Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-10-2011) 25-10-2011, n. 38646

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.-. Il difensore di P.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Roma, in riforma della condanna pronunciata in primo grado nei confronti del predetto per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, concesse le attenuanti generiche, ha ridotto la pena a lui inflitta ad anni cinque e mesi sei di reclusione ed Euro venticinquemila di multa, confermando nel resto.

Il ricorrente deduce:

– Vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità del P. con particolare riferimento alle modalità della sua identificazione come detentore della sostanza stupefacente sequestrata, al travisamento dei fatti in ordine al luogo di rinvenimento della droga ed alla sua riconducibilità al prevenuto, alla necessità di esperire perizia grafica sulla agenda sequestrata.

– Vizio di motivazione in ordine alla pena inflitta, ritenuta eccessiva.

2.-. Il ricorso è palesemente infondato.

Il primo motivo di ricorso si sostanzia in doglianze non consentite in sede di giudizio di legittimità. Le censure del ricorrente attengono invero alla valutazione della prova, che rientra nella facoltà esclusiva del giudice di merito e non può essere posta in questione in sede di giudizio di legittimità quando fondata su motivazione congrua e non manifestamente illogica. Nel caso di specie, i giudici di appello hanno preso in esame tutte le deduzioni difensive e sono pervenuti alla decisione impugnata attraverso un esame completo ed approfondito delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logica.

Anche la seconda censura formulata dal ricorrente è inammissibile, in quanto si appunta su un punto della decisione, quale la commisurazione della pena, che è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito, come tale sottratta al sindacato di legittimità, ove – come appunto nel caso di specie – corredata di una motivazione riconducibile ai canoni di cui all’art. 133 c.p. e idonea a far emergere la ragione della concreta scelta operata.

3.-. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione della causa di inammissibilità e delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro mille, non ravvisandosi ragioni per escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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