Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-04-2012, n. 5777 CE Formazione professionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Torino con sentenza del 2.2.2010 accertava la tardività dell’atto di citazione in riassunzione notificato da parte di M.B.F. ed altri ricorrenti al Ministero dell’Economia e delle Finanze, al Ministero della Salute, al Ministero dell’Università e della ricerca ed all’Università degli studi di Milano il 16.6.2009 e depositato in Cancelleria il 2.7.2009 e conseguentemente dichiarava l’estinzione del giudizio (concernente la rideterminazione delle erogazioni economiche dovute ai ricorrenti medici – specializzandi a titolo di remunerazione per la frequenza della formazione specialistica). La Corte territoriale rilevava che la sentenza della Corte di Cassazione Sezione lavoro di annullamento con rinvio alla Corte di appello di Torino era stata depositata il 17.6.2008 e che il ricorso in riassunzione era stata depositato nella Cancelleria della Corte di appello solo il 2,7.2009 pur essendo stato il ricorso notificato il 16.6.2009 (erroneamente nelle forme del giudizio ordinario). Si osservava che la controversia era indubitabilmente "di lavoro"; che la tassazione a Sezioni Unite, nel dichiarare la giurisdizione dell’AGO con la sentenza n. 24666/2007, aveva stabilito che la causa proseguisse avanti la Sezione lavoro della cassazione per il merito; che tale Sezione con la sentenza n. 16385/2008 aveva cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Torino, da intendersi nel rispetto del rito del lavoro.

Erroneamente era stato seguito il rito ordinario, nonostante le due pronunce della Corte di cassazione e la natura della controversia;

l’atto poteva considerarsi tempestivo solo se fosse avvenuto il previsto deposito entro l’anno dal deposito della sentenza di annullamento in Cancelleria (a nulla rilevando la preesistente notifica alle parti), il che non era avvenuto.

Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso il M. B.F. e gli altri ricorrenti con 6 motivi; resistono con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Istruzione, Università e ricerca e l’Università degli studi di Milano.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 392, 303, 409, 439, 426 e 394 c.p.c., nonchè il difetto assoluto di motivazione e l’omessa e contraddittoria motivazione. La notifica era tempestiva alla luce del principio di ultrattività del rito, per cui – posto che in primo grado la causa era stata trattata con rito ordinario – occorreva seguire tale rito anche per l’appello e per l’atto di riassunzione del giudizio di appello dopo la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, un mutamento di rito non era stato disposto nè in primo nè in secondo grado.

Con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 439, 426, 392, 393, 409, 304 c.p.c., il difetto assoluto di motivazione e l’omessa ed insufficiente motivazione. Era stato osservato il rito seguito nel giudizio di primo e secondo grado che non era stato mai mutato prima del 7.6.2009 in virtù del provvedimento del Presidente della Corte di appello di Torino. L’atto di riassunzione era rituale e tempestivo.

I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente essendo tra loro connessi ed appaiono infondati.

Come già rilevato nella sentenza impugnata la controversia sin dall’inizio andava inquadrata come "di lavoro" avendo le parti oggi ricorrenti chiesto la rideterminazione delle erogazioni economiche dovute a titolo di remunerazione per la frequenza della formazione specialistica; nel caso in esame alle parte convenute non era stato richiesto, come in altre controversie concernenti la medesima questione relativa al trattamento economico dei medici specializzandi, il risarcimento del danno derivante dalla non conformazione del diritto interno alle indicazioni del diritto sovranazionale, ma – come detto – una "rideterminazione delle erogazioni economiche a titolo di remunerazione". La Corte di cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 24666/2007, nel dichiarare la competenza dell’AGO a pag. 14 della sentenza, specificava che "si tratta di diritto soggettivo che, oltre a non essere inciso dall’esercizio di un potere discrezionale della p.a., non si ricollega ad un rapporto di concessione di pubblico servizio ed ha, comunque, ad oggetto un corrispettivo, per cui la controversia non può ritenersi devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5", usando appunto il termine " corrispettivo" e quindi individuando nella Sezione lavoro della stessa Corte la Sezione deputata a decidere nel merito la controversia stessa. Tale Sezione con sentenza n. 16385/2008 rilevava che "nella sua decisione la Corte di appello di Milano ha esattamente ritenuto che alle remunerazioni degli specializzandi non era dovuto l’incremento del tasso programmato di inflazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, ex art. 6 per effetto del "blocco" 1992/2002 di cui al D.L. n. 384 del 1992 cit., art. 7, comma 5 (e successiva normativa "di conferma") d’altronde neppure richiesto dagli originari ricorrenti; mentre erroneamente non ha considerato che per l’altra componente di incrementi delle remunerazioni dipendenti degli accordi sindacali per il personale medico del servizio sanitario nazionale il "blocco" di detti accordi valeva anch’esso – sia pure limitatamente al 31 dicembre 1993, per cui "i nuovi accordi avranno effetto del 1 gennaio 1994 (così art. 7 cit., ex comma 1), sicchè, a differenza dell’altra componente, il "blocco" non si estendeva agli incrementi contrattuali-sindacali successivi al 31 dicembre 1993 (valendo, vale ribadirlo, limitatamente al periodo 1992/1993)". Nella qualificazione della controversia la Corte di cassazione ha, quindi, ribadito che si verteva in ordine alla "remunerazione" dei medici specializzandi ed ha fatto riferimento alla contrattazione collettiva di settore. Pertanto l’annullamento disposto con rinvio alla Corte di appello di Torino non poteva che essere alla Sezione lavoro di tale Corte e il ricorso in riassunzione doveva essere eseguito con il rito del lavoro, avendo già la stessa Corte di cassazione con la prima sentenza affermato che si trattava di causa di lavoro ed essendo stata poi, nel merito, la questione decisa proprio dalla Sezione lavoro, in coerenza con la formulazione originaria della domanda, così come interpretata anche dal Giudice di legittimità. Nel seguire il rito ordinario per il giudizio di riassunzione i ricorrenti hanno così violato quanto disposto nella sentenza di annullamento essendo del tutto chiaro che già con il rinvio alla Sezione lavoro della Suprema Corte per decidere il merito della controversia la causa era stata chiaramente rubricata come causa di lavoro e che quindi il rito pertinente era quello concernente le dette controversie. Conseguentemente il ricorso in riassunzione appare tardivo, nè appare leso in alcun modo il principio del legittimo affidamento delle parti in quanto dalle decisioni della Suprema Corte, interpretate unitariamente, emergeva con chiarezza ed univocità che la controversia andasse riassunta con il rito del lavoro.

Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 742 del 1969, artt. 1 e 3, artt. 409, 392, 393, 439, 426, 394 c.p.c., nonchè il difetto assoluto di motivazione e l’omessa ed insufficiente motivazione. Si deduce che comunque era applicabile la sospensione dei termini, poichè la controversia era comunque stata decisa con rito ordinario.

Il motivo è infondato alla luce delle argomentazioni già svolte; il rinvio disposto dalla Corte di cassazione Sezione lavoro, in base agli elementi già descritti, doveva intendersi come alla Corte di appello di Torino sezione lavoro con l’osservanza del relativo rito e pertanto non operava nessun termine di sospensione.

Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 376, 392, 393, 439, 426, 409 c.p.c., nonchè il difetto assoluto di motivazione e l’omessa ed insufficiente motivazione.

L’assegnazione delle Sezioni Unite della Corte di cassazione alla Sezione lavoro appare irrilevante il quanto il rito non era stato mutato e la Corte sul punto non si era pronunciata.

Il motivo è infondato per quanto già detto supra in relazione ai primi due motivi di ricorso. Nelle due decisioni della Corte di cassazione la controversia era stata univocamente qualificata come una controversia di lavoro in relazione ad una interpretazione nel merito della domanda; il rinvio per la decisione nel merito alla Sezione lavoro da parte delle Sezioni Unite pertanto appare frutto di tale qualificazione; conseguentemente il rinvio non poteva che essere al Giudice del lavoro stante tale interpretazione della controversia che vincolava le parti ad adottare il rito idoneo per la riassunzione.

Con il quinto motivo si allega la violazione degli artt. 383, 384, 392, 303, 112 c.p.c., nonchè il difetto assoluto di motivazione e l’omessa ed insufficiente motivazione. Si deduce che la Corte di appello avrebbe dovuto giudicare nel merito secondo i principi affermati dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio. Con l’ultimo motivo si allega la violazione dell’art. 11 cos. e dell’art. 384 c.p.c., comma 2: spettavano le somme richieste con l’atto di riassunzione.

I due motivi vanno considerati inammissibili perchè riguardano il merito della controversia. Appare corretta per quanto già evidenziato la sentenza di dichiarazione di estinzione del processo per tardività dell’atto di riassunzione.

Va quindi rigettato il ricorso. Stante la complessità della questione esaminata che investe anche l’interpretazione di una decisione di questa Corte, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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