Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-11-2011, n. 6175 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La S.r.l. F. in liquidazione, affidataria fino al 31 ottobre 2009 del servizio di manovra ferroviaria nel porto di Genova, a seguito di aggiudicazione della relativa gara indetta con bando del 4 novembre 2004 e atto di concessione da parte dell’Autorità portuale di Genova sottoscritto il 10 ottobre 2006, con il ricorso n. 1111 del 2009, proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, ha chiesto:

a) con il ricorso introduttivo n. 1111 del 2009, l’annullamento dell’ordinanza n. 5 del 30 ottobre 2009 del Presidente dell’Autorità portuale di Genova, con cui si dispone a carico medesima della S.r.l. F. la prosecuzione del servizio pubblico di manovre ferroviarie nel porto di Genova, da prestare ai sensi del Regolamento e del regime tariffario vigenti, fino al 31 gennaio 2010 ovvero alla più prossima data di affidamento del servizio all’aggiudicatario dell’indetta gara e la condanna della stessa Autorità al risarcimento dei danni conseguenti;

b) con i motivi aggiunti, l’annullamento delle ordinanze del Presidente dell’Autorità portuale di Genova n. 1, n. 2, n. 4, n. 6 e n. 7 del 2010, recanti la proroga del predetto regime di imposizione della prosecuzione del servizio di manovre ferroviarie, rispettivamente fino al 28 febbraio, 15 aprile, 30 aprile, 9 maggio e 16 maggio 2010, ovvero alla più prossima data di avvio dell’esecuzione del servizio in via di urgenza da parte dell’aggiudicatario della gara.

2. Il TAR, con la sentenza n. 10629 del 2010, ha accolto in parte il ricorso introduttivo (respingendo la parte con cui è stata richiesta la condanna dell’Autorità resistente al risarcimento del lucro cessante) ed ha accolto i motivi aggiunti e, per l’effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati ed ha condannato l’Autorità portuale di Genova al pagamento del danno emergente determinato in complessivi Euro. 209.000,00 (duecentonovemila/00) oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi di legge da liquidarsi a decorrere dal 1° febbraio 2010, nonché al pagamento delle spese di giudizio a favore della S.r.l F. s.r.l. liquidandole in complessivi Euro. 5.000,00 (cinquemila/00) oltre gli accessori di legge.

3. Con l’appello in epigrafe è stato chiesto, con domanda cautelare di sospensione della esecutività della sentenza impugnata, che – previo annullamento della sentenza medesima- siano respinte le domande formulate in primo grado.

Nella camera di consiglio del 5 aprile 2011, con l’ordinanza n. 1516 del 2011, si è ritenuto di accogliere la domanda cautelare nelle more della definizione della causa nel merito, per la cui trattazione è stata contestualmente fissata l’udienza del 28 ottobre 2011.

4. All’udienza del 28 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Con la sentenza gravata, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione seconda, ha accolto in parte il ricorso introduttivo n. 1111 del 2009 (respingendo la parte con cui è stata richiesta la condanna dell’Autorità resistente al risarcimento del lucro cessante) ed ha accolto i motivi aggiunti proposti avverso le ordinanze di proroga del servizio di manovre ferroviarie nel porto di Genova, adottate dall’Autorità portuale di Genova (in seguito "Autorità") nei confronti della S.r.l. F. (in seguito "Società").

2. Nell’appello la sentenza è censurata come erronea:

– per avere respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, mentre dagli atti emergerebbe con chiarezza l’accettazione delle proroghe del servizio da parte della Società (nota in data 14 aprile 2010, verbale dell’assemblea della Società in data 19 aprile 2010, clausola di accettazione in calce alle ultime due ordinanze del 2010), non valendo, in contrario, l’avvenuta impugnazione delle ordinanze, poiché inidonea a vanificare gli effetti della intervenuta acquiescenza;

– perché ha accolto la censura di violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, ritenendo che l’Autorità avesse "vagamente ventilato" alla Società la necessità della continuazione del servizio soltanto tre giorni prima (il 27 ottobre 2009) della scadenza della concessione in essere tra l’Autorità e la Società (fissata al 31 ottobre successivo), mentre, da un lato, la Società era stata informata già con nota del 16 ottobre precedente (dopo l’esclusione dei partecipanti alla gara indetta nel frattempo), cui era seguito un incontro con l’Autorità il 19 ottobre successivo e, dall’altro, deve essere richiamata la condizione di urgenza alla base degli atti impugnati dovuta ad eventi imprevedibili, quale anzitutto il mancato esito di due gare per la concessione del servizio nel frattempo pur tempestivamente indette, con il correlato svolgimento della trattative sindacali e contrattuali fra la Società e la nuova aggiudicataria, dovendosi anche rilevare l’applicabilità al caso di specie dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, considerato che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato;

– per avere erroneamente constatato la violazione dell’art. 23 della Costituzione, trascurando che tale disposizione non riguarda la fattispecie in esame della prestazione di un servizio di interesse generale, ma quella della previsione di obblighi personali, e per avere altresì trascurato di considerare che l’Autorità ha legittimamente esercitato il potere di ordinanza che le è attribuito dall’art. 6, comma 1, lett. a), della legge 28 gennaio 1994, n. 84 ("Riordino della legislazione in materia portuale"), per finalità di tutela della sicurezza, di certo a rischio per la interruzione di un servizio fondamentale di interesse generale (non risultando perciò neppure l’asserita lesione dell’art. 41 della Costituzione, che vieta il contrasto della iniziativa economica privata con l’utilità sociale), anche perché la prosecuzione del servizio non è preclusa dallo stato di liquidazione della Società, al contrario compatibile con gli articoli 2486 e 2490, comma 5, c.c., essendo stati peraltro autorizzati i liquidatori all’esercizio provvisorio dell’attività sociale, ciò che ha inoltre consentito la cessione dell’azienda all’aggiudicataria con passaggio diretto delle maestranze;

– per avere ritenuto inconferente il richiamo degli articoli 331 e 340 c.p., rilevabile nelle ordinanze di proroga, che è invece pertinente data la caratteristica di servizio di interesse generale di cui qui si tratta.

La sentenza è anche censurata per avere ritenuto fondata la domanda della ricorrente volta ad ottenere il risarcimento del danno per la sola ragione dell’asserita illegittimità degli atti impugnati, senza la prova dell’esistenza del danno allegato, che deve essere data dall’interessato, risultando del tutto insufficiente allo scopo il solo prospetto del liquidatore, la cui certificazione non ha alcuna valenza probatoria, né essendo stata giustificata l’attribuzione di costi aggiuntivi per effetto della proroga del servizio, e, inoltre, senza verifica del necessario nesso di causalità e della imputabilità dell’evento dannoso all’Amministrazione a titolo di colpa o di dolo.

3. La Società, nella memoria depositata in giudizio il 29 marzo 2011, contestata la fondatezza delle deduzioni dell’appellante, ha riproposto, in via subordinata in caso di accoglimento dell’appello, il motivo di ricorso assorbito nella pronuncia di primo grado, recante la violazione, sotto altro profilo, degli articoli 23, 41, 53 e 97 della Costituzione, nonché i motivi aggiunti, che vengono nuovamente dedotti a fini tuzioristici.

4. Il Collegio prescinde dalla eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, riproposta dall’appellante avverso la statuizione del primo giudice che la ha respinta, poiché l’appello risulta fondato nel merito.

5. Tale conclusione si basa sull’esame delle due questioni centrali della controversia consistenti nell’accertare:

– se nell’emanare le ordinanze di cui è causa l’Autorità abbia legittimamente esercitato un potere ad essa attribuito dalla legislazione in materia;

– se tale esercizio sia avvenuto con lesione dell’articolo 7 della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni.

5.1. Riguardo al primo punto, osserva il Collegio che nel bando per il relativo affidamento, pubblicato dall’Autorità il 4 novembre 2004, il servizio di cui si tratta è riferito all’art. 6, comma 5, della legge n. 84 del 1994 rientrando, perciò, tra i "servizi di interesse generale" individuati dalla lettera c) del comma 1 del medesimo art. 6 (come confermato dal richiamo nel bando anche del decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione del 4 aprile 1996 recante "Inclusione del servizio ferroviario svolto nell’ambito dei porti fra i servizi di interesse generali di cui all’art. 6, comma 1, lettera c), della servizi di interesse generale").

Nella lettera a) del comma 1 del medesimo art. 6 della legge n. 84 del 1994, si dispone che le Autorità portuali hanno compiti di "indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali di cui all’articolo 16, comma 1, e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti" e, in connessione, sono ad esse attribuiti specifici "poteri di regolamentazione e di ordinanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi a tali attività ed alle condizioni di igiene del lavoro in attuazione dell’articolo 24".

Ne consegue che il servizio in questione è di interesse generale, che esso afferisce di certo allo attività portuali, oggetto proprio della disciplina disposta con la legge n. 84 del 1994, e che non vi è ragione per ritenerlo escluso dalle "altre attività" genericamente commerciali e industriali di cui alla citata lettera a), comma 1, dell’art. 6 della legge, non essendo in alcun modo giustificata l’esclusione dal potere di ordinanza, previsto anche a fini di sicurezza, di un servizio di interesse generale strumentale al complessivo funzionamento delle attività portuali e, in questo ambito, in particolare del servizio specifico in questione consistente nell’attività di manovre ferroviarie "nei/dai terminals portuali da/per i parchi di interscambio" (come precisato nel bando).

Ciò rilevato, ne consegue che nella specie l’Autorità ha emanato le ordinanze impugnate in base ad un potere attribuito dalla legge e sulla base dei presupposti richiesti dalla normativa per il suo esercizio in concreto alla luce degli effetti derivanti dalla interruzione del servizio, come è correttamente precisato nella motivazione delle ordinanze, in cui sono citate le lettere a) e c) del comma 1 dell’art. 6 della legge n. 84 del 1994, quale base normativa dei provvedimenti, e sono esplicitati, quale presupposto concreto dell’esercizio del potere, elementi ragionevolmente non contestabili, come la indispensabilità del servizio per l’attività portuale, il pregiudizio derivante dalla sua interruzione con "la paralisi del porto con ingenti danni sull’intero comparto ed al territorio" e le "gravissime conseguenze" che sarebbero potute scaturire "anche in termini di sicurezza, sui traffici portuali dello scalo genovese" (così testualmente nell’ ordinanza n. 7 del 2010, con motivazioni già indicate fin dalla prima ordinanza, n. 5 del 2009).

In questo quadro, è da condividere quanto considerato nell’appello in esame sulla impossibilità di ovviare alla situazione con un accordo consensuale con la Società appellata, a fronte della obbiettiva necessità di assicurare la continuazione del servizio dopo la scadenza del 31 ottobre 2009 e della difficoltà prospettata al riguardo dalla stessa Società (nota della F. S.r.l. del 23 ottobre 2009 trasmessa all’Autorità portuale).

Similmente, risultano fondate le censure dell’appellante sulla impossibilità, per ragioni tecniche e giuridiche connesse alla specialità del servizio, della prosecuzione del servizio direttamente da parte degli interessati, nonché quelle sulla necessità, perciò, di assicurarne lo svolgimento da parte del gestore in atto, alle condizioni date e per il minor tempo possibile, venendo garantito, nel frattempo, il passaggio delle maestranze al nuovo aggiudicatario quale cessionario del relativo ramo di azienda da parte di F. S.r.l.

L’appello d’altra parte ha puntualmente evidenziato il consenso della Società appellata, infine, riguardo all’esito del complessivo svolgimento della vicenda, come emerge dal verbale dell’Assemblea dei soci del 19 aprile 2010, nella quale è approvata la proroga al 30 aprile della gestione del servizio proposta dall’Autorità "e l’eventuale ulteriore proroga tecnica a venire…", al fine del perfezionamento degli accordi sindacali in corso e della cessione del ramo di azienda.

Contrariamente a quanto rilevato dal TAR, in presenza della situazione di fatto venutasi a verificare, non risulta l’asserita lesione dell’articolo 23 della Costituzione, non soltanto perché il potere di ordinanza esercitato nella specie è previsto dalla norma primaria, in osservanza perciò della riserva (relativa) di legge prescritta dalla Costituzione, ma, inoltre, per la considerazione che la previsione della lettera a), comma 1, dell’art. 6 della legge n. 84 del 1994 non appare incorrere nel vizio di lasciare all’arbitrio dell’ente impositore la determinazione della prestazione imposta, con prescrizione normativa "in bianco" e perciò lesiva del principio per cui è "quanto meno necessario che la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dagli interventi legislativi che riguardano l’attività dell’amministrazione" (cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 190 del 2007; n. 115 del 2011).

Nella disposizione citata, è infatti indicata quale ragione specifica, legittimante l’esercizio del potere, la sussistenza di rischi per la sicurezza delle attività portuali, con conseguenti possibili incidenti, desumendosi da ciò che l’azione amministrativa deve essere in particolare motivata da tale esigenza e svolgersi con interventi, pur se inevitabilmente non predeterminabili nei contenuti, comunque proporzionati al detto scopo.

Nel caso di specie, tale proporzionalità risulta senz’altro sussistente, poiché la prestazione è stata disposta per la indifferibile necessità che un servizio essenziale fosse svolto in condizioni di sicurezza, riscontrabili soltanto da parte del gestore in atto, e per il solo tempo necessario sia al definitivo perfezionamento dell’iter di gara (avviato invero non intempestivamente, in data 11 settembre 2009, con procedura ristretta e termini abbreviati per le offerte), sia allo svolgimento delle trattative per la cessione del ramo di azienda nel frattempo condotte dal medesimo gestore.

Per le stesse ragioni, non si configura alcuna violazione dell’art. 41 della Costituzione, potendosi riferire al bilanciamento di interessi definito nell’articolo, cui si correla il pur libero svolgimento dell’iniziativa privata, la prestazione in via eccezionale, secondo le tariffe vigenti e per un tempo limitato, di un servizio di interesse generale, eseguibile nella situazione data soltanto da parte della Società appellata – in ragione del suo conseguito status di gestore del servizio – per l’esigenza della indifferibile sua prosecuzione in condizioni di sicurezza (svolgendosi peraltro, nel frattempo, trattative sindacali e societarie, volte anche a vantaggio della Società medesima).

5.2. Riguardo all’asserito vizio della mancata comunicazione di avvio del procedimento con conseguente carenza di partecipazione procedimentale, risultano altresì condivisibili le censure contenute nell’atto di appello, poiché dagli atti risulta che la Società era stata edotta dell’avvio del procedimento e che vi ha partecipato, in quanto, da un lato, con nota n. 20224 del 16 ottobre 2009 l’Autorità aveva invitato la Società ad un incontro, il 19 successivo, "in relazione alla imminente scadenza della concessione e nelle more della procedura di definizione del bando di gara" per "un esame congiunto delle problematiche connesse alla continuità del servizio ferroviario portuale (compresa l’eventuale prosecuzione del medesimo)" (con ciò venendo chiaramente prospettata l’ipotesi della prosecuzione del servizio da parte della Società per la mancata conclusione del procedimento di gara), e, dall’altro, l’incontro si era poi svolto, essendo stata evidentemente esaminata in contraddittorio la suddetta ipotesi date le conclusioni negative esposte al riguardo dalla Società con nota del 22 ottobre successivo.

6. L’accoglimento dell’appello, con la conseguente reiezione delle censure accolte dal TAR, comporta l’esame delle ulteriori censure, assorbite in primo grado e riproposte in secondo grado dalla Società appellata.

La Società ha lamentato:

a) la violazione sotto altro profilo degli articoli 23, 41, 53 e 97 della Costituzione e dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e imparzialità, per avere l’Autorità imposto alla Società di continuare a prestare il servizio alle medesime condizioni in vigore nell’ambito del rapporto concessorio, vincolanti per le parti soltanto per il relativo periodo contrattuale ma non per la ulteriore prosecuzione del servizio, addossando così alla Società oneri impropri con l’effetto di provocare perdite a suo carico;

b) l’insussistenza della fattispecie degli articoli 331 e 340 c.p., citata tra le ragioni alla base delle ordinanze impugnate, in quanto richiamata in connessione con l’esercizio di un potere non previsto né desumibile dalla normativa;

c) profili di eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e del presupposto dell’ ordinanza n. 2 del 2010, in relazione alla parte della motivazione in cui si "sottende" la richiesta di proroga da parte dell’aggiudicatario, in fatto insussistente né spettante al detto aggiudicatario, dell’ ordinanza n. 4 del 2010, poiché vi si asserisce che vi sarebbe stato il consenso da parte della Società alla proroga del servizio per quindici giorni, richiesta invece dall’aggiudicatario e giudicata congrua dalla Società al solo fine della conclusione delle trattative in corso, ferma comunque l’azione in sede giurisdizionale; delle ordinanze n. 6 e 7 del 2010 (poiché in alcun modo idonee, al contrario di quanto asserito dall’Autorità, a provare l’accettazione delle proroghe oltre il ridotto periodo di dieci giorni di cui all’ ordinanza n. 6).

7. Il Collegio non ritiene fondati tali motivi, poiché più sopra è stata riscontrata la legittimità delle ordinanze impugnate, in quanto adottate in applicazione della normativa di cui alla lettera a) del comma 1 dell’art. 6 della legge n. 84 del 1994 nel quadro dei presupposti specifici del caso di specie, e, ciò richiamato, è stata verificata l’insussistenza di contrasto con gli articoli 23 e 41 della Costituzione.

Sulla base di una motivazione adeguata alle circostanze venutesi a verificare, l’Autorità correttamente ha confermato la prosecuzione del servizio alle tariffe vigenti, mancando un diverso parametro cui richiamarsi, salva una nuova trattativa con la Società, che comunque allo stato risultava incompatibile con l’urgenza del provvedere nella situazione data, non sussistendo perciò neppure gli ulteriori vizi di incostituzionalità della legislazione applicata, per contrasto con gli articoli 53 e 97 della Costituzione.

Inoltre, non risulta pertinente la censura rivolta allo specifico richiamo degli articoli 331 e 340 c.p. quale vizio di legittimità delle ordinanze, sorreggendosi i provvedimenti sulla legittima applicazione della legge n. 84 del 1994, così come non rileva, per la stessa ragione, la disamina di singoli punti delle motivazioni delle diverse ordinanze per inficiarne la legittimità, fermo comunque quanto osservato riguardo al consenso della Società nel precedente punto 5.1.

7. Per le ragioni che precedono l’appello è fondato e deve perciò essere accolto.

In riforma della sentenza gravata, il ricorso di primo grado va respinto nella parte rivolta contro gli atti impugnati, il che comporta la reiezione anche della domanda risarcitoria, poiché risultano insussistenti gli elementi costitutivi del lamentato illecito dell’amministrazione e, in particolare, l’avvenuta emanazione di atti illegittimi e la sua rimproverabilità.

Le spese dei due gradi del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza, e sono liquidate nel dispositivo (con caducazione della opposta statuizione disposta in primo grado).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello in epigrafe, n. 1533 del 2011, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso e i motivi aggiunti proposti in primo grado, anche per quanto riguarda la formulata domanda di risarcimento del danno.

Condanna la S.r.l. F. in liquidazione, appellata, al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio a favore dell’Autorità portuale di Genova, appellante, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre gli accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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