Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-10-2011) 25-10-2011, n. 38559 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con ordinanza del 15.4.2011, la Corte d’appello di Milano, Sezione 3 penale, rigettò la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con altra meno afflittiva presentata da G.S.A., imputato di 4 rapine e condannato, con le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva, alla pena di anni 6 di reclusione.

Avverso tale provvedimento l’imputato propose appello, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ma il Tribunale di Milano, quale giudice dei provvedimenti sulla libertà personale, con ordinanza del 14.6.2011, respinse l’impugnazione.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in quanto le condizioni di salute sarebbero incompatibili con la stato di detenzione e le cure che possono essere prestate in carcere non adeguate. In particolare, essendo G. obeso con bendaggio gastrico la stato di detenzione comporterebbe un aggravamento del quadro generale ed in caso analogo la Corte di cassazione annullò con rinvio.

Dovrebbe essere considerato, ai fini della incompatibilità, il luogo concreto dove il soggetto è detenuto.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Il Tribunale ha ritenuto che nel caso di specie non ricorressero le condizioni di cui all’art. 275 c.p.p., comma 4 bis in quanto la perizia medico legale effettuata (e posta a base di precedente decisione del Tribunale del riesame) aveva soltanto indicato la necessità di periodici controlli in ambiente specialistico e che non era stato neppure allegato un peggioramento delle condizioni di salute di G..

In tema di misure cautelari personali, il riconoscimento – in sede peritale – della necessità di periodici controlli, clinici e strumentali preordinati alla valutazione nel tempo delle condizioni patologiche riscontrate ed alla pianificazione della terapia farmacologica più congrua, anche a mezzo di brevi ricoveri presso ambiente specialistico esterno al circuito carcerario non determinano di per sè uno stato di incompatibilità rilevante, ex art. 275 c.p.p., comma 4, ai fini dell’operatività del divieto di custodia in carcere – che richiede lo stato morboso in atto – potendo essere salvaguardate L. n. 354 del 1975, ex art. 11 (cosiddetto ord. penit), in virtù del provvedimento del magistrato di sorveglianza atto a disporre il trasferimento del detenuto in idonei centri clinici dell’amministrazione penitenziaria o in altri luoghi di cura esterni, con il conseguente diritto ad ottenere, in tal caso, detti trasferimenti. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16008 del 10.3.2009 dep. 16.4.2009 rv 243338).

Peraltro il Tribunale ha altresì rilevato che nella Casa di reclusione di Opera, ove G. è ristretto, esiste un centro clinico.

Non si ravvisa in tale motivazione nè violazione di legge nè vizio di motivazione.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.

Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 cit., comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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