si possa disporre il provvedimento ablatorio – che è rimasta ferma pur avendo subito nel tempo modifiche con riguardo alla valutazione della attualità della pericolosità al momento dell’applicazione la misura di prevenzione patrimoniale – non elimina nè consente di sottovalutare la diversità e la distinzione tra i due predetti presupposti che il giudice è chiamato a valutare nel procedimento di prevenzione e in quello relativo alla eventuale richiesta di revoca della misura. Se ne trae conferma dal fatto che il presupposto soggettivo e quello oggettivo possono essere accertati anche in momenti diversi, come è espressamente previsto dalla L. n. 575 del 1965, art. 2-ter, comma 6 che consente di disporre il sequestro e la confisca di prevenzione successivamente alla misura personale e prima della sua cessazione.

Pertanto, deve ritenersi corretta l’affermazione della Corte di merito secondo la quale il fatto che la pericolosità sociale del N., irrevocabilmente affermata ai sensi della L. n. 575 del 1965, quale indiziato di partecipazione ad un sodalizio mafioso, sia stata con successiva decisione irrevocabile ritenuta, con effetto ex tunc, pericolosità cd. semplice, ai sensi della L. n. 1423 del 1956, non comporta la automatica conseguenza della revoca della confisca.

Invero, posta la distinzione tra presupposto soggettivo ed oggettivo della misura di prevenzione patrimoniale per come si è detto innanzi, una successiva diversa qualificazione della accertata pericolosità sociale, sia pure con effetti ex tunc, non si traduce ex se in una invalidità genetica della misura patrimoniale come sarebbe nel caso in cui si fosse accertata la mancanza assoluta del presupposto soggettivo, ossia della pericolosità sociale del proposto, con conseguente inapplicabilità originaria della misura di prevenzione.

Così che – indipendentemente dalla questione generale della successione delle leggi in materia di prevenzione ex art. 200 cod. pen. come affermato da orientamento al momento consolidato di questa Corte (da ultimo Sez. 1, n. 26751, 26/05/2009, De Benedittis, rv.

244790; Sez. 6, n. 11006, 20/01/2010, Cannone, rv. 246682) – deve ritenersi che la valutazione in ordine alla possibilità del mantenimento della confisca sul presupposto della accertata pericolosità del proposto ai sensi della L. n. 1423 del 1956 deve essere operata al momento del giudizio sulla revoca. Non può, invece, sostenersi che il provvedimento emesso dalla Corte di appello in data 5.6.2008, più volte invocato dalla ricorrente, possa fare stato se non limitatamente alla ritenuta pericolosità semplice del N. in luogo della pericolosità cd. qualificata.

Quanto all’applicabilità della misura patrimoniale della confisca ai soggetti riconducibili ad una delle categorie indicate dalla L. n. 1423 del 1956, art. 1 – Invero affermata da un orientamento minoritario nonostante la L. n. 55 del 1990, art. 14 anche prima della novella n. 125 del 2008 – questa Corte si è espressa in senso positivo affermando che la citata legge, art. 11 – ter, ha abrogato la disposizione della L. n. 55 del 1990, art. 14 con l’effetto della espansione dell’ambito di operatività della norma generale – di collegamento e richiamo – della L. 22 maggio 1975, n. 152, art. 19 in virtù della quale le misure di prevenzione patrimoniali previste dalla L. n. 575 del 1965 sono nuovamente applicabili, senza alcuna limitazione, a tutti i soggetti compresi nelle categorie delle persone pericolose della L. n. 1423 del 1956 (Sez. 1, n. 6000, 04/02/2009, Ausilio).

In conclusione, quindi, il ricorso deve essere rigettato con consegue condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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