Cass. civ., sez. I 28-10-2005, n. 21080 COMPETENZA CIVILE – INCOMPETENZA – ACCORDO DELLE PARTI – DEL GIURAMENTO DECISORIO – APPELLO – Natura – Deferimento al legale rappresentante di persona giuridica- Opposizione a decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Con due distinti atti, notificati rispettivamente il 4 e il 10 ottobre 1988, il signor F? P. e la s.r.l. Graniti Centro Sud (d’ora innanzi: Società) convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Avezzano, la Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila (d’ora innanzi: Banca) proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il Presidente di quel Tribunale, su ricorso della Banca, aveva ingiunto ad essi, rispettivamente nella qualità di fideiussore e di debitore principale, il pagamento, in solido, della somma di L. 363.662.852 (corrispondente al saldo passivo del c/c XXXXX intestato alla società, riguardante l’utilizzazione di un finanziamento che era stato successivamente revocato), "oltre agli interessi maturati e maturandi su detta somma nella misura convenzionale annua) del 21% ed alla commissione sul massimo scoperto con capitalizzazione trimestrale degli interessi e della commissione dal 1^ ottobre 1986 al saldo". L’ingiunzione di pagamento era stata rivolta anche ad altro fideiussore (il signor M? M.) che tuttavia non aveva proposto opposizione.

Gli opponenti, in via preliminare, eccepivano l’incompetenza territoriale del giudice adito (deducendo che era stato stabilita convenzionalmente la competenza del Tribunale dell’Aquila) e negavano la ricorrenza dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo, sul rilievo che il credito fatto valere non era nè certo, nè liquido, nè esigibile e non poteva nemmeno dirsi fondato su prova scritta, in quanto nel ricorso con il quale era stata chiesta l’emissione del decreto ingiuntivo il conto era individuato con un numero diverso (XXXX anzichè YYYYYY). Quindi assumevano, nel merito, che l’importo effettivo del credito era inferiore a quella richiesto e, in particolare, che gli interessi erano stati conteggiati sulla base di un saggio maggiore di quello pattuito. Il fideiussore, inoltre, lamentava di non aver ricevuto alcuna comunicazione della revoca del fido ed assumeva, a sua volta: a) che la fideiussione, appartenente al novero delle cd. fideiussioni omnibus, era nulla per assoluta indeterminatezza dell’oggetto; b) che il comportamento della Banca nei suoi confronti non era stato improntato a buona fede.

Le due opposizioni venivano riunite.

1.1 – Il Tribunale, con sentenza del 7 luglio 1994, si dichiarava territorialmente competente e rigettava le due opposizioni osservando, in particolare:

che le parti non avevano attribuito al giudice designato convenzionalmente competenza esclusiva;

che il decreto ingiuntivo era stato emesso nella ricorrenza di tutti i presupposti richiesti dall’art. 633 c.p.c.;

che la fideiussione non era nulla, essendo il suo oggetto era determinabile per relationem;

che non vi era stato alcun errore nella determinazione

1.2 – La sentenza era appellata con un unico atto, sia dal P. e dalla Società che dalla s.r.l. Carrara Space Stones, nella qualità di cessionaria di tutte le attività e le passività della Società, la quale nel frattempo era stata posta in liquidazione.

Gli appellanti chiedevano l’integrale riforma della sentenza di primo grado, reiterando quanto già dedotto nella prima fase di giudizio ed assumendo, inoltre, che il finanziamento non era stato mai erogato eche, pertanto, nelle case della Società non era mai entrata "alcuna somma", in dipendenza di tale operazione. All’udienza di precisazione delle conclusioni gli appellanti deferivano giuramento decisorio al legale rappresentante della Banca su tali circostanze di fatto.

Quindi, assistiti da un nuovo difensore, eccepivano in comparsa conclusionale la nullità delle clausole relative alla pattuizione degli interessi, ponendo in evidenza che tali clausole: a) prevedevano la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, in violazione dell’alt. 1283 c.c. e dell’art. 1469 bis; b) stabilivano un saggio d’interesse da ritenersi usurario alla stregua dei criteri dettati dall’art. 1, legge 7 marzo 1996, n. 108.

La Banca si opponeva all’accoglimento del gravame, eccependo, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva della s.r.l. Carrara Space Stones e l’inammissibilità delle deduzioni formulate per la prima volta dagli appellanti in comparsa conclusionale.

2 – La Corte territoriale:

ribadiva che la designazione del Tribunale dell’Aquila come territorialmente competente non aveva avuto carattere esclusivo e che, pertanto, la causa era stata legittimamente instaurata presso il Tribunale di Avezzano; dichiarava inammissibile l’appello della s.r.l. Carrara Space Stones, sul rilievo che detta società non aveva fornito alcuna prova della propria qualità di cessionaria;

affermava, inoltre:

che dalla documentazione prodotta a sostegno del ricorso per decreto ingiuntivo si desumeva, senza alcuna possibilità di errore, che il conto cui si riferiva la pretesa fatta valere in quel giudizio era contrassegnato dal n. 50387/2;

che la fideiussione, stipulata prima dell’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 1938 c.c., così come riformulato dall’alt. 10, legge 17 febbraio 1992, n. 154, era da ritenersi valida anche il suo oggetto era esteso, senza alcuna predeterminazione dell’importo, alle obbligazioni future poichè la nuova disposizione non aveva effetto retroattivo;

che il fideiussore, essendo amministratore della society, era nelle condizioni di conoscere tempestivamente la situazione economica e finanziaria della società;

che, comunque, la Banca si era sempre comportata con correttezza nei confronti del fideiussore, tanto è vero che aveva prontamente revocato il fido, quando l’esposizione debitoria aveva superato i limiti pattuiti;

che privo di rilievo era l’assunto che il "finanziamento" non fosse stato mai "erogato", essendo il rapporto riferito ad un’apertura di credito, nella quale l’obbligazione restitutoria "prescinde" dalla consegna materiale del denaro;

che conseguentemente irrilevanti erano le prove per interrogatorio e per testi (le quali erano oltretutto tardive) e il giuramento decisorio dei quali era stata chiesta l’ammissione al fine di provare tale circostanza di fatto;

che inammissibili, perchè tardive, in quanto formulate per la prima volta con la comparsa conclusionale di secondo grado, erano le deduzioni relative alla nullità delle clausole sulla capitalizzazione trimestrale degli interessi e sulla determinazione del saggio applicato. Il gravame era pertanto respinto in ogni sua parte.

2.1 I ricorrenti chiedono la cassazione di tale sentenza con sei motivi di ricorso. La Banca resiste.

Motivi della decisione

3 – Deve essere preliminarmente dichiarata, ai sensi dell’art. 365 c.p.c., l’inammissibilità del gravame rispetto al signor F? P. e alla s.r.l. Carrara Space Stones.

Nel ricorso, infatti, figura soltanto la procura rilasciata (a margine) dalla s.r.l. Graniti Centro Sud e manca agli atti la prova che tali soggetti abbiano rilasciato il mandato difensivo con modalità differenti, ma pur sempre nel rispetto dei requisiti inderogabilmente fissati dall’art. 365 c.p.c..

Debbono essere conseguentemente dichiarate inammissibili le censure formulate con il primo e il quarto motivo che hanno specifico ed esclusivo riferimento alle posizioni della s.r.l. Carrara Space Stones e del P..

4 – Con il secondo motivo – denunciando vizio di motivazione e violazione dell’art. 29 c.p.c. – si censura la sentenza impugnata per non aver rilevato che il Tribunale di Avezzano era territorialmente incompetente, avendo le parti designato per iscritto quale competente il Tribunale de L’Aquila, con la clausola n. 7 del contratto di finanziamento stipulato il 30 aprile 1984. La censura è sotto il profilo del vizio di motivazione palesemente inammissibile, atteso che in ordine alla questione prospettata come in relazione ad ogni altra questione che involga l’applicazione di una norma processuale, questa Corte è giudice anche del fatto, potendo procedere all’apprezzamento diretto delle risultanze istruttorie e degli atti di causa al fine di individuare il giudice competente (Cass. 2 agosto 2003, n. 11779; 4 ottobre 2002, n. 14725).

Ciò premesso, e passando alla verifica dell’esistenza della denunziata violazione dell’art. 29 c.p.c., si osserva che, secondo il costante orientamento di questa Corte, affinchè il foro individuato dalle parti concreti un’ipotesi di competenza esclusiva, è necessario che le parti abbiano (non solo manifestato la concorde volontà di derogare all’ordinaria competenza territoriale, ma altresì) chiarito "in modo espresso" la loro intenzione di escludere la concorrenza del foro designato con quelli previsti dalla legge in via alternativa (Cass. 6 giugno 1989, n. 2751; 13 giugno 1995, n. 6635,15 maggio 1998, n. 4907). ÿ pertanto evidente che tale ipotesi, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, non si è realizzata nel caso di specie, essendosi le parti limitate a designare di un foro diverso da quelli previsti dalla legge, senza specificare, in modo esplicito, che tale designazione aveva anche carattere "esclusivo". Non vale dedurre in contrario tale intento sarebbe "desumibile" da alcune espressioni contenute nella clausola, poichè avendo il legislatore stabilito la necessità di un consenso "espresso", deve escludersi la rilevanza di un intento solo "implicitamente" manifestato.

5 – Con il terzo motivo – denunciandosi violazione degli artt. 633 e segg. c.p.c., nonchè vizio di motivazione – viene dedotta la mancanza dei requisiti stabiliti dalle norme denunziate per l’emanazione del decreto ingiuntivo assumendo, in particolare, che la documentazione prodotta era riferita, a causa di un errore corretto solo nel corso del giudizio di opposizione, ad un conto corrente diverso da quello cui ineriva il credito fatto valere dalla Banca.

Essendo, anche in questo caso, la censura incentrata sulla violazione di norme di natura processuale, valgono, in ordine al vizio di motivazione, le considerazioni svolte nel precedente paragrafo a sostegno della inammissibilità di tale deduzione. La doglianza è da ritenersi inammissibile anche sotto l’altro profilo. Invero, nella sentenza impugnata si precisa che l’inesattezza dell’indicazione era chiaramente percepibile già nella fase monitoria "come frutto di errore materiale di dattiloscrittura", in quanto il rapporto di conto corrente era individuato, con gli estremi esatti, nell’elenco dei documenti allegato al ricorso. E tale indicazione non è specificamente censurata dal ricorrente.

6 – Rispetto al quinto motivo, incentrato sulla nullità delle clausole relative alla determinazione e alla capitalizzazione degli interessi, assume priorità, sul piano logico, il sesto, con il quale la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto inammissibili le prove dedotte al fine di dimostrare che il finanziamento non era stato erogato e che nessuna somma era stata messa dalla Banca nella sua "disponibilità".

A tale riguardo nella sentenza impugnata si afferma, come si è posto in evidenza (retro, 2), che la mancata erogazione del finanziamento sarebbe priva di rilievo poichè, essendo la domanda ricollegata ad un’apertura di credito in e/e, "l’obbligazione restitutoria non nasce da una consegna materiale di denaro ? ma dalla semplice utilizzazione della disponibilità del credito offerto, mediante qualsivoglia operazione a debito per la cliente transitata sul c/c accreditato". E che, pertanto, "non avrebbe rilevanza accertare ? che nelle casse della Graniti Centro Sud non è entrata sotto nessuna forma alcuna somma, perchè l’apertura di credito fa sì che l’intera esposizione debitoria transiti e trovi registrazione esclusivamente nel conto corrente affidato". A dimostrazione del proprio assunto gli appellanti avevano articolato una prova per interrogatorio e per testi ed avevano inoltre deferito un giuramento decisorio.

Le prove per interrogatorio e per testi sono state dichiarate inammissibili dalla Corte territoriale, oltre che per tale rilievo, perchè tardive e su tale punto, che ha carattere assorbente, non vi è censura.

Anche la prova per giuramento è stata dichiarata inammissibile, sotto un duplice profilo e, precisamente: a) perchè formulata "de ventate, anzichè "de scientia", pur essendo stata deferita al legale rappresentante della società in persona di un soggetto diverso da quello in carica al momento dei fatti; b) perchè avente ad oggetto circostanze prive di rilevanza ai fini della decisione.

La ricorrente replica, in ordine all’affermazione sub a), che, proprio perchè verteva su circostanze non riferibili direttamente al giurante, il giuramento era da intendersi formulato "de scientia". ÿ però agevole osservare che l’interpretazione degli atti di parte non può prescindere dal loro tenore testuale e che questo, nel caso di specie, secondo quanto ritenuto dalla Corte territoriale, concerneva la "verità" dei fatti e non la (semplice) "conoscenza" di essi da parte della persona chiamata a rendere il giuramento. L’esattezza di tale apprezzamento non può essere riconsiderata in questa sede di legittimità, avendo esso riferimento a requisiti richiesti da norme di carattere sostanziale (Cass. 4 febbraio 200, n. 1247), e deve quindi ritenersi che correttamente il giuramento è stato dichiarato inammissibile dalla Corte territoriale, dopo aver rilevato che la sua formulazione non aveva riferimento a circostanze di fatto delle quali il giurante fosse stato autore o che comunque fossero state da lui direttamente percepite e che, pertanto, avrebbe potuto essere deferito solo nella forma "de scientia" (Cass. 21 ottobre 1992, n. 11491; 19 aprile 1995, n. 4365; 10 giugno 1998, n. 5789).

Anche la declaratoria di inammissibilità del giuramento deve essere quindi tenuta ferma, essendo evidente che, se pure le circostanze sulla cui esistenza il giurante era chiamato a pronunciarsi fossero ritenute rilevanti, la prova dovrebbe essere, per quanto si è detto, dichiarata ugualmente inammissibile, 7 – Resta il quinto (e ultimo) motivo, con il quale la sentenza impugnata viene censurata per aver dichiarato inammissibili, perchè formulate solo con la comparsa conclusionale di secondo grado, le deduzioni relative alla nullità delle clausole relative alla determinazione del tasso degli interessi e la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito.

7.1 Il rilievo è fondato.

Le dedotte illegittimità sono, invero, correlate alla violazione di norme imperative e, quindi, ad un vizio che può certamente essere rilevato d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e, quindi, anche in appello.

ÿ pur vero che detto potere deve essere coordinato con i principi della domanda e del contraddicono, i quali postulano – rispettivamente:

a) che, qualora la parte chieda l’accertamento dell’invalidità di un atto a sè pregiudizievole, la pronuncia del giudice deve essere circoscritta alle ragioni di illegittimità enunciate dall’interessato e non può quindi fondarsi su elementi rilevati d’ufficio o tardivamente indicati (Cass. 8 settembre 2003, n. 18062; 1^ gennaio 2001, n. 10498; 22 aprile 1995, n. 4067);

b) che entrambe le parti (e, quindi, anche quella contraria alla declaratoria di nullità) abbiano avuto la possibilità di trattare tale questione, secondo i principi del "giusto processo" (art. Ili, secondo comma, Cost.).

7.2 – Ma nessuno di tali rilievi può venire in considerazione nel caso di specie, posto:

a) che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’opponente, dal punto di vista sostanziale, assume la posizione di convenuto;

b) che il vizio delle clausole sulla determinazione del saggio degli interessi e sulla capitalizzazione trimestrale era stato "eccepito" al solo fine di ottenere il rigetto della pretesa avanzata dalla Banca con la richiesta di emissione del decreto ingiuntivo e che, pertanto, i ricorrenti non avevano formulato alcuna domanda, ma si erano limitati a dedurre una violazione la cui ricorrenza, avrebbe potuto (e dovuto) essere rilevata d’ufficio (art. 1421 c.c.);

c) che, quindi, tale deduzione non integrava neppure gli estremi di una eccezione "in senso stretto", ma costituiva una "mera difesa" inidonea a condizionare ipoteri decisori del giudice che poteva essere avanzata in fase d’appello (art. 345, secondo, comma, c.p.c.) ed essere formulata anche in comparsa conclusionale, essendo fondata su elementi già acquisiti al giudizio (Cass., sez. un., 4 novembre 2004, n. 21095);

d) che, invero, nel ricorso per decreto ingiuntivo erano stati esplicitati il saggio degli interessi (21%) e l’ammontare della commissione (1/8%) sul massimo scoperto ed era stata richiamata la clausola sulla capitalizzazione trimestrale;

e) che il sopravvenire di nuove norme imperative, pur non potendo incidere sulla validità dei contratti già conclusi (Cass. 21 febbraio 1995, n. 1877; 27 ottobre 1995, n. 11196), impedisce, tuttavia, che tali contratti producano per il periodo successivo alla loro entrata in vigore effetti contrastanti con quanto da esse stabilito (C. Cost. 27 giugno1997, n. 204; Cass. 28 marzo 2002, n. 4490; 22 febbraio 2005, n. 3589);

f) che la controparte avrebbe potuto opporre, con la memoria di replica e nella successiva eventuale fase istruttoria, ogni argomento ritenuto idoneo a contrastare le deduzioni avversarie.

8 – La Corte territoriale non poteva, pertanto, esimersi dall’affrontare le questioni sollevate dagli appellanti circa la natura usuraria, o meno, degli interessi applicati (a partire dalla data di entrata in vigore della legge 108/96) e la capitalizzazione trimestrale.

La sentenza impugnata deve essere quindi, entro tali limiti, cassata, con conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello dell’Aquila in altra composizione perchè, alla stregua dei principi sopra specificati nel 7, 2, accerti l’eventuale fondatezza dei rilievi formulati in ordine alla validità e alla perdurante efficacia delle clausole relative alla determinazione del saggio degli interessi e alle modalità della loro capitalizzazione.

Il giudice di rinvio provvederà, inoltre, alla liquidazione delle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione così provvede:

a) dichiara inammissibili il primo e quarto motivo di ricorso che hanno specifico ed esclusivo riferimento ai ricorrenti signor F? P. e s.r.l. Carrara Space Stones;

b) rigetta il secondo, il terzo e il sesto motivo dello stesso ricorso; e) accoglie il quinto motivo di ricorso, cassando, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata; d) compensa le spese tra la controricorrente, il signor F? P. e la s.r.l. Carrara Space Stones, demandando al giudice del rinvio la liquidazione delle spese della presente fase tra la controricorrente e la Graniti Centro Sud s.r.l..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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