Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-11-2011, n. 6164 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il signor C. I.:

– ha dapprima richiesto al Comune di Subiaco, ai sensi della legge n. 47 del 1985, il rilascio di una concessione edilizia in sanatoria per la costruzione di un edificio di civile abitazione realizzato nel 1976;

– successivamente, avendo ampliato l’originario fabbricato, ha inoltrato al medesimo Comune una istanza di condono ai sensi della legge n. 724 del 1994;

– con istanza del 29 aprile 2002, reiterata il 16 settembre 2005, ha chiesto il parere del neo istituito Ente del Parco Naturale regionale dei Monti Simbruini, necessario per il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 32 della legge n. 45 del 1987 e dell’art. 28 della legge regionale n. 29 del 1997, trovandosi l’immobile nell’area del Parco e perciò in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

Con nota in data 4 novembre 2005, a firma del tecnico consulente, l’Ente Parco ha espresso parere non favorevole, impugnato dall’interessato con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, non discusso avendo l’Ente espresso successivamente parere favorevole alla concessione in sanatoria con il provvedimento n. 16/S del 22 febbraio 2007.

Questo provvedimento è stato annullato dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Lazio con decreto del 17 gennaio 2008.

2. Il signor I. con il ricorso n. 2229 del 2008, proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha chiesto l’annullamento del detto decreto del Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio del Lazio del 17 gennaio 2008.

3. Il TAR, con la sentenza n. 5984 del 2009, ha respinto il ricorso, compensando tra le parti le spese del giudizio.

4. Con l’appello in epigrafe è chiesto, in riforma della sentenza del TAR, l’annullamento del provvedimento impugnato in primo grado, con istanza incidentale di sospensione dell’esecutività.

5. Alla camera di consiglio del 23 febbraio 2010 l’esame della domanda cautelare è stato abbinato alla trattazione della causa nel merito.

6. All’udienza del 5 aprile 2011, in cui la causa è stata trattenuta in decisione, la Sezione:

– ha ritenuto necessario, ai fini del decidere, ordinare al Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Lazio, di depositare presso la Segreteria della Sezione, nel termine di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione della decisione, o dalla sua notifica se anteriore, una relazione, corredata dai relativi documenti, in cui sia ricostruita con completezza la disciplina di tutela a cui è stata sottoposta l’area in cui ricade il fabbricato, con la precisazione dei provvedimenti succedutisi nel tempo al riguardo e, in particolare, con l’indicazione del provvedimento con il quale l’area, come indicato nelle premesse del decreto del Soprintendente impugnato in primo grado, è stata dichiarata "di notevole interesse ex lege 1497/1939 ai sensi del D.L.gs. n.° 42/04 del predetto Codice", allegando il detto provvedimento in copia conforme integrale;

– ha rinviato all’udienza del 28 ottobre 2011 per il prosieguo, restando riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese.

In data 14 luglio 2011 è pervenuta relazione dell’Amministrazione con documentazione allegata.

7. All’udienza del 28 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Con la sentenza gravata il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda quater, ha respinto il ricorso avverso il provvedimento della Soprintendenza competente recante l’annullamento del parere favorevole reso dell’Ente Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini sulla realizzazione di un fabbricato per civile abitazione nel Comune di Subiaco, in località Le Camere, costruito in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

La sentenza ha ritenuto che:

a) non è fondato il primo motivo di ricorso, sull’asserita inosservanza da parte della Soprintendenza del termine perentorio di sessanta giorni per l’adozione del provvedimento di sua competenza prescritto dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 ("Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137"; di seguito "Codice"); l’art. 159, comma 2, del Codice stabilisce, infatti, che il termine decorre dalla ricezione della documentazione completa sul caso in esame che, nella specie, risulta pervenuta il 28 novembre 2007, essendo perciò in termini il provvedimento impugnato poiché adottato il 17 gennaio 2008, dovendosi altresì considerare che tale provvedimento non ha natura di atto ricettizio;

b) ugualmente infondati sono il secondo e terzo motivo di ricorso, con cui si asserisce l’erroneità del provvedimento impugnato perché riferito a vincoli costituiti dopo l’edificazione, almeno parziale, dell’immobile; secondo la giurisprudenza consolidata infatti, risalente alla pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 20 del 1999, il parere dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico prescinde dalla data di sua imposizione, avendosi riguardo soltanto al momento della valutazione della domanda di sanatoria, ciò che vale per il caso di specie stante la sottoposizione a vincolo dell’area in cui ricade il manufatto all’atto della domanda in sanatoria;

c) non sussiste, infine, il dedotto eccesso di potere per disparità di trattamento rispetto a casi identici, non riscontrandosi ciò dalla documentazione prodotta al riguardo e dovendo essere considerato ciascun caso in relazione ai concreti e specifici dati di fatto e presupposti di diritto.

2. Nell’appello si deduce l’erroneità della sentenza impugnata per i motivi seguenti.

2.1. Al caso in esame non si applicherebbe la normativa generale di cui al comma 1 dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, ma il comma 3 del detto articolo, che è norma speciale relativa ai Parchi, in cui si prevede espressamente che del vincolo si deve tenere conto soltanto se il Parco è stato istituito prima dell’abuso.

In particolare si specifica che:

a) il comma 3 dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, introdotto dall’art. 2, comma 44, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dispone che è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo il rilascio della concessione edilizia o dell’autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su immobili soggetti alle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497 e al decreto legge 27 giugno 1985, n. 312 (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431) "nonché in relazione a vincoli imposti da leggi statali e regionali e dagli strumenti urbanistici, a tutela di interessi idrogeologici e delle falde idriche nonché dei parchi e delle aree protette nazionali e regionali qualora istituiti prima dell’abuso". Questa disposizione è stata abrogata dall’art. 32, comma 43, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326), per cui essa è rimasta in vigore dal 1996 al 2003, recando la citata legge di conversione del decreto legge, in aggiunta all’art. 32, il comma 43bis, per il quale "Le modifiche apportate con il presente articolo concernenti l’applicazione delle leggi 28 febbraio 1985, n. 47, e 23 dicembre 1994, n. 724, non si applicano alle domande già presentate ai sensi delle predette leggi";

b) la sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 20 del 1999, peraltro riferita al testo dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 anteriore alla modifica di cui al comma 44 dell’art. 2 della legge n. 662 del 1996, riguarda il primo comma del citato art. 32, in cui non sono disciplinate fattispecie specifiche di sanatoria per le quali con normativa speciale è considerato il vincolo sopravvenuto, come è per il quarto comma dello stesso articolo (nel testo all’epoca vigente) ovvero per il comma terzo, rilevante nel caso in esame, per cui soltanto se il vincolo è anteriore alla edificazione il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato al parere delle amministrazioni di tutela;

c) l’abrogazione con il decreto legge n. 269 del 2003 della normativa introdotta con la legge n. 662 del 1996 non si applica alle domande di sanatoria presentate durante la vigenza di questa, come è nella specie, in via generale per l’effetto ex nunc dell’abrogazione e, in particolare, per quanto previsto specificamente con il citato comma 43bis dell’art. 32 del decreto legge n. 269 del 2003.

2.2. La motivazione del provvedimento impugnato sarebbe carente, non essendo in alcun modo specificate le ragioni della asserita incompatibilità del manufatto con il contesto paesaggistico, ciò che è tanto più necessario se il provvedimento è adottato dopo molto tempo dalla presentazione della domanda e inoltre a fronte, come nella specie, di un parere dell’Ente Parco puntualmente motivato.

2.3. Ai sensi degli articoli 28, comma 1, e 13 delle leggi regionali, rispettivamente, n. 29 del 1997 e n. 394 del 1991, nella specie risulterebbe formato il silenzioassenso previsto in caso di inutile decorso del termine di sessanta giorni per l’emissione del parere da parte dell’Ente Parco, essendo stato richiesto il parere il 28 settembre 2006 e rilasciato il 23 febbraio 2007, con formazione del silenzioassenso il 28 novembre 2006; da tale momento la Soprintendenza avrebbe dovuto esercitare il potere, che in tale circostanza le residua, di annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell’art. 159 del Codice; sarebbe perciò nullo il provvedimento da essa adottato il 17 gennaio 2008 poiché tardivo e fondato sul parere espresso reso dall’Ente Parco il 23 febbraio 2007 con il quale non era stato annullato il provvedimento implicito nel frattempo perfezionatosi.

2.4. Il termine perentorio per l’adozione del provvedimento della Soprintendenza non potrebbe ritenersi interrotto dalla sua richiesta di integrazione documentale, che avrebbe evidente carattere dilatorio, avendo l’Ente trasmesso il proprio parere corredato dall’elaborato grafico e da relazione tecnica ed avendo richiesto la Soprintendenza informazioni inconferenti, quali la data di commissione dell’abuso, attinente al profilo della compatibilità urbanistica ed edilizia, ovvero costituenti nuova documentazione, come lo stralcio del piano territoriale paesistico con localizzazione puntiforme.

2.5. Il provvedimento impugnato risulterebbe altresì ingiustificato ai sensi dell’art. 22 del Piano territoriale paesistico di Subiaco che, per le zone di classificazione C, in quanto urbanizzate, stabilisce che l’azione di tutela si esplichi attraverso prescrizioni di intervento su elementi modificabili dei manufatti, così come previsto dal parere reso nella specie dall’Ente Parco, volto a rendere l’intervento compatibile con il contesto locale, e consentito dalla stessa Soprintendenza per costruzioni limitrofe a quelle dell’interessato con ingiustificata disparità di trattamento.

3. Le censure così sintetizzate non possono essere accolte per le considerazioni che seguono.

3.1. Riguardo al motivo di cui sopra sub. 2.1. si osserva che l’area in cui sorge il manufatto per cui è causa non è tutelata ad effetto di un provvedimento amministrativo di dichiarazione di notevole interesse, ma ex lege per il fatto di essere stata inclusa nel Parco Naturale dei Monti Simbruini (istituito con la legge regionale 29 gennaio 1983, n. 8), ricadendo quindi nelle aree tutelate ai sensi dell’art. 1 della legge n. 431 del 1985 e, perciò, ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 42 del 2004, in cui la normativa della legge n. 431 del 1985 è stata riprodotta.

Questo dato emerge anche dalla motivazione del provvedimento impugnato, in cui si indica che la località interessata dall’intervento sanato "ricade in area dichiarata di notevole interesse ex lege 1497/1939 ai sensi del D.L.gs. n. 42/2004", non venendo citato alcun provvedimento specifico, ed essendo precisato, dopo aver richiamato il d.lgs. n. 42 del 2004, che il provvedimento dell’Ente Parco è viziato perché "in contrasto…con l’art. 142 del predetto Codice".

Il medesimo dato risulta altresì confermato dalla documentazione depositata dall’Amministrazione in data 14 luglio 2001, in cui motivatamente, di conseguenza, non è indicato uno specifico provvedimento amministrativo di dichiarazione di notevole interesse, venendo richiamato che l’immobile si trova nell’area del Parco ed è "sottoposta quindi a vincolo paesaggistico", mentre vi è incluso in copia conforme il documento del tecnico del Comune di Subiaco (datato giugno 2004), relativo alla richiesta di concessione in sanatoria del ricorrente, in cui si richiama la disciplina delle fasce di rispetto "previste nell’art. 1 della Legge n. 431 del 1985", con allegato stralcio del P.T.P. in cui si indica l’ubicazione dell’area interessata in riferimento all’art. 1 della legge citata.

Per di più, già nella motivazione del parere reso dall’Ente parco, n. 16/S del 22 febbraio 2007, si richiama, in una con le competenze spettanti all’Ente ai sensi della legislazione regionale sulle aree protette (legge 6 ottobre 1997, n. 29) nonché istitutiva dell’Ente Parco ( legge n. 8 del 1983) ai fini del nulla osta agli interventi nell’area, che il parere è reso ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 e della legge n. 724 del 1994, sulla base degli articoli 146 e 159 del Codice, in relazione a immobili o aree "…tutelati ai sensi dell’art. 142…", proprio perché l’area rientra nel perimetro del Parco.

Quanto alle modalità di costruzione del manufatto in questione, emerge dalla documentazione che esso è stato realizzato in tempi diversi ed è stato oggetto delle distinte domande di condono presentate ai sensi della legge n. 47 del 1985 e poi, il 23 febbraio 1995, ai sensi della legge n. 724 del 1994 (domande entrambe successive, perciò, alla data di imposizione del vincolo con l’istituzione dell’Ente Parco).

In particolare, dagli atti acquisiti risulta che, a seguito del successivo ampliamento della costruzione originaria, si è dato luogo ad un nuovo manufatto (venendo anche precisata, nel citato parere dell’Ente Parco, la non divisibilità della parte successiva dalla "precedente…per ragioni strutturali e impiantistiche"), per cui la domanda di concessione in sanatoria alla quale riferirsi è quella presentata il 23 febbraio 1995, relativa ad abuso perfezionato al 31 dicembre 1993 (domanda in atti), in quanto volta alla integrale sanatoria dell’intero manufatto (non risultando, inoltre, la definizione del procedimento per la sanatoria della costruzione precedente).

Infatti, la realizzazione dell’ulteriore abuso – in data successiva all’istituzione dell’Ente Parco – ha comportato l’esistenza di un manufatto comunque diverso da quello originario e l’applicabilità della legge regionale sulla rilevanza del vincolo.

Quanto precede comporta, ad avviso della Sezione, che si deve tenere conto del vincolo apposto sull’area in data anteriore a quella di definizione dell’abuso da considerare nel suo complesso, in quanto il vincolo stesso è stato imposto ex lege ai sensi della legge regionale n. 8 del 1983 e della legge nazionale, n. 431 del 1985, dovendo perciò essere valutata la domanda di sanatoria rispetto al vincolo in essere e, ciò richiamato, tanto più rilevando nella specie il principio statuito dalla sentenza n. 20 del 1999 dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, per il quale "l’obbligo di pronuncia da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria", potendosi prescindere dall’epoca d’introduzione del vincolo.

Del resto, quanto all’interpretazione del comma 3 dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, più volte citato dall’appellante, questo Consiglio ha chiarito che "nella norma sono distinti nettamente i vincoli di carattere storico – artistico e paesaggistico, da una parte", come sono quelli relativi al caso di specie, in quanto fondati sulla legislazione statale di tutela del paesaggio cui si correla quella istitutiva del Parco, "e gli altri vincoli imposti da leggi o strumenti urbanistici per ragioni idrogeologiche o di salvaguardia di parchi e aree protette, dall’altra parte. Le due tipologie di vincoli sono separate dalla particella disgiuntiva "nonché". Solo alla seconda categoria di vincoli si riferisce l’inciso "qualora istituiti prima dell’abuso"" (VI, 5 marzo 2002, n. 1325).

Anche per tale profilo vanno dunque respinte tutte le deduzioni dell’appellante sulla irrilevanza del vincolo.

3.2. Ritiene la Sezione che neppure sussistano i dedotti profili di eccesso di potere per inadeguata motivazione dell’atto di annullamento della Soprintendenza.

Come chiarito da questo Consiglio, l’ente delegato o subdelegato deve effettuare la valutazione di propria competenza motivando adeguatamente la compatibilità con il vincolo paesaggistico dell’opera assentita, prendendo in considerazione le specifiche circostanze di fatto, sussistendo, in caso contrario, l’illegittimità del nulla osta o della autorizzazione per carenza di motivazione o di istruttoria.

Pertanto, l’autorità statale, se ravvisa un tale vizio nell’atto oggetto del suo esame, nel proprio provvedimento, può motivare sulla non compatibilità dell’intervento edilizio programmato rispetto ai valori paesaggistici compendiati nel vincolo (ex multis: Sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 772; 4 dicembre 2009, n. 7609; 14 ottobre 2009, n. 6294).

Nella specie, pur essendo rilevato nel parere dell’Ente Parco che l’intervento "per caratteri tipologici e per uso dei materiali, risulta in totale contrasto con le prescrizioni di Tutela Paesaggistica di cui all’art. 26 delle N.T.A del P.A.P. e quindi, appunto, paesaggisticamente non compatibile" si giunge, infine, a rendere parere favorevole, anche se con prescrizioni, risultando perciò la motivazione obbiettivamente censurabile per contraddittorietà e per carenza di documentazione idonea a giustificare la conformità dell’intervento alla normativa del P.A.P., come correttamente rilevato nel provvedimento impugnato, nel quale si richiama specificamente la bassa qualità dell’intervento, peraltro già attestata dall’Ente Parco (in un primo parere), e perciò la sua non inseribilità nel contesto paesaggistico.

3.3. Il motivo di cui sopra sub. 2.3., in disparte dalla ammissibilità, poiché non proposto né nel ricorso introduttivo né nella memoria difensiva agli atti del giudizio di primo grado e perciò dedotto per la prima volta in secondo grado in violazione del divieto di jus novorum in appello, è comunque infondato, poiché il procedimento in esame riguarda la pronuncia della Soprintendenza sul parere espresso sottoposto al suo controllo, non potendo essa avere conoscenza dell’asserita formazione di silenzioassenso, che lo stesso appellante qualifica quale provvedimento "implicito", su una istanza mai portata alla sua cognizione e non potendo perciò esercitare al riguardo alcun potere in ipotesi ad essa spettante.

3.4. Non può essere definita dilatoria la richiesta di documentazione integrativa fatta dalla Soprintendenza con la nota del 27 aprile 2007 (n. 25665/A); con essa infatti si chiede "lo stralcio del P.T.P con localizzazione puntiforme e relativa normativa e conformità alla suddetta normativa", cioè informazioni tecniche mancanti evidentemente non surrogabili con l’elaborato grafico e la relazione tecnica, con ciò, al contrario, venendo testimoniata l’esigenza di ponderare adeguatamente il provvedimento di competenza sulla base di un’istruttoria completa.

3.5. Quanto, poi, al richiamo della caratteristica di zona urbanizzata in cui ricade l’intervento in questione, si osserva che nelle stesse deduzioni dell’appellante si richiama che il citato art. 22 del PTP prescrive, per tali zone, anzitutto la "eliminazione" delle incompatibilità, dovendosi anche considerare, in linea generale, che "l’affermazione secondo cui il territorio sarebbe già urbanizzato" non "appare idonea a legittimare interventi edilizi non rispettosi degli interessi sottesi ai vincoli imposti nella zona, in quanto il nuovo edificato contribuisce, comunque, ad aggravare, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, il danno arrecato dalle costruzioni non rispettose di tali finalità, rafforzando, pertanto, la necessità di provvedere alla tutela dei luoghi." (Cons. Stato, Sez. VI, 1 luglio 2009, n. 4238).

3.6. L’appellante ha, infine, riproposto la censura di disparità di trattamento, già dedotta in primo grado ed ivi correttamente respinta per la sua genericità, allegando documentazione, asseritamente probante, relativa ad un caso specifico.

Al riguardo il collegio, richiamata la inammissibilità dell’allegazione in quanto non resa in primo grado, comunque osserva che essa non risulta conferente non essendovi riportato alcun provvedimento della Soprintendenza competente, l’esercizio del cui potere è l’oggetto specifico del presente giudizio, e che la questione non è rilevante essendo stato reso il parere della Soprintendenza, impugnato nella controversia di cui qui si tratta, riguardo a profili di illegittimità dell’atto annullato e non per profili di merito.

4. Per le ragioni che precedono l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Le spese del presente grado del giudizio seguono, come di regola la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe n. 580 del 2010.

Condanna l’appellante al pagamento a favore dell’Amministrazione appellata delle spese del secondo grado del giudizio, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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