Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-10-2011) 25-10-2011, n. 38556

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 18.4.2011, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torino dispose la custodia cautelare in carcere di D.M.N. (ed altri) indagato per il reato di cui all’art. 628 c.p., comma 1 e comma 3, n. 1.

Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed il Tribunale di Torino, con ordinanza del 6.5.2011, confermò il provvedimento impugnato con riferimento a D.M..

Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo vizio di motivazione.

Il Tribunale ha constatato che alle 21.32 ed alle 21.34 del 3.10.2010 l’utenza del coindagato H.E. contattò l’utenza in uso a D.M. ed ha osservato che le conversazioni furono brevissime, fondatamente riconducibili alla fissazione di un appuntamento. Alle 22.59 l’utenza di H.E. agganciò la cella sita in Torino piazza Bruno Caccia 2, ove abita D.M.N., traendone l’ipotesi che i due si siano incontrati in ragione dei precedenti accordi. Un’ipotesi, fondata su altra ipotesi non sarebbe un valido elemento di prova.

Secondo il Tribunale la presenza di D.M. in Collegno sarebbe da ricollegare ad attività da svolgere nel capannone in uso a G. A., atteso che D.M. tentò ripetutamente di contattare G., venendo poi chiamato da costui alle 23.39 quando gli disse di essere dov’è la piazzetta e di essere rimasto a piedi, poi sollecitandolo alle 23.45. Non sarebbe stata individuata la piazzetta e non sarebbe ipotizzabile tanta sbadataggine se D.M. e G. fossero stati concorrenti nella rapina, nel momento del ricovero del mezzo rapinato nel capannone.

Il Tribunale ha ritenuto non risolutiva l’osservazione della difesa secondo la quale non potrebbe attribuirsi rilievo al contatto fra D. M. e G. alle 10.56 del 4.3.2010, in quanto i Carabinieri si avvicinarono al capannone ove era ricoverato l’autocarro solo intorno alle 10.00. Sul punto sono state travisate le risultanze, posto che nella stessa ordinanza si afferma che fin dalle 7.24 vi sono conversazioni fra G. e B. dalle quali si rileverebbe che i due si sono accorti della presenza dei Carabinieri. Il mancato tempestivo avviso a D.M. proverebbe la sua estraneità alla rapina.

Sarebbe illogico trarre indizi dal fatto che D.M. e H. E. non abbiano fornito spiegazioni sui loro movimenti e contatti telefonici del 3.3.2010, alla luce del tempo trascorso (oltre un anno) e del fatto che D.M. abita in quella zona.

La risposta del Tribunale all’osservazione della difesa, secondo la quale il transito di H.E., alle 22.59 in piazza Bruno Caccia era scarsamente compatibile con la rapina avvenuta alle 23.00, vale a dire che la distanza tra la piazza ed il luogo della rapina si copre in due minuti, non tiene conto della necessità di un sopralluogo prima della rapina.

A fronte del rilievo difensivo secondo cui l’aggancio di due celle differenti da parte dei telefoni di H.E. e di D.M. il Tribunale ha risposto che si trattava di due celle contigue sicchè non era infondato ritenere che gli apparecchi potessero agganciare l’una o l’altra cella. Una non infondatezza non equivale a fondatezza della prova.

Gli accertamenti tecnici la cui mancanza la difesa ha lamentato avrebbero dovuto precedere e non seguire l’ordinanza di custodia.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato ed in parte proposto al di fuori dei casi consentiti, dal momento che svolge anche considerazioni di merito.

Il Tribunale ha rilevato che il 3.3.2010 alle 23.00 circa, fu sottratto a R.M. l’autocarro, posteggiato nel parcheggio del supermercato Carrefour, (OMISSIS), mediante violenza e minaccia. L’autocarro fu rinvenuto il giorno successivo a Collegno, in un capannone in uso a G.A..

Ha ritenuto che gli elementi rassegnati dall’accusa e riassunti nel provvedimento non fossero inficiati dalle deduzioni difensive, nonostante le carenze delle indagini evidenziate (mancata verifica dello stato dei luoghi e accertamento del raggio delle celle telefoniche), che pur condivisibili non sono state considerate tali da scalfire il quadro indiziario.

In particolare il Tribunale ha constatato che alle 21.32 ed alle 21.34 del 3.10.2010 l’utenza del coindagato H.E. contattò l’utenza in uso a D.M. ed ha osservato che le conversazioni furono brevissime, pertanto fondatamente riconducibili alla fissazione di un appuntamento. Alle 22.59 l’utenza di H. E. agganciò la cella sita in Torino piazza Bruno Caccia 2, ove abita D.M.N.. Da ciò il Tribunale ha desunto l’ipotesi che i due si siano incontrati in ragione dei precedenti accordi. Non si tratta di ipotesi fondata su altra ipotesi, ma di una lettura coordinata delle risultanze non manifestamente illogica.

Così anche la valutazione del Tribunale, secondo cui la presenza di D.M. in Collegno sarebbe da ricollegare ad attività da svolgere nel capannone in uso a G.A., atteso che D.M. tentò ripetutamente di contattare G., venendo poi chiamato da costui alle 23.39 quando gli disse di essere dov’è la piazzetta e di essere rimasto a piedi, poi sollecitandolo alle 23.45, non appare viziata da manifesta illogicità.

Non appare elemento decisivo che non sia stata individuata la piazzetta, mentre la considerazione difensiva secondo la quale non sarebbe ipotizzabile tanta sbadataggine se D.M. e G. fossero stati concorrenti nella rapina, nel momento del ricovero del mezzo rapinato nel capannone, altro non è che la proposizione di una lettura alternativa delle risultanze non consentita in questa sede.

Infatti, in materia di ricorso per Cassazione, perchè sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la ricostruzione contrastante con il procedimento argomentativo del giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare soltanto una ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza. (V., con riferimento a massime di esperienza alternative, Cass. Sez. 1 sent. n. 13528 del 11.11.1998 dep. 22.12.1998 rv 212054).

Viene poi dedotto il travisamento degli atti in quanto il Tribunale ha ritenuto non risolutiva l’osservazione della difesa secondo la quale non potrebbe attribuirsi rilievo al contatto fra D.M. e G. alle 10.56 del 4.3.2010, sull’assunto che i Carabinieri si avvicinarono al capannone ove era ricoverato l’autocarro solo intorno alle 10.00, ma nella stessa ordinanza si afferma che fin dalle 7.24 vi sono conversazioni fra G. e B. dalle quali si rileverebbe che i due si sono accorti della presenza dei Carabinieri.

La censura non è fondata e sotto il profilo del vizio di motivazione tenta di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non consentito neppure alla luce della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e) introdotta con L. n. 46 del 2006, ed inoltre è manifestamente infondato.

Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 c.p.p., lett. e), di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito.

Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati.

E’ perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia.

Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della motivazione.

Tuttavia il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere di decisività non essendo possibile da parte della Corte di cassazione una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.

Tale dato non appare però decisivo nel complesso della motivazione del provvedimento impugnato.

La considerazione che il mancato tempestivo avviso a D.M. proverebbe la sua estraneità alla rapina è ancora una volta un’ipotesi alternativa alla ricostruzione del Tribunale, inammissibile in quanto non inconfutabile.

Non è illogico trarre indizi dal fatto che D.M. e H. E. non abbiano fornito spiegazioni sui loro movimenti e contatti telefonici del 3.3.2010, alla luce del tempo trascorso (oltre un anno) e del fatto che D.M. abita in quella zona, ove si consideri che si trattava di uscita in ora serale.

La risposta del Tribunale all’osservazione della difesa, secondo la quale il transito di H.E., alle 22.59 in piazza Bruno Caccia era scarsamente compatibile con la rapina avvenuta alle 23.00 circa, vale a dire che la distanza tra la piazza ed il luogo della rapina si copre in due minuti, non è illogica, mentre mera illazione è che i due indagati dovessero effettuare un sopralluogo subito prima della rapina.

A fronte del rilievo difensivo secondo cui l’aggancio di due celle differenti da parte dei telefoni di H.E. e di D.M. il Tribunale ha risposto che si trattava di due celle contigue sicchè non era infondato ritenere che gli apparecchi potessero agganciare l’una o l’altra cella.

E’ vero che una non infondatezza non equivale a fondatezza della prova, ma nel caso di specie si tratta solo di imprecisione linguistica, da intendersi nel senso che era verosimile che gli apparecchi potessero agganciare indifferentemente l’una o l’altra delle celle.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.

Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 cit., comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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