Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-10-2011) 25-10-2011, n. 38685

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 28/1/2011 la Corte di Appello di Trento dichiarava inammissibile l’istanza di revisione della sentenza n. 685/04 in data 28/4/2004 della Corte di Appello di Venezia, con la quale P.A. è stato condannato alla pena di anni due mesi undici di reclusione per i delitti di concussione continuata, commessi in (OMISSIS).

Rilevava la corte di merito come gran parte dell’istanza si sostanziasse in una critica alla valutazione del materiale probatorio, e valutando le prove dichiarative addotte come nuove – l’escussione di sette testimoni, sentite in sede di indagini difensive, come persone informate sui fatti o come presenti a colloqui con terzi dell’istante -ne sottolineava la irrilevanza, la genericità e la inidoneità a scalfire il quadro probatorio, fondato sulla indiscussa presenza del condannato ai contatti intercorsi tra il coimputato F.V. e le parti offese, nel corso dei quali queste ultime erano indotte alla consegna di somme di danaro per il recupero della refurtiva.

Contro tale decisione ricorre l’istante a mezzo del suo difensore, che nell’unico motivo a sostegno della richiesta di annullamento ne denuncia il difetto di motivazione testualmente rilevabile. Sostiene in sintesi la difesa, quanto al caso G.R. che le nuove prove acquisite attraverso accurate indagini difensive tendevano a dimostrare che l’imputato non aveva mai autorizzato l’Ispettore F.V. all’utilizzo del danaro, che G.V. mettere a disposizione, anzi glielo aveva vietato e non appena era venuto a conoscenza che il dipendente non si era attenuto alle sue disposizioni, gli aveva in modo perentorio ordinato di restituirlo immediatamente alla vittima del furto, così come effettivamente avvenuto il giorno dopo, di guisa che il delitto non poteva essere stato commesso dal ricorrente, se pure era stato commesso da qualcuno, ma certamente, quanto meno, le finalità perseguite non erano e non potevano essere quelle dell’estorsione o della concussione della vittima del furto.

Analogamente quanto al caso (OMISSIS), che peraltro non si identificava nella vera vittima del furto subito, essendo la merce di proprietà della Venex, le diverse prove nuove, acquisite attraverso le investigazioni difensive e offerte al giudizio della corte di merito, tendevano a provare l’ortodossia del comportamento del ricorrente ed in particolare circa il suo intento, mai venuto meno, di mantenersi nei limiti della più rigorosa legalità, soprattutto quando aveva invano cercato di ottenere un premio o una taglia per il confidente attraverso i canali ufficiali del Ministero dell’Interno e ancora quando si era adoperato per ottenere l’autorizzazione a fare uso del danaro, messo a disposizione della vittima, dal magistrato della Procura Circondariale di Padova per le indagini.

Ha fatto poi la difesa seguire una memoria difensiva, pervenuta in data 19/8/2011 in replica alla requisitoria del P.G. di inammissibilità del ricorso, soffermandosi sull’attendibilità del G., che il P.G. aveva escluso senza indicare le ragioni di tale conclusioni, sul dato obiettivo della restituzione del danaro al G. per ordine perentorio dell’istante, nella circostanza infuriato, sul caso (OMISSIS), nel quale la concussione, se pure esistente non poteva essere opera della Polizia veneziana, che non aveva mai contattato la Venex, unica proprietaria della merce, sulla attendibilità delle varie deposizioni testimoniali raccolte.

Il ricorso è inammissibile.

Le censure proposte esorbitano dal catalogo dei casi di ricorso, disciplinati dall’art. 606 c.p.p., comma 1, profilandosi come doglianza non consentite ai sensi del comma 3 cit. art., volte, come esse appaiono, a introdurre come "thema decidendum" una rivisitazione del "meritum causae", preclusa, come tale in sede, in sede di scrutinio di legittimità.

Ed invero nel caso in esame la corte distrettuale ha dato conto con puntuale e adeguato apparato argomentativo delle ragioni del giudizio negativo in ordine alla proposta istanza di revisione, correttamente rilevando come essa si sostanziasse in gran parte in una critica alla valutazione del materiale probatorio da parte del giudice a quo. In particolare, valutando, sia pure con delibazione sommaria, la prova dichiarativa, proveniente da testi già escussi, come quella del G., nella parte non corrispondente alle dichiarazioni rese in precedenza, ne ha sottolineato la irrilevanza e l’impossibilità di prendere in considerazione la ritrattazione per l’assenza di elementi sicuri deponenti per la falsità di quanto in precedenza dichiarato.

Quanto all’apprezzamento delle addotte nuove prove e del loro impatto sul complessivo materiale probatorio, la corte di merito non risulta essere incorsa in un percorso motivazionale viziato, laddove correttamente e coerentemente argomenta riguardo al caso (OMISSIS), come le ulteriori prove articolate con riferimento alla richiesta di autorizzazione all’uso di fondi ministeriali vertessero su circostanza già valutata nel processo e considerata non determinante, e ancora, riguardo ad entrambe le vicende, come le prove addotte, consistenti in gran parte in dichiarazioni de relato e/o comunque focalizzate su alcuni passaggi non essenziali, lasciassero immutato il dato, invece determinante in senso accusatorio, della presenza del P. ai contatti tra il F. e le parti offese, in occasione dei quali queste ultime venivano indotte alla consegna di somme di danaro. Non ha poi mancato il giudice a quo di rilevare come il sopravvenire di una assai tardiva e contraddittoria ritrattazione del G., giunto perfino a dichiarare, pur dopo avere confermato le precedenti diverse dichiarazioni, di non avere parlato con il P. della utilizzazione del danaro da lui messo a disposizione, fosse manifestamente inattendibile e inidoneo ad integrare prova nuova, in assenza di un qualsiasi minimo elemento, che inducesse a ritenere la non veridicità delle diverse e precedenti dichiarazioni.

La decisione assunta si rileva dunque in linea con il principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità in materia, a mente del quale è compito del giudice valutare non solo l’affidabilità della nuova prova, ma anche la sua persuasività e congruenza nel contesto già acquisito in sede di cognizione, ed inoltre stabilire se i nuovi elementi introdotti, ed effettivamente acquisiti, siano in concreto idonei ad incidere in senso favorevole alla prospettazione dell’istante sulla valutazione delle prove a suo tempo raccolte (ex multis Cass. 17/6/2006 n. 29486 Cosanzo e altri).

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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