Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-04-2012, n. 5778 Liquidazione, riliquidazione e perequazione della pensione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.A., premesso di essere titolare di pensione di reversibilità con decorrenza da agosto 1995, chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Roma il riconoscimento del suo diritto, nei confronti dell’Inps, alla perequazione di detta pensione dal primo gennaio 1996, malgrado la norma limitativa di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 41.

Su appello dell’Inps la statuizione veniva confermata dalla locale Corte d’appello. Rilevavano i Giudici di merito che la pensione del C. era riconducibile alle pensioni liquidate antecedentemente alla L. n. 335 del 1995 e che la disposizione invocata dall’Inps ossia il citato comma 41 della L. n. 335 del 1995, non gli precludeva il diritto alla perequazione. Detta norma infatti faceva salvi i trattamenti più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della legge, "con riassorbimento sui futuri miglioramenti".

Affermava la Corte territoriale che, nella espressione "miglioramenti", non poteva rientrare la perequazione automatica, la quale è disciplinata dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 11, comma 1, che parla di adeguamento al costo della vita e fa riferimento agli "aumenti" e non già ai "miglioramenti".

Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con un motivo.

Resiste il pensionato con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo l’Inps, denunziando violazione della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 41 e del D.Lgs. n. 503 del 1992, sostiene che la perequazione automatica sulla pensione di reversibilità non spetta alla controparte perchè rientra tra i miglioramenti riassorbibili.

Il ricorso non merita accoglimento.

Con la L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 41, si è introdotta per la prima volta nell’ordinamento la limitazione al cumulo tra pensione ai superstiti e redditi del beneficiario di qualunque specie, secondo i valori di cui alla tabella f) allegata alla legge.

Il parziale divieto di cumulo era stato già introdotto per le pensioni di vecchiaia dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 10, comma 1, mentre è noto che per le pensioni di anzianità vi era fin dall’inizio, il divieto totale di cumulo con i redditi da lavoro dipendente (L. n. 153 del 1969, art. 22, comma 7 e D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 10, comma 6).

Con la L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 41, si è quindi introdotto, per le pensioni ai superstiti, un trattamento deteriore rispetto al regime precedente di piena cumulabilità e, come sovente si prevede in questi casi, sono state fatte salve le pensioni liquidate prima dell’entrata in vigore della legge. Si è infatti disposto all’ultimo periodo del citato comma 41 che "Sono fatti salvi i trattamenti previdenziali più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge, con riassorbimento sui futuri miglioramenti".

In forza di detta disposizione l’Inps ha "bloccato" la perequazione automatica della pensione di reversibilità, sostenendo che questa rientri tra i "miglioramenti" riassorbibili.

La tesi dell’Istituto è erronea perchè il termine "miglioramenti" non può essere confuso con quello di "aumenti" per perequazione automatica.

La perequazione infatti non è definibile come "aumento" del trattamento pensionistico, perchè la normativa qualifica appunto la perequazione come "aumento" e non come "miglioramento".

I miglioramenti invero, come non ha mancato di rilevare la sentenza impugnata, si riferiscono agli incrementi effettivi del trattamento pensionistico, non ai meri recuperi di adeguamento all’aumentato costo della vita.

Dal punto di vista definitorio invero, la perequazione automatica è stata sempre qualificata come "aumento" e non come "miglioramento".

Si consideri infatti il tenore della L. 28 febbraio 1986, n. 41, laddove all’art. 24 si dispone in tema di "Aumenti derivanti dalla perequazione economica per le pensioni".

In modo analogo si esprime il D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 11, che reca nell’epigrafe "Perequazione automatica delle pensioni" e dispone al primo comma che "1. Gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed assistenziali si applicano, con decorrenza dal 1994, sulla base del solo adeguamento al costo vita con cadenza annuale ed effetto dal primo novembre di ogni anno".

E’ vero poi che il comma 2, dell’art. 11 ("Ulteriori aumenti possono essere stabiliti con legge finanziaria in relazione all’andamento dell’economia e tenuto conto degli obiettivi rispetto al PIL….") ove si prevede la possibilità di incrementi ulteriori e superiori alle variazioni Istat, si fa riferimento agli "aumenti" ma qui è evidente che il termine è stato utilizzato nel suo significato generico di erogazione di una somma maggiore rispetto al passato.

Il ricorso va quindi rigettato. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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