Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-11-2011, n. 6167

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Capitano M. D. A., iscritto al Corpo militare della Croce Rossa Italiana (in prosieguo CRI) quale vincitore di concorso ed immesso in servizio continuativo nell’anno 1993, con il ricorso n. 6738 del 2004 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha chiesto:

– l’annullamento della nota della CRI – Corpo Militare IX Centro di Mobilitazione, prot. n. 1522.04/IX dell’8.4.2004, con cui gli è stato comunicato di non essere stato prescelto per l’avanzamento al grado superiore per il quadro di avanzamento dell’anno 1998, con deliberazione definitiva del Ministero della Difesa del 26 novembre 2003; dell’allegata nota della CRI – Ispettorato Nazionale del Corpo Militare – prot. n. 00422.04/PERS/AU del 20 gennaio 2004, in cui è rilevato che la deliberazione è stata adottata perché dai rapporti informativi non risultavano elementi tali da far desumere il possesso in modo spiccato dei requisiti richiesti per l’avanzamento al grado superiore; di detta deliberazione definitiva; degli atti presupposti, connessi e consequenziali;

– il riconoscimento del diritto ad essere promosso, per anzianità ed in subordine a scelta, al grado di Maggiore Commissario C.R.I. nel quadro di avanzamento per il 1998, perché in possesso di tutti i requisiti richiesti ex lege.

2. Il TAR, con la sentenza n. 13493 del 2009, ha respinto il ricorso, disponendo la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado e, per l’effetto, dei provvedimenti impugnati, o, se ciò non fosse ritenuto, la rimessione degli atti del giudizio alla Corte Costituzionale, per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 75, comma 3, del regio decreto n. 484 del 1936, per violazione degli articoli 3, 97 e 98 della Costituzione, nella parte in cui non ricomprende ed ammette anche i Capitani commissari della CRI all’avanzamento al grado superiore.

4. All’udienza del 28 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Con la sentenza gravata il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione terza quater, ha respinto il ricorso avverso gli atti con cui è stato negato al ricorrente il titolo ad essere posto in avanzamento al grado superiore di Maggiore commissario, nel Corpo militare della Croce rossa.

La sentenza ha ritenuto che:

– non sussiste l’asserita contraddittorietà della motivazione degli atti impugnati, poiché il possesso in modo spiccato dei requisiti per l’avanzamento al grado superiore è previsto dall’art. 83 del regio decreto n. 484 del 1936 ("Norme per disciplinare lo stato giuridico, il reclutamento, l’avanzamento ed il trattamento economico ed amministrativo del personale della Croce Rossa Italiana") e rileva, perciò, indipendentemente dalla valutazione positiva di altri elementi data nella medesima motivazione (nella specie sul livello culturale del ricorrente);

– la censura di genericità della motivazione, dedotta per non essere stato in essa specificato se i requisiti mancanti fossero quelli previsti dall’art. 72 o dall’art. 77 del regio decreto citato, è anch’essa infondata, poiché la mancanza dei requisiti risulta nella specie riferita ad entrambe le previsioni, relative al loro mancato possesso (art. 72) e alle modalità di rilevazione previste al riguardo (art. 77);

– la censura per cui sarebbe stata violata la Ordinanza Commissariale (in seguito "O.C.) n. 1075 del 1995 non deve essere valutata; la detta O.C. non è stata infatti ratificata dal Ministero della difesa e non può perciò prevalere sulla normativa generale di grado superiore applicata nella specie;

– sono infondate le censure di violazione di legge e di eccesso di potere per la asserita insufficienza e contraddittorietà dei provvedimenti impugnati a fronte dei rapporti informativi sul ricorrente, giudicato eccellente sette volte e superiore alla media soltanto quattro volte nei sette anni di valutazione; il vizio di eccesso di potere per incoerenza valutativa può sussistere infatti, si afferma nella sentenza, soltanto a fronte di precedenti di carriera costantemente eccellenti, senza cioè flessioni di rendimento, quali emergono nella specie con le valutazioni di "superiore alla media";

– né sussiste la lamentata difformità dei criteri di scelta a ragione della promozione al grado superiore di due ufficiali della CRI valutati "superiore alla media", poiché, da un lato, il raffronto per la inadeguatezza del punteggio assegnato non rileva rispetto ai giudizi formulati su altri pari grado ma rispetto al modello di militare il cui punteggio escludente risulti palesemente inadeguato a fronte di una carriera di eccezionale livello, e, dall’altro, il vizio di contraddittorietà può riscontrarsi fra atti del medesimo procedimento ma non fra quelli di procedimenti autonomi;

– non è violato l’art. 75, comma 3, del Regio decreto n. 484 del 1936, e successive modificazioni, relativo alla promozione per anzianità, non avendo il ricorrente il requisito, ivi prescritto, della permanenza di sette anni nel grado di Capitano medico, chimico o farmacista;

– le ulteriori censure dedotte, di violazione di legge ed eccesso di potere, risultano generiche e comunque infondate alla luce di quanto già valutato.

2. Nell’appello la sentenza di primo grado è censurata:

a) per non avere adeguatamente valutato i vizi del provvedimento impugnato:

– di contraddittorietà della motivazione, poiché in essa non è in alcun modo specificato in cosa consista l’asserita mancanza nel ricorrente del possesso in modo spiccato dei requisiti richiesti, a fronte dei giudizi favorevoli riportati negli anni di servizio, dei due elogi ottenuti, degli incarichi a lui affidati e della valutazione positiva del livello culturale del ricorrente data, per il pregio delle sue pubblicazioni, dalla Commissione centrale del personale militare, ferma restando la violazione della O.C. n. 1075 del 1995, la cui mancata ratifica è affermata in un "mero appunto internò dell’Avvocatura dello Stato e che, comunque, risulta applicata proprio nei rapporti informativi;

– di difetto di istruttoria e carenza di motivazione, risultanti chiaramente dalla inappropriata valutazione dei rapporti informativi (con il giudizio di "eccellente" per sette volte e di "superiore alla media" in quattro) e delle relazioni sul servizio reso, che testimoniano, invece, la qualità dell’impegno del ricorrente, essendo stata ritenuta inadeguata la motivazione anche in sede di verifica amministrativo – contabile dell’attività della CRI eseguita per conto del Ministero dell’economia e delle finanze;

– di disparità di trattamento, a fronte della promozione di due altri ufficiali del Corpo (nei quadri comparativi, rispettivamente, degli anni 1999 e 2000), che pure avevano riportato giudizi di "superiore alla media", sussistendo tale vizio, al contrario di quanto affermato dal primo giudice, se manchi l’uniformità dei criteri di giudizio necessaria per un effettiva valutazione comparativa fra i candidati;

b) per aver giudicato infondata la pretesa del ricorrente alla promozione per anzianità prevista dall’art. 75, comma 3, del regio decreto n. 484 del 1936, pur avendo egli maturato i sette anni nel grado previsti dalla disposizione e quindi con ciò il diritto soggettivo al conseguente avanzamento, stante il possesso di tutti i requisiti prescritti, richiedendosi, se ciò non sia condiviso, che sia sollevata la questione di legittimità costituzionale della disposizione citata, per contrasto con gli articoli 3, 97 e 98 della Costituzione nella parte in cui non prevede i Capitani commissari della CRI ai fini dell’avanzamento per anzianità;

c) per avere valutato, infine, generiche e infondate le ulteriori censure dedotte nonostante le contraddittorietà emerse nella vicenda in esame e l’ingiustificato mancato riscontro al riguardo da parte del Presidente Generale della CRI.

3. Le censure così sintetizzate sono infondate, non sussistendo, anzitutto, gli asseriti vizi dell’istruttoria e della motivazione ai sensi della normativa che disciplina il procedimento posto in essere dall’Amministrazione.

Negli articoli 72, 74 e 75 del regio decreto n. 484 del 1936, unica fonte sovraordinata di regolazione del procedimento da applicare al caso di specie ratione temporis, è infatti uniformemente ribadito che l’avanzamento a scelta è concesso soltanto agli ufficiali giudicati in possesso "in modo spiccato" di "tutti" i requisiti necessari per adempiere degnamente alle funzioni superiori, che tali requisiti sono desunti dagli stati di servizio, dalle note caratteristiche, dai rapporti informativi, dalle informazioni sulla condotta, competenza, cultura, dell’ufficiale (art. 77), che per l’avanzamento a scelta degli ufficiali superiori del commissariato è previsto anche il riscontro di pubblicazioni rilevanti per la dimostrazione della preparazione a ricoprire il grado superiore, e, infine, che il giudizio di "non prescelto" per l’avanzamento a scelta è motivato con la sola formula "perché l’ufficiale non possiede in modo spiccato tutti i requisiti richiesti dal regio decreto 10 febbraio 1936, n. 484".

In questo quadro normativo, la motivazione della impugnata nota della CRI – Ispettorato Nazionale del Corpo Militare – prot. n. 00422.04/PERS/AU del 20 gennaio 2004 (di cui la successiva nota dell’8 aprile reca la mera comunicazione) deve essere giudicata sufficiente, in quanto conclusa con la formula riassuntiva prescritta dal citato art. 83 del regio decreto n. 484 del 1936 (non specificamente contestato), sul mancato possesso "in modo spiccato" dei requisiti e basata sul richiesto esame dei rapporti informativi e sul giudizio sulle pubblicazioni prodotte, non essendovi elementi per desumere che l’esame della documentazione sia stato parziale, fermo comunque che è nei rapporti informativi periodici che in particolare si riassume l’andamento del servizio di ciascun ufficiale; né la motivazione risulta contraddittoria, ben potendosi valutare positivamente le pubblicazioni del candidato e, contestualmente, non giudicarlo in possesso in modo spiccato dell’insieme dei requisiti a fronte di giudizi non sempre di eccellenza, essendo le pubblicazioni uno degli elementi della valutazione complessiva, così come non può dirsi inadeguata per il solo fatto di una asserzione in tal senso sede di verifica amministrativo – contabile.

Al riguardo si rileva anche, sulla base degli atti del procedimento acquisiti in primo grado, la coerenza del detto giudizio finale con quelli espressi nelle fasi antecedenti del procedimento, da parte del Consigliere delegato al personale e dalla Commissione centrale del personale militare (con il solo voto contrario del Presidente), recanti il dispositivo di "non prescelto", non risultando perciò alcuna contraddittorietà anche interna allo svolgimento del procedimento, né, di conseguenza, difetto di istruttoria al fine della valutazione conclusiva.

Non possono neppure essere accolte le ulteriori censure di disparità di trattamento, dal momento che i procedimenti richiamati dal ricorrente a sostegno di tale tesi hanno riguardato ufficiali (il Maggiore Gian Galeazzo Monarca, il Tenente colonnello Antonio Baldacci e il Capitano Antonello Reali) in avanzamento per quadri annuali diversi da quello relativo al ricorrente e, in due casi, non per la promozione al grado di Maggiore, né quelle sulla non esaustività della nota del Presidente Generale della CRI (n. 6054 del 30 gennaio 2003), poiché il mancato avanzamento del ricorrente vi è motivato con il richiamo a tutti i giudizi resi al riguardo nel corso del pertinente procedimento, la cui adeguatezza è stata sopra rilevata.

Non può essere valutata positivamente infine, a ragione della sua genericità, la questione di legittimità costituzionale che è stata proposta, non essendo stati precisati specifici profili di contrasto dell’art. 75, comma 3, del regio decreto n. 484 del 1936 con i citati articoli 3, 97 e 98 della Costituzione al fine della dimostrazione della eventuale illegittimità costituzionale della disciplina diversa prevista a fronte dello svolgimento di funzioni differenti, come quelle dell’ufficiale di commissariato e degli ufficiali medico e chimico farmacista.

4. Per le ragioni che precedono l’appello è infondato e deve perciò essere respinto.

Le spese del secondo grado del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione sesta) respinge l’appello in epigrafe, n. 6558 del 2010.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado del giudizio a favore dell’Amministrazione appellata, che liquida in euro 500,00 (cinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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