Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-04-2012, n. 5776 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 6 agosto 2009, la Corte d’Appello di Campobasso respingeva il gravame svolto dalla Pringraf s.r.l. contro la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da M.M. M. per il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato intercorso con la Pringraf s.n.c., ora Pringraf s.r.l., con condanna al pagamento delle differenze retributive.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

M.M.M. instava per il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato intercorso con la Pringraf s.n.c. dall’aprile 1994 al 19.6.2003, con mansioni di grafica, inquadrata nel livello 5 bis del C.C.N.L. di categoria, per nove ore giornaliere, assunta formalmente solo dal marzo 1995 al febbraio 1997 e dal gennaio 2002 al maggio 2003, con contratto part-time, ricevendo nei periodi di formale assunzione gli importi indicati in busta paga e nei restanti periodi la somma di Euro 310,00;

– la società deduceva che, al di fuori dei periodi di regolare assunzione con contratto part-time, la M. aveva sporadicamente frequentato i locali della società, offrendo la propria collaborazione;

il primo giudice accertava la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato.

3. A sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva quanto segue:

– dal testimoniale acquisito alla causa era emerso che la ricorrente, già prima dell’assunzione formale del marzo 1995, era quotidianamente presente nei locali della società ove svolgeva attività di vario contenuto (trattava con clienti, riceveva ordini delle stampe, consegnava lavori, riceveva pagamenti, rilasciava fattura,e seguiva operazioni bancarie); rispondeva al telefono e seguiva pratiche amministrative; eseguiva operazioni bancarie di mattina e pomeriggio, preparava al computer pellicole che poi venivano stampate; lavorava mattina e pomeriggio;

– erano emersi, pertanto, numerosi indici della subordinazione, quali l’inserimento nell’organizzazione aziendale, l’assenza del rischio d’impresa, l’utilizzo di materiale e attrezzature del datore di lavoro, continuità e sistematicità della prestazione, osservanza di un orario fisso, la retribuzione fissa e predetcrminata e svincolata dai risultati;

– il legame affettivo tra la lavoratrice ed uno dei soci non sostituiva la causa tipica del rapporto a prestazioni corrispettive;

la retribuzione, sia pur parziale, costituiva indice del vincolo di corrispettività;

– le differenze retributive andavano calcolate in base all’inquadramento corrispondente al livello 5 bis del C.C.N.L. di categoria, comprensivo dell’impiegato d’ordine che svolge all’interno dell’impresa artigiana operazioni esecutive di tipo amministrativo, per essere risultato provato lo svolgimento di mansioni anche amministrative e di grafica al computer;

– la correttezza dell’inquadramento si desumeva, peraltro, dall’inquadramento, in tali termini, della prima regolare assunzione della lavoratrice, successivamente inquadrata, in sede di seconda assunzione, nel superiore 4 livello, e risultava altresì confermato dal testimoniale acquisito alla causa senza operare distinzioni tra le mansioni svolte dall’inizio alla fine del rapporto.

4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la Pringraf s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

L’intimata ha resistito con controricorso, illustrato con memoria, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso ex art. 360 bis c.p.c..

Motivi della decisione

5. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5), si duole che la corte non abbia verificato se la lavoratrice fosse stata assoggettata al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, essendosi limitata a dare rilievo esclusivo a criteri sussidiali per l’accertamento della subordinazione; censura, altresì, la valutazione delle risultanze istruttorie in primo grado, in particolare le deposizioni testimoniali.

6. Con analoghe censure, con il secondo motivo la ricorrente si duole del riconoscimento del rapporto di lavoro full-time anche per i periodi in cui la lavoratrice era legata alla società da un rapporto di lavoro part-time, assumendo che la lavoratrice avrebbe dovuto provare lo svolgimento della prestazione oltre i limiti contrattuali concordati part-time (20 ore settimanali) per 40 ore settimanali, dal 1994 al 2003. 7. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censura la sentenza per aver riconosciuto la qualifica di grafica benchè dalle risultanze istruttorie non fosse emerso lo svolgimento del lavoro di grafica.

8. I motivi, esaminati congiuntamente per la loro connessione logica, sono infondati.

9. Giova premettere che la giurisprudenza della Corte, sulla premessa che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che di lavoro autonomo, afferma che l’elemento tipico che contraddistingue il primo dei suddetti tipi di rapporto è costituito dalla subordinazione, intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore, con assoggettamento del prestatore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, ed al conseguente inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale con prestazione delle sole energie lavorative corrispondenti all’attività di impresa (tra le numerose decisioni, Cass. 3 aprile 2000, n. 4036; Cass. 9 gennaio 2001, n. 224; Cass. 29 novembre 2002, n. 16697; Cass. 1 marzo 2001, n. 2970).

10. Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, l’esistenza del vincolo della subordinazione va concretamente apprezzata dal giudice di merito con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che, in sede di legittimità, è censurabile soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto – come tale incensurabile in tale sede se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici – la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice di merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (cfr., ex plurimis, Cass., n. 4036/2000).

11. Costituisce al contempo consolidato orientamento di questa Corte l’affermazione che, quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiali (come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale), che, seppur privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione (cfr., Cass., SU, n. 379/1999; Cass., nn. 9256/2009 9808/2011).

12. Ed ancora, la giurisprudenza di questa Corte ammette che sulla base della continua prestazione di un orario di lavoro pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno, un rapporto di lavoro nato come a tempo parziale possa trasformarsi in un rapporto di lavoro a tempo pieno, nonostante la difforme, iniziale, manifestazione di volontà delle parti, non occorrendo alcun requisito formale per la trasformazione del rapporto a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno (cfr., ex multis, Cass. 15774/2011), una volta che sia stata dimostrata la costante effettuazione di un orario di lavoro prossimo a quello stabilito per il lavoro a tempo pieno.

13. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, prendendo in considerazione le emergenze istruttorie costituenti indici rilevatori della dedotta subordinazione in tutto l’arco temporale indicato dalla lavoratrice (dal 1994 al 2003), e non nei soli periodi di formale assunzione (dal marzo 1995 al febbraio 1997 e dal gennaio 2002 al maggio 2003), con effettuazione di un orario di lavoro a tempo pieno (inserimento nell’organizzazione aziendale, assenza di rischio d’impresa, utilizzo di materiale ed attrezzature del datore di lavoro, continuità e sistematicità della prestazione, osservanza di un orario di lavoro fisso, retribuzione fissa e predeterminata, come da busta paga nei periodi di assunzione, ed Euro 310,00 al mese negli altri periodi, svincolata dai risultati), attraverso una loro valutazione complessiva e non atomistica e giungendo per tale via, con motivazione priva di elementi di contraddittorietà, all’accertamento del rapporto lavorativo di che trattasi a tempo pieno.

14. Per quanto poi attiene ai plurimi specifici profili di doglianza inerenti al preteso vizio della motivazione, deve riconoscersi che le censure svolte dalla ricorrente si appalesano del tutto inidonee al fine dell’identificazione del vizio denunciato, poichè, lungi dal porre in luce punti decisivi, in ordine ai quali sarebbe stata omessa, o insufficiente, o contraddittoria, la motivazione, si sostanziano in un autonomo ordine soggettivo di considerazioni ed apprezzamenti sulla valutazione delle risultanze istruttorie (considerate nella loro singolarità piuttosto che nell’ambito di un esame complessivo), inammissibilmente contrapposto all’iter logico seguito dal giudice a quo per pervenire al suo convincimento, esposto esaurientemente e con proposizioni internamente e reciprocamente coerenti.

15. In particolare correttamente la Corte territoriale ha rimarcato l’irrilevanza del legame affettivo intrattenuto dalla lavoratrice con uno dei soci, non esprimendo tale circostanza, nella vicenda che ne occupa, alcuna valenza nel senso del vincolo di solidarietà ed affettività tra le parti, in considerazione, a fortiori, della natura societaria del datore di lavoro.

16. Anche l’apprezzamento compiuto dalla Corte territoriale con riferimento alla corrispondenza delle mansioni svolte al livello contrattuale e al corrispondente trattamento retributivo (livello 5 bis c.c.n.l. di settore) si appalesa immune da censure e da vizi logici, essendo risultato suffragato dal testimoniale acquisito alla causa in ordine alle indistinte mansioni (amministrative e di grafica al computer) espletate nell’intero arco temporale e vieppiù dal dato contrattuale, rivelatore della correttezza dell’inquadramento, alla stregua del quale il datore di lavoro, in sede di prima regolare assunzione (dal 1995 al 1997), aveva inquadrato la lavoratrice come impiegata di 5 livello, riconoscendo, in sede di seconda assunzione (dal 2002 al 2003), il superiore 4 livello.

17. In definitiva, il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento delle spese, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *