Cass. civ. Sez. II, Sent., 12-04-2012, n. 5808

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza pubblicata il 20.1.2009 il Tribunale di Milano, adito ai sensi della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28 liquidava in favore dell’avv. L.C., in parziale accoglimento del suo ricorsola somma di Euro 58.780,00 per onorari e quella di Euro 2.543,00 per diritti, oltre accessori di legge, per l’attività professionale svolta in favore della Regione Calabria; respingeva il ricorso proposto nei confronti della medesima Regione, dall’Avv. Z.V., dando atto che lo stesso aveva interamente percepito dalla Regione Calabria, prima dell’introduzione del giudizio,quanto a lui dovuto, a titolo di compenso professionale, per l’importo di Euro 91.693,39. I ricorrenti fondavano la richiesta sull’attività difensiva svolta in favore della Regione Calabria nei confronti della società Syndial s.p.a., (già Enichem s.p.a), fino alla revoca del mandato loro conferito con decreto n. 3963 del 9.12.2003( che prevedeva un compenso commisurato al minimo della tariffa professionale, da dividere tra i due difensori), nel giudizio azionato per ottenere il risarcimento dei danni, da disastro ambientale, causati della società medesima nel territorio del Comune di Crotone, negli anni venti e sino al 1996. La richiesta risarcitola, nel giudizio instaurato innanzi al Tribunale civile di Milano,veniva quantificata in complessivi Euro 879.114.225,77 (di cui Euro 129.114.225,77 per costi di interventi di bonifica; Euro 300 milioni per danno ambientale, Euro 350 milioni per aumento della spesa sanitaria, Euro 50 milioni per danno all’ambiente quale bene unitario, pubblico ed immateriale, Euro 50 milioni per danno all’immagine) ed il valore della causa era individuato in detta somma complessiva costituita dalla sommatoria delle varie voci di danno.

Nelle cause riunite promosse dai ricorrenti e L. n. 794 del 1942, art. 28 si costituiva la Regione Calabria sostenendo: l’inesistenza del contratto scritto tra le parti nonchè l’eccessività della richiesta avversaria, stante l’erroneità dello scaglione in base al cui valore erano stati calcolati i compensi dovuti.

Per quanto qui ancora rileva, il Tribunale, nell’ordinanza impugnata, osservava:

che il decreto dell’avvocatura regionale del 9.12.03, relativo al conferimento del mandato difensivo ai ricorrenti, era invocato a fondamento del ricorso con riferimento alla clausola riguardante le modalità di determinazione dei compensi professionali ed era contestato, quanto al suo valore contrattuale, dalla Regione Calabria che pure lo aveva richiamato nella corrispondenza intercorsa con i difensori; la causa era da ritenersi di valore indeterminabile e non determinato, come sostenuto dai ricorrenti, considerato che la Regione Calabria aveva svolto una serie di domande risarcitorie che, solo per una piccola parte, avevano ad oggetto un danno patrimoniale quantificato in modo preciso secondo concreti elementi di stima precostituiti "riferiti ai costi di bonifica e di ripristino del sito inquinato(Euro 129.114.22,77)"; gli altri danni reclamati, per loro natura, non erano, invece, quantificabili in modo preciso, tanto che ne era stato chiesto la liquidazione "a seguito di opportuna istruttoria", con "criterio equitativo", nell’importo che sarà ritenuto "congruo" e "risulterà di giustizia"; in ogni caso la domanda era formulata in modo tale da consentire al giudice di liquidare somme "maggiori o minori" rispetto a quelle richieste. Ne conseguiva che, correttamente, la Regione Calabria aveva liquidato gli onorari sulla base dello scaglione tariffario previsto per le cause di valore indeterminabile, di particolare importanza, moltiplicando per quattro volte il valore complessivo degli onorari e riconoscendo anche i diritti nel massimo previsto per la cause di valore indeterminabile.

Avverso tale ordinanza gli Avv. L.C. e V. Z. propongono ricorso per cassazione affidato a sei motivi illustrati da successiva memoria. Resiste con controricorso la Regione Calabria, in persona del legale rappresentante p.t..

Motivi della decisione

I ricorrenti deducono:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 14 c.p.c. e del D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, art. 6, nn. 1, 2 e 4 e del D.M. 8 aprile 2004, n. 127;

contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, la determinazione del valore, ai fini della liquidazione dei compensi in favore dell’avvocato ed a carico di cliente, era disciplinata dagli artt. 10 e 14 c.p.c. con riferimento alla domanda introduttiva ed alla somma indicata dall’attore, mentre solo per la liquidazione a carico del soccombente, ai sensi dell’art. 6, comma 1 della tariffa professionale, nei giudizi per pagamento di somme o liquidazione di danni, poteva farsi riferimento alla somma attribuita alla parte vincitrice (decisum) piuttosto che a quella domandata; il Tribunale aveva disatteso il valore della controversia, determinato dai ricorrenti, ex art. 10 c.p.c., secondo il criterio del cumulo delle domande ed ex art. 14 c.p.c., comma 1, con riferimento alla somma indicata dall’attore, quantificando erroneamente gli onorari in base al criterio previsto a carico della parte soccombente, confondendo la determinatezza del valore della causa con l’esattezza di quella determinazione, questione rimessa alla valutazione del giudice di merito;

2) omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio;

il Tribunale aveva ritenuto la controversia di valore indeterminabile, non tenendo conto che dagli atti di causa era emerso un valore sicuramente superiore o, in ultima analisi, pari ad Euro 129.114.225,77, somma riferita alla richiesta di rimborso dei costi dell’appalto di bonifica; solo tale richiesta, il cui valore avrebbe dovuto cumularsi con quelle delle altre domande, avrebbe dovuto comportare, di per sè, la liquidazione degli onorari, quantomeno sulla base del valore determinabile per Euro 129.114.225,77;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 14 c.p.c., laddove il giudice di merito aveva ritenuto l’intera domanda di valore indeterminabile, non considerando il cumulo delle domande ed il criterio di proporzionalità ed adeguatezza della liquidazione degli onorari di avvocato; nella specie, in conformità alla giurisprudenza della S.C., il valore complessivo della controversia doveva considerarsi di valore determinato, posto che al capo della domanda indeterminabile doveva attribuirsi un valore compreso tra L. 10.000.001 e L. 200.000.000 con l’applicazione dello scaglione tabellare corrispondente alla somma di esso con quella degli altri capi;

4) insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo il Tribunale di Milano omesso di considerare il punto determinante della controversia, consistente nell’avvenuta concertazione tra i legali e la Regione del "quantum" risarcitorio indicato nell’atto di citazione e nell’intenso carteggio intercorso tra i procuratori e la cliente successivamente all’introduzione del giudizio, diretto a ridefinire convenzionalmente i criteri di determinazione dei compensi a fronte dell’elevato valore del giudizio;

5) violazione e falsa applicazione del D.M. 8 aprile 2004, n. 127, art. 6, nn. 1, 2 e 4 secondo cui, nella liquidazione degli onorari di avvocato a carico del cliente, il giudice deve avere riguardo al valore effettivo della causa, se diverso da quello determinabile a norma dell’art. 10 c.p.c., a tal fine tenendo conto del sostanziale interesse perseguito dalla Regione Calabria, riguardante il rimborso dei costi sostenuti per la bonifica del sito inquinato, pari ad Euro 129.114.225,77, nonchè il risarcimento delle altre voci di danno sulla scorta degli importi concordati con essi ricorrenti;

6) in via subordinata a suddetti motivi,violazione e falsa applicazione della L. n. 794 del 1942, art. 28 e segg. per avere il Tribunale, incorrendo in "error in procedendo", applicata detta normativa, malgrado la contestazione della Regione Calabria sulla validità del rapporto di clientela, al di là della questione relativa alla misura del compenso spettante agli avvocati L. e Z.; la necessità di accertare la validità del rapporto di clientela professionale faceva venir meno le ragioni giustificatrici della deroga al principio generale del doppio grado di giudizio ed imponeva il ricorso al rito ordinario. Per ragioni di logica priorità va esaminato, innanzitutto, il motivo sub 6) in quanto, ove fondato, inciderebbe sull’ammissibilità del ricorso, rendendo superfluo l’esame delle altre censure.

Orbene, la Regione Calabria, come dalla stessa riportato nel controricorso, nella comparsa di costituzione innanzi al Tribunale di Milano, aveva eccepito oltrechè l’eccessività degli onorari richiesti da controparte, "l’inesistenza di contratto scritto fra le parti", assumendo che il decreto dei Dirigenti della Regione Calabria del 30.12.2003 con cui era stato pattuito la misura del compenso, non costituiva un regolare contratto e, pertanto, "non poteva qualificarsi come fonte di obbligazioni".

Tale eccezione investe, evidentemente, la sussistenza e la validità del rapporto di clientela per l’asserito difetto di un valido atto scritto da parte della P.A. nel conferimento dell’incarico difensivo in questione e, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, il ricorso alla speciale procedura di liquidazione delle spese, diritti ed onorari spettanti agli avvocati, prevista dalla L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29 non è ammesso ove vi sia contestazione sul rapporto di clientela, cioè ove, come nel caso di specie, si contesti il presupposto contrattuale del diritto al compenso, nonchè nei casi in cui si contesti la natura giudiziale dei compensi pretesi, l’avvenuta transazione della lite o ancora quando il convenuto propone una domanda riconvenzionale che, introducendo un nuovo petitum ed una pretesa che fa capo non più all’avvocato ma al cliente, non consente di utilizzare la procedura sommaria che, derogando al principio del doppio grado di giurisdizione, impone, in tali casi, il procedimento secondo il rito ordinario(Cass. n. 12294/2003; n. 23344/08; n. 21261/2010).

Il Tribunale ha, quindi, deciso ai sensi della L. n. 794 del 1982, art. 28 al di fuori dei casi consentiti, avendo dato atto (pag. 1) che il decreto dell’Avvocatura Generale, in data 9.12.03, era contestato "quanto al suo valore contrattuale, dalla Regione Calabria", ritenuta, superabile la contestazione stessa perchè trattatavasi "di documento richiamato dalla Regione Calabria nella corrispondenza intercorsa fra le parti".

Consegue che il provvedimento impugnato, non involgendo solo la misura del compenso professionale, ma estendendosi anche ai presupposti stessi del diritto al compenso, non ha natura di ordinanza, sottratta all’appello ed impugnabile solo con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. Trattasi, invece, di provvedimento che, benchè adottato in forma di ordinanza, ha valore sostanziale di sentenza e può essere,quindi, impugnato con il solo mezzo dell’appello mentre è inammissibile contro di esso il ricorso per cassazione, come ripetutamente evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 13640/2010; Cass. n. 15537/2008; n. 6578/2005;

S.U. n. 182/99).

Alla stregua di quanto osservato va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio di legittimità, considerato che nel ricorso in esame le argomentazioni difensive dei ricorrenti hanno interessato la determinazione dei compensi e, solo in via subordinata, la questione sulla inapplicabilità della procedura sommaria disciplinata dalla L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29 questione, peraltro, neppure prospettata nel ricorso ex art. 28 L. cit..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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