Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-10-2011) 25-10-2011, n. 38643

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.F. e P.G. ricorrono per cassazione a mezzo dei comuni difensori contro la sentenza in data 26/10/2010, con la quale la Corte di Appello di Brescia aveva confermato la sentenza di condanna emessa nei loro confronti dal Tribunale di Bergamo in ordine al reato di cui all’art. 110 c.p., art. 388 c.p., comma 2 – per avere in concorso tra loro nelle rispettive qualità di amministratore unico della società Quarenghi s.r.l. e Presidente del C.d.A. della Edil Piazzatorre s.r.l., proseguendo l’opera edilìzia in atto nella via Paglia del Comune di Bergamo, eluso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Bergamo in data 23/2/06 e notificata il 24/2/06, con la quale si ordinava la sospensione dei lavori.

Nell’unico motivo a sostegno della richiesta di annullamento dell’impugnata decisione, ribadito nella memoria difensiva ex art. 121 c.p.p., i ricorrenti denunciano l’erronea applicazione della norma incriminatrice ex art. 388 c.p., comma 2 in riferimento all’elemento soggettivo del reato, e censurano l’errore in cui era incorso il giudice del gravame nell’omettere di dare la dovuta rilevanza alla circostanza che la notifica dell’ordinanza era avvenuta a mani dei collaboratori degli imputati, i quali solo nella successiva data del 27/2/06 erano stati informati, come avevano dichiarato i testi a discarico, e come il giudice di primo grado aveva dato atto nella sua sentenza, sicchè occorreva valutare con la necessaria ponderazione l’elemento soggettivo del reato, tenuto conto che l’art. 388, comma 2 esige il solo dolo generico. Inoltre non si era tenuto conto della circostanza che la prosecuzione dei lavori aveva avuto ad oggetto esclusivamente la messa in sicurezza delle opere già realizzate, proprio a garanzia della limitrofa proprietà, che la corte di merito aveva inopportunamente ritenuta una giustificazione postuma inidonea a scriminare la condotta illecita.

I ricorsi sono fondati.

Ed invero è ampiamente censurabile la motivazione della sentenza impugnata, che nella sua stringatezza, si limita ad esaminare l’ipotesi delittuosa, sottoposta al suo esame solo sotto il profilo oggettivo della condotta criminosa, senza soffermarsi su quello soggettivo, ad onta della specifica doglianza, formulata nei motivi di gravame, che contestavano la mancata conoscenza da parte dei destinatari dell’ordinanza sospensiva emessa dal Tribunale in sede civile. La difesa di entrambi gli imputati aveva evidenziato che costoro nella loro qualità di legali rappresentanti delle società incriminate, erano stati informati telefonicamente della notifica del provvedimento cautelare in epoca successiva alla notifica di esso e avevano richiamato le testimonianze di M.G. e T. O., che avevano deposto in tali sensi, e di cui la stessa sentenza di primo grado aveva dato atto.

La Corte territoriale si è limitata ad osservare che l’ordinanza cautelare è efficace dal momento della notifica, indipendentemente da quando l’impiegato ricevente l’abbia comunicata al responsabile dell’impresa destinataria dell’atto, ma non indica da quale fonte normativa o giurisprudenziale deduce tale conclusione, e soprattutto non risponde alla specifica censura mossa sul punto da entrambi gli appellanti, omettendo di considerare che il reato de quo, pur non esigendo la dimostrazione del dolo specifico, richiede quanto meno che risulti provata la volontà cosciente di elidere e di vanificare le finalità, per le quali era stato emesso il provvedimento cautelare (Cass.Sez. 6, 13/12/88-2/3/89 n.3354 Rv. 180687).

E non è tutto; quando passano ad esaminare la giustificazione resa dagli imputati, i giudici del gravame sostengono che le fotografie in atti non evidenziavano la necessità di porre in essere lavori urgenti a tutela della sicurezza dell’opera in costruzione. Ma tale passaggio argomentativo non può non considerarsi contrario alla logica e alle regole dell’esperienza, perchè non spiega come dal mero esame di alcune istantanee si possa valutare la qualità, la consistenza dei lavori in atto, e nel contempo non prende in seria considerazione le dichiarazioni rese dal tecnico dell’impresa a giustificazione di tali lavori.

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio ad altra Sezione della medesima Corte di Appello di Brescia, che nel demandato nuovo esame provveda ad eliminare le carenze e le incongruenze segnalate, attenendosi al principio e alle direttive summenzionate.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Brescia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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