Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-04-2012, n. 5774 Divieto di intermediazione e di interposizione nelle assunzioni di lavoratori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 9 settembre 2007, la Corte d’Appello di Brescia respingeva il gravame svolto dalla Nova Sigma s.r.l. (in sentenza Nuova Sigma s.r.l.) contro la sentenza di primo grado che aveva respinto l’opposizione avverso la cartella esattoriale avente ad oggetto contributi previdenziali e accessori relativi a rapporti di lavoro inerenti all’esecuzione di un appalto, commissionato alla Fomi s.r.l., per il quale l’INPS aveva ravvisato la violazione della L. 1369 del 1960, art. 1. 2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– i contratti di appalto, acquisiti in giudizio e stipulati tra la Fomi s.r.l. e la società Nova Sigma s.r.l., avevano per oggetto lavorazioni (di carpenteria meccanica e, in particolare, montaggio e saldatura di travi, telai, piastre, ecc.) inerenti al ciclo produttivo dell’appaltante, e ai predetti contratti risultavano allegati i contratti di comodato precario degli accessori (una porzione del capannone dell’appaltante, inclusa mensa e spogliatoi, varie macchine e attrezzature necessarie per l’esecuzione delle opere commissionate di volta in volta;

– l’ulteriore produzione documentale, quali fatture di acquisito di attrezzature da parte della Fomi e relative alle spese per il pranzo dei dipendenti, non dimostravano l’impiego di capitali proporzionato all’attività d’impresa, nè il rischio d’impresa poteva esser desunto dal fatto che i pagamenti avvenissero in base al materiale lavorato;

– sussistevano, in definitiva, sulla scorta dei predetti contratti di appalto e del numero di operai occupati dall’una e dall’altra società, sufficienti elementi per integrare la presunzione di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 1. 3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la Nova Sigma s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.. L’INPS ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

4. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente, denunciando violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, censura la sentenza della corte territoriale per aver fondato la decisione sui dati emergenti dai contratti di appalto e il numero di operai dell’una e dell’altra società, non compiendo una verifica rigorosa della sussistenza degli indici rivelatori della fattispecie. Il motivo si conclude con la formulazione del quesito di diritto con il quale si chiede alla Corte di dire se i dati risultanti da un contratto di appalto ed il numero di operai occupati dalla committente e dall’appaltatrice possano essere considerati clementi sufficienti ad integrare gli estremi della fattispecie vietata dalla L. n. 1369 del 1960m, art. 1. 5. Il motivo non è ammissibile per il duplice profilo dell’inidoneità del quesito formulato a corredo della censura e per la prospettazione non già di una questione di diritto della quale è lamentata l’erroneità della soluzione, sibbene di una doglianza, prospettata per il profilo della violazione di legge, relativa invece all’accertamento di merito compiuto dalla Corte territoriale per pervenire alla statuizione impugnata.

6. Quanto al quesito di diritto, ex art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, trattandosi di impugnazione avverso una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, data dalla quale si applicano le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e in vigore fino al 4 luglio 2009 ( L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d e art. 58, comma 5; ex multis, Cass. 7119/2010;

Cass. 20323/2010), questa Corte ha costantemente riaffermato che il quesito di diritto deve consistere in una chiara sintesi logico- giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali da far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata (ex multis, Cass. 8463/2009).

7. Il quesito deve, in definitiva, investire la ratio decidendi della sentenza impugnata, proponendone una alternativa e di segno opposto (ex multis, Cass. 4044/2009).

8. Nella specie, il quesito formulato a corredo del ricorso non si conforma ai principi sopra esposti giacchè, come già detto, non investe la ratio decidendi ma l’accertamento in fatto compiuto dalla corte territoriale.

9. Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censura la sentenza della corte territoriale per non aver proseguito la prova testimoniale sul presupposto di aver raccolto elementi sufficienti ed aver, invece, ritenuto non raggiunta la prova in ordine all’utilizzo delle attrezzature e all’assunzione del rischio di impresa. Il motivo si conclude con la formulazione del momento di sintesi.

10. Il motivo non e meritevole di accoglimento.

11. Osserva il Collegio che le critiche mosse dalla ricorrente alla decisione del primo Giudice, condivisa in sede di gravame, di non dare ulteriore corso alla prova testimoniale non possono essere valutate dalla Corte in applicazione del principio di diritto, assorbente ogni altra questione, secondo il quale, quando sia denunciato, con il ricorso per Cassazione, un vizio di motivazione della sentenza sotto il profilo della mancata ammissione di un mezzo istruttorio, il ricorrente ha l’onere, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, di indicare specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova, la loro rilevanza, i soggetti chiamati a rispondere e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare, onde consentire al giudice di legittimità il controllo sulla decisività della prova testimoniale non ammessa sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (ex multis, Cass. nn. 9748/2010, 5479/2006, 19138/2004, 9290/2004).

12. Tali indicazioni, nella fattispecie, non sono state fornite dalla ricorrente limitatasi, con censura laconica ed estremamente sintetica, a richiamare la mancata prosecuzione della prova orale da parte del giudice di prime cure, con decisione condivisa dai giudice del gravame.

13. In definitiva, il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 70,00 per esborsi, oltre Euro 4.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *