Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-10-2011) 25-10-2011, n. 38701

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 17 maggio 2011 il Tribunale di Lecce confermava il provvedimento che aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere a P.C., indagato, in concorso con il figlio N. e con Pa.Ma., per tentata estorsione ai danni di B.L. contro il cui ristorante avevano fatto esplodere un ordigno al tritolo e sparato alcuni colpi di pistola, delitto aggravato ex D.L. n. 152 del 1991, art. 7.

Il Tribunale desumeva i gravi indizi dalle conversazioni intercettate intercorse tra il figlio dell’indagato e Pa.Ma., da cui risultava che i colloquianti agivano in accordo con l’indagato, chiedendo il suo assenso per le iniziative da assumere e tenendolo informato degli sviluppi dell’impresa criminosa.

Contro l’ordinanza ricorre la difesa dell’indagato che denuncia mancanza di motivazione:

1. in ordine ai gravi indizi, perchè il Tribunale non avrebbe sufficientemente scandagliato il quadro indiziario risultante dalle conversazioni intercettate in cui gli interlocutori parlano del loro rapporto di sottomissione all’indagato;

2. in ordine alle esigenze cautelari, perchè difetta ogni argomentazione sul punto.

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, da un lato perchè denuncia infondatamente il vizio di mancanza di motivazione e, dall’altro, perchè difetta del requisito di specificità in quanto non si rapporta ai singoli concreti passaggi motiva-zionali del provvedimento impugnato.

Il Tribunale, trascrivendo e commentando ampi brani dei dialoghi intercettati, ha rappresentato come gli autori della tentata estorsione ( Pa.Ma. e P.N.), nel discutere e organizzare le azioni intimidatorie finalizzate a costringere la vittima al pagamento indebito fanno continuo riferimento alla figura superiore dell’indagato, al quale comunicano le loro intenzioni, chiedendogli prima di attuarle il benestare e informandolo poi dell’esito conseguito, così da svelarne il ruolo di mandante e supervisore dell’intera impresa criminosa. Con ciò il Tribunale ha fornito un’adeguata spiegazione della ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il cui valore probatorio non viene nel mezzo di gravame specificamente contestato.

Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso, dato che, concorrendo la circostanza aggravante prevista dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7, opera, a norma dell’art. 275 c.p.p., comma 3, secondo periodo, la presunzione relativa di pericolosità sociale, per vincere la quale nessun elemento contrario è stato addotto.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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