Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-10-2011) 25-10-2011, n. 38554

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 23.5.2011, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Genova dispose la custodia cautelare in carcere di C.G. indagato per i reati di cui all’art. 110 c.p., art. 628 c.p., comma 1 e comma 3, n. 1 commessi il (OMISSIS).

Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed il Tribunale di Genova, con ordinanza del 22.6.2011, confermò il provvedimento impugnato.

Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza desunti dai tabulati che dimostrerebbero la presenza a Genova del ricorrente insieme ai coindagati, la compatibilità parziale fra le fattezze di C. e quelle di uno dei rapinatori e le identiche modalità delle rapine commesse il 28.10.2010 in danno di Banca Intesa ed il 15.11.2010 in danno di Carige. L’indizio sarebbe costituito solo dai tabulati che proverebbero soltanto la presenza in Genova del cellulare dell’indagato il giorno della rapina in danno di Banca Intesa, mentre per il giorno della rapina in danno di Carige il tabulato riguarda solo l’utenza altro indagato. L’indizio non sarebbe grave dal momento che non potrebbero trarsi validi argomenti dalla parziale compatibilità delle fattezze e dalle modalità di esecuzione delle rapine: L’impianto indiziario sarebbe congetturale e si risolverebbe in una circolarità dimostrativa. Sarebbe stata altresì operata un’indebita traslazione dall’indizio indicato nella parziale compatibilità delle fattezze, relativo alla prima rapina, alla seconda rapina.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti, dal momento che svolge censure di merito, in parte trascurando gli elementi indiziali segnalati nell’ordinanza impugnata.

E’ anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale.

Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonchè del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.

(Cass. Sez. 6, sent. n. 2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).

Inoltre il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.

Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto. (Cass. Sez. 1, sent. n. 1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).

Il Tribunale ha rilevato che i fotogrammi relativi alla rapina in danno di Banca Intesa aveva consentito di identificare uno degli autori in S.F..

Venivano rilevati dai tabulati contatti fra il cellulare di S. e quelli di altri indagati fra cui C.G..

I cellulari dei predetti indagati risultavano presenti in Genova il giorno della rapina in danno di Banca Intesa.

Dai fotogrammi della rapina relativa alla Carige e dalle impronte digitali su una distinta di versamento veniva identificato uno dei rapinatori in G.E.R., nipote di S..

Le modalità delle due rapine erano identiche.

Il 2.12.2010 S., C. e Ch. furono arrestati in Lucca per una tentata rapina ad un ufficio postale, fatto che proverebbe il tipo di rapporto esistente fra gli indagati.

Dai fotogrammi della prima rapina emergeva una notevole somiglianzà fra C. ed uno dei rapinatori.

In tale motivazione non si ravvisa alcuna violazione di legge nè alcuna manifesta illogicità che rendano il provvedimento impugnato censurabile in questa sede.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, cosi equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato art. 94.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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