T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 22-11-2011, n. 2835 Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti sono soci di una società in nome collettivo che esercita dal 1963 attività metalmeccanica in immobili di loro comproprietà siti nel comune di Pasturo ricompresi in un ambito della Valsassina posto tra il Torrente Pioverna e la strada provinciale di fondo valle.

Gli stessi, vantando aspettative per il conferimento della destinazione urbanistica produttiva alla suddetta area, con il presente ricorso impugnano le deliberazioni indicate in epigrafe, con le quali la regione, mediante le modifiche d’ufficio poi approvate dal comune, avrebbe stravolto le scelte dello stesso, che avevano conferito la destinazione F2 all’area (attrezzature distributive per fiere e congressi), riconvertendo alla destinazione agricola E1 di tutela ambientale il suddetto sito ed adducendo a fondamento delle proprie determinazioni il particolare valore paesaggistico dell’area. A sostegno del proprio gravame i ricorrenti deducono il difetto di motivazione delle scelte pianificatorie, l’eccesso di potere per sviamento della causa tipica e la violazione della legge regionale 7 giugno 1980, n. 93 in materia di edificazione nelle zone agricole, atteso che la regione avrebbe assunto a pretesto dell’azzonamento la valenza paesaggistica dell’area e presunte esigenze di tutela ambientale e di preservazione dall’espansione residenziale, senza considerare in alcun modo la preesistenza dell’attività produttiva, che costituiva un limite alla pianificazione urbanistica.

Si è costituita la regione Lombardia, che ha chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito, controdeducendo specificamente alle singole doglianze.

Successivamente parte ricorrente e la regione Lombardia hanno presentato memorie finali a sostegno delle rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza dell’8 novembre 2011, il gravame è stato, quindi, trattenuto per la decisione.

Parte ricorrente lamenta, in particolare, che la regione non avrebbe congruamente motivato in ordine alle modifiche introdotte di ufficio, né avrebbe effettuato adeguate verifiche istruttorie, disattendendo le scelte operate dal comune, che si era determinato destinando l’area a zona F2 con possibilità di edificazione. La determinazione regionale si dimostrerebbe, dunque, viziata da un’errata rappresentazione dei fatti e da una manifesta irragionevolezza, anche in relazione al supposto valore ambientale del sito, valore che, in realtà, caratterizzerebbe in astratto tutta la Valsassina, senza considerare in alcun modo la preesistenza dell’attività produttiva esercitata dai ricorrenti da circa quarant’anni.

Per la regione intimata, al contrario, la discrezionalità pianificatoria esercitata dall’amministrazione non sarebbe incorsa in alcuna omissione, essendo stata determinata dall’alto valore ambientale dell’area, soggetta a vincolo paesistico.

Il ricorso è infondato.

Le modifiche introdotte nella fattispecie in questione dalla regione sono da ricondursi a quelle riconosciute indispensabili per assicurare la tutela del paesaggio e la preservazione dall’espansione residenziale, motivazioni che la costante giurisprudenza riconosce come legittime a supportare l’azzonamento agricolo, anche senza particolare motivazione.

La zona agricola possiede anche una valenza conservativa dei valori naturalistici, con evidenti funzioni di decongestionamento e contenimento dell’aggregato urbano e questa funzione di tutela ambientale consente di evitare una diffusa analisi argomentativa circa la scelta di tale destinazione (Cons. Stato, sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6177).

Dall’esame della delibera regionale del 29 aprile 1996 contenente proposta di modifiche d’ufficio, oggetto della presente impugnazione, si evince, infatti, che il progetto di piano regolatore generale adottato dal comune di Pasturo appare meritevole di approvazione a condizione che siano apportate al medesimo alcune modifiche indispensabili per assicurare quell’ordinato sviluppo teso alla tutela del paesaggio e dei valori ambientali, particolarmente rilevanti nel territorio comunale. In particolare, con riferimento all’area in questione, si dice che: "la fascia di fondovalle del territorio comunale compresa tra la strada provinciale e il torrente Pioverna conserva caratteri di elevata naturalità e valore paesistico, nonostante la presenza di edificazione impropria per collocazione. In particolare gli ambiti indicati con la lettera D hanno destinazioni d’uso industriale e attrezzature distributive in contrasto con il carattere di naturalità degli ambiti e le necessità di tutela dell’insieme paesistico vallivo; in particolare l’ambito di fondovalle è riconoscibile nelle previsioni di tutela del Piano Paesistico regionale, adottato con deliberazione di Giunta regionale n. 30195 del 25.07.1997, che sottolinea la necessità di porre notevole attenzione alla salvaguardia degli ambiti della fascia prealpina definiti come "uscite dalle valli", cui è anche attribuita importanza paradigmatica per il sistema idrografico, riconoscibile nel caso in oggetto dalla presenza del Pioverna; peraltro l’intero territorio comunale è assoggettato a vincolo paesistico ai sensi della L. 1497/39. Nonostante le destinazioni d’uso degli ambiti in oggetto siano coerenti con le previsioni del Piano Territoriale della Comunità Montana (che tuttavia non ha contenuti paesistici) si ritiene che la forte necessità di salvaguardia degli ambiti di fondovalle, cui è attribuita una così rilevante valenza paesistica, comporti la necessità di stralciare le previsioni di piano; le aree vengono riazzonate come zona E1 – agricola".

Tali motivazioni appaiono esaustive ed adeguatamente e logicamente esternate.

Si ritiene, dunque, che la regione abbia esercitato correttamente il proprio potere. Ed invero, come risulta dalle pronunce giurisprudenziali emesse all’epoca della vigenza della legislazione che regolava la fattispecie oggetto della presente controversia, l’atto di approvazione da parte della regione di uno strumento urbanistico è elemento costitutivo di un atto complesso ineguale, cui concorrono sia la delibera comunale sia la determinazione regionale (T.A.R. Umbria 6 giugno 1995, n.186); di conseguenza, la regione è attributaria di un vero e proprio potere di copianificazione urbanistica, unitamente al comune, avendo la facoltà, ove lo ritenga opportuno, di apportare modifiche di ufficio al progetto predisposto dall’amministrazione comunale, previa congrua e legittima motivazione, purchè non ne derivino mutamenti sostanziali. In ogni caso, è opinione della maggioritaria giurisprudenza amministrativa che la regione possa superare, senza, oltretutto, diffusa analisi argomentativa, i limiti stabiliti dall’art.10 L.1150/42 ai fini della tutela del paesaggio ed ambientale, costituenti modifiche obbligatorie, addirittura mutando le caratteristiche essenziali ed i criteri di impostazione del piano (Cons. Stato, sez. IV, 21 luglio 2000, n. 4076; 19 gennaio 2000, n.245; 21 dicembre 1999, n.1943; 9 ottobre 1997, n.1101).

Il collegio ritiene, dunque, che la giunta regionale abbia adeguatamente motivato la riconversione alla destinazione agricola E1 di tutela ambientale delle aree di proprietà dei ricorrenti, rilevando che, proprio dall’esame delle modifiche di ufficio operate dalla regione, si evince che le stesse non hanno affatto comportato sostanziali innovazioni al piano, afferendo specifiche parti del progetto ben individuate e settorializzate, motivate da ragioni di ordine ambientale, a tutela della valenza paesaggistica del sito, comprovata dall’esistenza del vincolo paesistico su tutto il territorio comunale sin dal 1980.

In relazione alla censura concernente la violazione della legge regionale 7 giugno 1980, n. 93 ed i limiti alle modificazioni urbanistiche dettati dalla preesistenza, deve, infine, precisarsi che, sebbene i ricorrenti non possano essere in alcun modo qualificabili come imprenditori agricoli, l’art. 28 delle NTA, che disciplina la zona E1 – agricola, prevede la possibilità di realizzare interventi edificatori destinati all’esercizio delle attività agricole dirette o connesse con l’agricoltura, previo rilascio della concessione edilizia in relazione alla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge regionale succitata e consente, in ogni caso, per l’edificio industriale esistente in zona agricola, lavori di ristrutturazione, manutenzione ordinaria e straordinaria, di adeguamento igienico e ampliamento, con un incremento una tantum non superiore al 35% della superficie utile calpestabile esistente, prescrivendo, inoltre, che gli ampliamenti per gli edifici produttivi dovranno rispettare i parametri fissati per la zona D1 ad eccezione del rapporto di copertura fondiario.

La possibilità di ampliamento per più di un terzo rende, dunque, fattibile anche la soddisfazione della vocazione espansiva dell’attività produttiva svolta nello stabilimento dei ricorrenti.

Alla luce delle suesposte considerazioni, l’operato della regione si ritiene rispondente alle prescrizioni legislative di corretta pianificazione urbanistica.

Il ricorso va, quindi, respinto, reputandosi del tutto legittime le delibere impugnate.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, in via solidale, nei confronti delle amministrazioni intimate, che si liquidano in euro 2000, compresi gli oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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