Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-10-2011) 25-10-2011, n. 38697 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 22/2/2011 il Tribunale di Catanzaro, adito dall’indagato M.F. in sede di riesame ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava la misura cautelare della custodia in carcere, inflitta al predetto con ordinanza in data 10/1/2011 del G.I.P. del Tribunale in sede per l’ipotesi di reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art.74 (capo 24 della rubrica).

L’indagine prendeva le mosse dalle operazioni di monitoraggio dell’utenza telefonica in uso a N.A. in riferimento ad una presunta vicenda usuraria in danno del predetto, dalle quali emergeva come costui, trovato in possesso di gr. 22,2 di cocaina e di altro materiale, abitualmente utilizzato per il confezionamento di dosi di stupefacente, fosse dedito ad una intensa attività di spaccio e come intorno a lui gravitassero una serie di altri personaggi, tutti coinvolti a vario titolo nel traffico illecito da lui gestito. Nel prosieguo delle investigazioni veniva attivato un servizio di riprese audio-video all’interno di un capannone, ubicato in (OMISSIS) ed in uso ai fratelli S., che emergeva essere la base logistica dell’organizzazione, utilizzata dai sodali per l’occultamento e il confezionamento di quantitativi di stupefacenti e dai dati risultanti da tale attività di monitoraggio telefonico ed ambientale, oltre che di localizzazione del territorio l’ipotesi investigativa prendeva forma e si poteva pervenire alla identificazione degli indagati attraverso la intestazione delle singole utenze, il riconoscimento ad opera degli operanti delle voci captate e la capillare conoscenza dei rapporti di parentela o affinità. In molti casi i contenuti delle captazioni, pertinenti al narcotraffico erano oggettivamente riscontrati dagli esiti dei servizi di o.p.c., dalle operazioni di perquisizione, sequestro di stupefacenti e arresti dei corrieri e dei detentori di stupefacenti e dalle dichiarazioni rese dagli acquirenti della droga. Si perveniva così alla prova indiziaria dell’esistenza di una stabile struttura associativa, connotata di quei requisiti tipici della fattispecie di cui all’art. 74 cit., attiva nel settore della cocaina e dell’hashish, avente sede e basi logistiche per il deposito, la custodia, la manipolazione e l’occultamento in (OMISSIS) e in (OMISSIS) presso domicili, locali e luoghi di pertinenza a vario titolo nella disponibilità dei sodali, operante stabilmente in aree della provincia di Vibo Valentia, quale epicentro del traffico, con fonti di approvvigionamento in aree territoriali nevralgiche del narcotraffico calabrese, nonchè nell’interland milanese, utilizzando quali mezzi di comunicazione apparati telefonici cellulari, finalizzata alla commercializzazione di numerosi quantitativi anche ingenti di stupefacenti, appellati in gergo: pitta, caramellino, legno, gomma, nafta bulloni, pezzi di ricambio etc. …., disponendo per i collegamenti e gli spostamenti dei sodali di un vero e proprio parco autovetture, spesso noleggiate presso l’agenzia SA.MA.RENT. di Lamezia Termine, all’interno della quale agiva il dipendente S.S., anch’egli coindagato, predisponendo un sistema di costante controllo e contrasto di eventuali interventi di appartenenti alle forze dell’ordine ovvero operazioni di bonifica degli ambienti sospettati di essere monitorati dagli inquirenti.

In motivazione il giudice del riesame condivideva il giudizio di gravità indiziaria, delineatosi a carico del M.F., cui era assegnato il ruolo di partecipe del sodalizio, pienamente consapevole della natura illecita delle attività gestite dall’organizzazione, alla quale offriva la sua costante e incondizionata disponibilità a soddisfare ogni genere di richiesta dei vertici del sodalizio e a sbrigare ogni incombenza affidatagli, in particolare coadiuvando oltre che con i fratelli S. con l’associato C.G., fidato collaboratore di altro personaggio di spicco dell’associazione, C.G.. A conferma della intraneità del ricorrente nel sodalizio criminosa valorizzava le conversazioni, nelle quali il prevenuto, oltre a trovarsi insieme con il capo e ad assecondarne ogni sua richiesta, si adopera per reperire la strumentazione tecnica necessaria per contrastare eventuali sistemi di monitoraggio predisposte dalla p.g., per svolgere servizi di staffetta ad altri associati, impegnati nel trasporto degli stupefacenti. Quanto al quadro cautelare evidenziava l’esigenza cautelare ex art. 274 c.p.p., lett. c), richiamando il profilo delinquenziale dell’indagato, non altrimenti tutelabile se non con la misura cautelare e evocava la presunzione legale della adeguatezza della massima misura cautelare in forza del titolo del reato.

Contro tale decisione ricorre l’indagata a mezzo del suo difensore, il quale con il primo motivo a sostegno della richiesta di annullamento denuncia l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in riferimento alla corretta valutazione degli elementi costitutivi del reato ex art. 74 cit., che i giudici del merito avevano operato, senza tener conto dei criteri e dei canoni interpretativi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in materia sia sotto il profilo della condotta di partecipazione, sia sotto il profilo psicologico dell’affectio societatis e della consapevolezza di agire, perseguendo i fini dell’organizzazione.

Con il secondo motivo lamenta il vizio di motivazione in riferimento alla disamina della gravità del quadro indiziario delineatosi a carico dell’indagata e sostiene che la generica rassegna degli indizi descrittivi della tipicità della condotta, corrispondenti alla disponibilità di soddisfare ogni genere di richiesta del vertice dell’associazione, ai contatti con i fratelli S. e C. G., alla segnalazione della presenza delle forze dell’ordine e allo svolgimento del ruolo di staffetta, non si rilevava idonea a delineare la condotta di partecipazione o a focalizzare l’effettivo contributo alla realizzazione degli obiettivi e al soddisfacimento delle esigenze della compagine criminosa. Non poteva dirsi soddisfatto il requisito della costanza e della sistematicità, che qualifica la condotta di partecipazione, nè era dato apprezzare quale strumento di selezione avesse consentito al Tribunale di ritenere le descritte condotte strumentali alla soddisfazione del fine collettivo, piuttosto che a contingenze proprie del singolo associato.

Deduce con il terzo motivo analogo vizio di motivazione in riferimento alla mancata giustificazione dell’applicazione della massima misura cautelare e al giudizio di adeguatezza della misura.

Il ricorso è inammissibile, giacchè le censure proposte sono dirette a ottenere una rilettura delle risultanze processuali e una rivalutazione della consistenza indiziaria e delle circostanze poste dal giudice della cautela a fondamento della custodia cautelare in carcere, condivise e fatte proprie dal Tribunale, come sintetizzate in narrativa con specifico riferimento alle censure formulate dal ricorrente. Gli argomenti sviluppati dal giudice del riesame danno adeguatamente conto dell’esistenza dell’associazione finalizzata al narcotraffico nel territorio di Vibo Valentia, nonchè della partecipazione ad essa dell’indagato e del ruolo ricoperto dal predetto all’interno di tale sodalizio criminoso e del contributo reso alla operatività dell’organizzazione.

Infatti il percorso argomentativo, sebbene riproduca in parte le motivazioni del provvedimento cautelare e ne sintetizza i contenuti significativi e condivisi dal Tribunale, è completo, logicamente corretto e privo di aporie, laddove pone in risalto gli elementi per i quali il M.F. fosse da ritenersi partecipe dell’organizzazione criminosa e consapevole del suo ruolo di esecutore di ordini, collaboratore dei fratelli S. e degli altri capi del sodalizio, nonchè esperto in sistemi di monitoraggio e nelle misure atte a contrastarli.

Va poi ricordato che il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze in tema di procedimenti incidentali, relativi alla libertà personale non può riguardare la verifica della rispondenza delle argomentazioni, poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali, provvedendosi così ad una rilettura degli elementi di fatto, atteso che la relativa valutazione è riservata in via esclusiva al giudice del merito.

Principio quest’ultimo che non può non valere anche per l’asserito travisamento del fatto, riferito alla verifica della consistenza indiziaria e la significato di essa in relazione all’oggetto dell’accusa.

Questa Corte ha già più volte ribadito che il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, dopo le modifiche apportare dalla L. n. 46 del 2005, art. 8, non può consistere in una rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di motivazione la prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione del quadro indiziario.

Del resto la valutazione della gravità indiziaria che – avvenendo nel contesto incidentale del procedimento de libertate, e, quindi, allo stato degli atti, cioè sulla base di materiale conoscitivo in itinere – deve essere orientata ad acquisire non la certezza, ma la elevata probabilità di colpevolezza dell’indagato.

Completezza e coerenza della motivazione, in tale contesto valutativo, rendono dunque inammissibile il sindacato richiesto a questa Corte di legittimità, anche in riferimento al quadro cautelare, nonostante la recente declaratoria di incostituzionalità della norma di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, sul punto.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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