Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-10-2011) 25-10-2011, n. 38557

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 9.5.2011, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Verona dispose la custodia cautelare in carcere di S.A., indagato per il reato di tentata rapina aggravata.

Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed il Tribunale di Venezia, con ordinanza del 27.5.2011, confermò il provvedimento impugnato.

Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo:

1. vizio di motivazione in quanto il Tribunale ha elencato gli elementi che integrerebbero gravi indizi di colpevolezza, dando per accertati elementi dubbi, leggendoli in modo da suffragare l’ipotesi di accusa; così da per scontato che il passaggio presso l’abitazione dell’amico fosse un sopralluogo, escludendo ipotesi alternative, che gli oggetti rinvenuti fossero strumentazioni o armi bianche con evidente pregiudizio ed affermando che le telefonate ad uno degli occupanti della casa obiettivo della rapina fosse finalizzato a sincerarsi che il padrone di casa, non fosse presente, pur risultando che uno degli imputati era amico del figlio del padrone di casa, senza dar conto delle ragioni dell’interpretazione proposta; neppure è fornita spiegazione delle ragioni per cui è stato ritenuto che l’attività criminosa avesse avuto inizio;

2. violazione di legge in quanto erroneamente sarebbe stato ravvisato l’inizio di una determinata attività criminosa, essendo stati gli imputati bloccati prima di scendere dall’auto.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è proposto al di fuori dei casi consentiti, risolvendosi nella prospettazione di letture alternative a quelle date dal Tribunale delle risultanze processuali e quindi nella proposizione di censure di merito.

Il Tribunale ha dato atto che cinque indagati (fra cui il ricorrente) erano stati bloccati dalla polizia giudiziaria mentre stavano per fermarsi, dopo aver cambiato auto, davanti all’abitazione sita in Soave via Fornace 6 e trovati in possesso di uno sfollagente telescopico e di un coltello a serramanico, di passamontagna e nastro adesivo, posizionati in corrispondenza dei sedili occupati dai predetti. Due degli indagati ( R. e P.) avevano effettuato un sopralluogo la sera precedente. La qualificazione della condotta come sopralluogo è stata data in quanto R. e P. sono stati visti dalla polizia giudiziaria soffermarsi ad osservare le pertinenze dell’abitazione indicata. I contatti telefonici con il figlio del padrone di casa sono stati ritenuti finalizzati ad accertare che non fosse presente in casa il padrone.

Le dichiarazioni degli indagati sono state ritenute illogiche.

In tale motivazione non si ravvisa alcuna illogicità manifesta che la renda sindacabile in questa sede.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5, sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2, sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Il Tribunale ha ravvisato negli elementi rassegnati (e richiamati trattando del primo motivo di ricorso) l’esistenza di atti idonei diretti in modo non equivoco alla perpetrazione della rapina, non riuscita solo per l’intervento della polizia giudiziaria.

Tale valutazione è conforme all’orientamento costante di questa Corte secondo il quale anche l’atto preparatorio può integrare gli estremi del tentativo punibile, quando sia idoneo e diretto in modo non equivoco alla consumazione di un reato, ossia qualora abbia la capacità, sulla base di una valutazione "ex ante" e in relazione alle circostanze del caso, di raggiungere il risultato prefisso e a tale risultato sia univocamente diretto. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 43255 del 24.9.2009 dep. 12.11.2009 rv 245720. Cass Sez. 2, Sentenza n. 41649 del 5.11.2010 dep. 25.11.2010 rv 248829).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 cit., comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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