Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-04-2012, n. 5801 Provvedimenti impugnabili per Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 1.10.2009 – 28.1.2010 la Corte d’Appello dell’Aquila, accogliendo il gravame proposto da G.F. nei confronti della ASL – Azienda Unità Sanitaria Locale di Pescara (qui di seguito, per brevità, anche indicata come ASL) avverso la pronuncia di prime cure, condannò l’Amministrazione sanitaria a corrispondere all’appellante la retribuzione prevista per i dirigenti di struttura complessa di cui all’art. 54, comma 1, lett. a CCNL Area dirigenza ruoli sanitari e successive modificazioni, nonchè ogni altra ed ulteriore componente retributiva derivante dal suddetto riconoscimento, con decorrenza dal 1 luglio 1998, oltre agli interessi legali dalle singole scadenze.

A sostegno del decisum la Corte territoriale, premesso che l’appellante aveva già svolto avanti al Giudice amministrativo domanda fondata sull’espletamento di fatto delle funzioni di "dirigente ingegnere coordinatore", ottenendo in quella sede il riconoscimento al riguardo dell’11^ livello del CCNL, osservò che la relazione fra graduazione delle posizioni dirigenziali e trattamento economico, prevista dall’art. 50 CCNL per l’area della dirigenza sanitaria – professionale – tecnica e amministrativa, parte normativa quadriennio 1994-1997, del 5.12.1996, nel caso di specie – conformemente all’assunto della parte appellante – era stata compiuta in via generale dall’art. 54, comma 5, del medesimo CCNL, laddove era stato previsto che ai dirigenti di più elevato livello, già appartenenti all’11^ livello, era attribuita la stessa valenza economica degli incarichi affidati ai dirigenti di 2^ livello del ruolo sanitario. Avverso tale sentenza della Corte territoriale, la ASL di Pescara ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo e illustrato con memoria.

L’intimato G.F. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo parte ricorrente denuncia violazione di legge e di contratto collettivo, deducendo che la Corte territoriale, nel fare applicazione dell’art. 54, comma 5, del CCNL, non aveva tenuto conto che al G. non era stato mai riconosciuto l’11^ livello, ma soltanto, in sede giudiziaria, l’avvenuto svolgimento di fatto delle funzioni dirigenziali a tale livello corrispondenti.

2. Deve anzitutto rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso svolta dal controricorrente per la mancata indicazione da parte della ricorrente dei canoni ermeneutici da cui il Giudice del merito si sarebbe discostato e del modo con cui ciò sarebbe avvenuto.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 permette il ricorso in cassazione per violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Ciò significa che, ai fini del controllo di legittimità, il contratto collettivo è inserito tra le norme di diritto, la cui violazione può essere denunciata senza necessario riferimento alle norme di ermeneutica (art. 1362 c.c. e segg.) asseritamente violate, così come la violazione di legge può essere denunciata senza necessario riferimento agli artt. 10 e 12 preleggi.

3. Il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 26, comma 2 quinquies, espressamente richiamato dall’art. 54, comma 5, CCNL per l’area della dirigenza sanitaria – professionale – tecnica e amministrativa, parte normativa quadriennio 1994-1997, del 5.12.1996, prevede che "Nell’attribuzione degli incarichi dirigenziali (…), determinati in relazione alla struttura organizzativa derivante dalle leggi regionali (…), si deve tenere conto della posizione funzionale posseduta dal relativo personale all’atto dell’inquadramento nella qualifica di dirigente. E’ assicurata la corrispondenza di funzioni, a parità di struttura organizzativa, dei dirigenti di più elevato livello dei ruoli di cui al comma 1 con i dirigenti di secondo livello del ruolo sanitario".

A sua volta il ridetto art. 54, comma 5, CCNL del 5.12.1996 dispone che, "Nel rispetto del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 26, comma 2 – quinquies ai Dirigenti di più elevato livello dei ruoli professionale, tecnico e amministrativo – già appartenenti all’ex 11^ livello – è attribuita la stessa valenza economica degli incarichi affidati ai Dirigenti di 2^ livello del ruolo sanitario ai sensi del comma 1, lett. a) del presente articolo".

La sentenza impugnata mostra di avere ben compreso la portata precettiva della suddetta norma pattizia e, in particolare, l’avvenuta attribuzione "ai dirigenti già appartenenti all’ex 11^ livello" della stessa valenza economica degli incarichi affidati ai dirigenti di 2^ livello del ruolo sanitario, "ovvero il trattamento economico relativo ai dirigenti di struttura complessa", ma non ha considerato che il G. – come del resto viene riconosciuto anche nel controricorso aveva avuto il riconoscimento in sede di giudizio amministrativo dell’avvenuto svolgimento delle funzioni di cui all’11^ livello, con conseguente diritto al corrispondente trattamento economico, ma non già l’inquadramento in tale superiore livello; conseguentemente ha erroneamente applicato la norma pattizia invocata ad un dirigente che, pur avendo svolto di fatto le funzioni corrispondenti, non rientrava fra quelli, espressamente contemplati, come già appartenenti all’ex 11^ livello.

Al contempo ne è risultata violata anche la previsione di cui al ridetto D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 26, comma 2 quinquies, espressamente richiamato dall’art. 54, comma 5, CCNL del 5.12.1996, laddove, inequivocamente, fa riferimento alla "posizione funzionale posseduta" – e non dunque anche all’eventuale avvenuto espletamento di funzioni superiori – e, allo specifico fine di assicurare la corrispondenza di funzioni, ai "dirigenti di più elevato livello dei ruoli".

Il motivo risulta dunque fondato.

4. In definitiva il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti fattuali, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda.

Le spese dell’intero processo, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; condanna il controricorrente alla rifusione delle spese dell’intero processo, che liquida: quanto al primo grado in complessivi Euro 2.300,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, Euro 750,00 per diritti ed il residuo per esborsi; quanto al secondo grado in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 1.900,00 per onorari, Euro 750,00 per diritti ed il residuo per esborsi; quanto al giudizio di cassazione, in Euro 50,00 oltre ad Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari; il tutto oltre a spese generali, Iva e Cpa come per legge.

Così deciso in Roma, il 20 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2012

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