Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-10-2011) 25-10-2011, n. 38691

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p. 1. Con ordinanza del 20 aprile 2011 il Tribunale di Lecce confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di C.I., indagato per i reati di detenzione e porto abusivi di una pistola cal. 7,65 acquistata da P. N..

Il Tribunale desumeva i gravi indizi dalle conversazioni intercettate intercorse il 24 marzo 2009 tra l’indagato e P.N..

Contro l’ordinanza ricorre l’indagato che denuncia:

1. inutilizzabilità dei risultati delle indagini compiute dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 407 cod. proc. pen., assumendo che le indagini sarebbero proseguite dopo il 16.6.2009 senza che fosse intervenuto un provvedimento di proroga;

2. manifesta illogicità della motivazione, perchè gli è stata attribuita la voce conversante di tale "Ivano" in base a elementi equivoci, senza procedere a una verifica "scientifica";

3. manifesta illogicità della motivazione, perchè dalle conversazioni intercettate si ricava solamente che P. gli offrì delle pistole, che lui non acquistò. p. 2. I motivi di ricorso sono manifestamente infondati.

Il primo, perchè – come ha già osservato il giudice a quo – le conversazioni da cui vengono desunti i gravi indizi di colpevolezza sono state tutte registrate il 24 marzo 2009 e, quindi, ben prima della scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari.

Il secondo, perchè l’ordinanza impugnata ha indicato i numerosi elementi attraverso cui è risalita all’identificazione della voce dell’indagato, così da ritenere superfluo l’espletamento di una perizia fonica.

Il terzo, perchè l’addebito mosso all’indagato non è di avere acquistato una pistola cal. 7,65, bensì di averla illegalmente detenuta e portata in luogo pubblico, reati questi ultimi dimostrati – come illustra l’ordinanza impugnata – dal fatto che i conversanti, nel discutere della compravendita dell’arma, se la passano di mano e si recano al cimitero di Grottaglie per provarne l’efficienza.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *