Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 12-04-2012, n. 5767 Responsabilità amministrativa o contabile degli amministratori e degli impiegati dei comuni e delle province

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. – Il Procuratore regionale presso la Corte dei Conti del Lazio citò in giudizio amministratori, consiglieri e componenti del collegio dei revisori dei conti del Comune di Pontinia, e il presidente e l’amministratore delegato della Trasco s.r.l., chiedendone la condanna al risarcimento, in favore del Comune di Pontinia, della somma complessiva di Euro 1.341.791,17. Secondo l’accusa, i convenuti avevano procurato con diverso apporto causale un danno al Comune di Pontinia, poi sottoposto a dissesto, con la costituzione prima e la cattiva gestione poi della società TRASCO s.r.l. che non avrebbe avuto la funzione di rendere più efficienti ed economici i servizi pubblici dell’ente locale, bensì di perseguire scopi di tipo occupazionale, estranei alle regole di economicità e buona amministrazione. La scelta antieconomica di costituire una società mista in luogo di altre soluzioni aveva comportato violazioni di norme comunitarie sull’evidenza pubblica e delle regole di contabilità, ed aveva perseguito lo scopo di assumere i lavoratori socialmente utili già dipendenti dalle varie cooperative che, in precedenza, avevano gestito i servizi poi affidati alla TRASCO s.r.l..

2. La sezione territoriale osservò che la domanda era fondata sull’assunto che gli atti amministrativi del comune fossero collegati da un filo logico consequenziale, preordinato non già al perseguimento dei dichiarati fini istituzionali, ma a piegare lo strumento societario al conseguimento di altre finalità: non era richiesto, dunque, di sindacare scelte rimesse alla discrezionalità della p.a., e la domanda rientrava nella giurisdizione della corte.

Nel merito, tuttavia, mandò assolti i convenuti, ritenendo che la parte pubblica non avesse sufficientemente provato la tesi accusatoria.

3. Contro la sentenza propose appello il Procuratore regionale. Si costituirono, tra gli altri, i signori G. e G.P. A., convenuti in primo grado, eccependo il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, trattandosi di danni cagionati al patrimonio della società partecipata.

4. Con la sentenza 21 settembre 2011 n. 402, la Corte dei Conti, Sezione prima Giurisdizione Centrale, ha accolto l’appello del Procuratore Regionale. La corte ha preliminarmente osservato che l’eccezione di difetto di giurisdizione era inammissibile, perchè doveva essere proposta in via di appello incidentale e non di mera eccezione, ma ha ugualmente osservato – perchè la difesa aveva chiesto una pronuncia a norma dell’art. 37 c.p.c. – che la giurisdizione sussisteva per il rapporto di servizio con la società e le finalità pubbliche da questa perseguite, e perchè era stato prodotto un danno al comune, socio pubblico, e al patrimonio pubblico. Nel merito ha ritenuto che la tesi accusatoria fosse stata provata, avendo lo stesso giudice di primo grado accertato che nella fattispecie era stato seguito un filo logico sequenziale preordinato, privo di ogni volontà di perseguire i dichiarati fini istituzionali e inteso a piegare lo strumento societario al conseguimento di altre finalità, come quella dell’occupazione legittima dei lavoratori socialmente utili. In ciò, "a scelleratezza della gestione non era diventata una fattispecie autonoma", ma si era coniugata al suo presupposto prov-vedimentale a tal fine preordinato dagli appellati.

5. Per la cassazione della sentenza ricorrono per motivi di giurisdizione i signori T.E., D.A.L. e M.M.V..

Con separato ricorso ricorre il signor F.G. Altro ricorso è stato proposto da S.P., B. E., F.M., P.A..

Infine anche G.P. e G.P.A. hanno proposto ricorso per motivi di giurisdizione.

Il Procuratore generale presso la Corte dei Conti ha depositato distinti controricorsi, nei quali eccepisce la formazione del giudicato sulla giurisdizione, affermata dal giudice di primo grado e non fatta oggetto di appello incidentale da parte di nessuno degli appellati.

La difesa dei resistenti T., D.A., M. e F. ha depositato una memoria.

Motivi della decisione

6. I quattro ricorsi proposti contro la medesima sentenza devono essere riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

7. I ricorsi depositati espongono tutti delle censure alla sentenza della Corte dei Conti, per avere affermato la sua giurisdizione. Nel caso in esame si discute della responsabilità di amministratori pubblici per la scelta di costituire una società commerciale per l’espletamento di servizi pubblici, questione sulla quale non vi sono precedenti puntualmente in termini.

8. Prima di passare all’esame dei motivi occorre peraltro esaminarne l’ammissibilità. La Corte dei Conti, infatti, si è pronunciata sulle eccezioni di difetto di giurisdizione degli appellati G.P. e G.P.A., dopo aver affermato che la questione non poteva essere sollevata in appello in via di eccezione.

Il Procuratore generale della Corte dei Conti ha osservato, nei controricorsi depositati, che sul punto la sentenza di primo grado doveva ritenersi passata in giudicato, non avendo gli odierni ricorrenti proposto appello incidentale sulla giurisdizione. A questa osservazione replicano i resistenti, nella memoria depositata, che la sentenza d’appello, occupandosi del merito della questione della giurisdizione, supera il rilievo d’inammissibilità della questione medesima, in precedenza formulato, e che la legittimità della pronuncia sul merito della giurisdizione, nella sentenza della Corte dei Conti, non è stata impugnata dalla Procura contabile.

9. Al riguardo osserva il Collegio che la pronuncia sul merito della giurisdizione, contenuta nell’impugnata sentenza, ancorchè preceduta da un’affermazione che sembra escludere l’ammissibilità stessa della questione, legittima la parte interessata a dolersene con il ricorso per cassazione, essendo riservato invece a questa Corte, nell’esame della questione di giurisdizione, l’accertamento della formazione di un giudicato interno.

10. Venendo ora all’esame dei motivi, si rileva che la Corte dei conti regionale si era pronunciata sul merito dell’azione di responsabilità intentata dal Procuratore contabile contro gli amministratori e i revisori dei conti del comune, e contro gli stessi amministratori della società costituita per lo svolgimento dei servizi pubblici del comune; ciò aveva fatto, del resto, dopo essersi posta il quesito della sussistenza della sua giurisdizione nei confronti delle attribuzioni della p.a., ed avervi dato risposta affermativa, fondandola sull’interpretazione data del contenuto della domanda di risarcimento. E’ certo dunque che, respingendo nel merito la domanda della procura contabile, la Corte regionale aveva affermato la sua giurisdizione. La rimozione di questo punto pregiudiziale della sentenza di primo grado postulava, stante la sua autonomia, la formulazione di un’impugnazione specifica, idonea a rimuovere la stessa pronuncia di merito, non risultando utile la mera sollevazione, da parte degli appellati, e in presenza dell’impugnazione da parte della Procura contabile, di una mera eccezione. Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato il principio che la parte risultata vittoriosa nel merito nel giudizio di primo grado, al fine di evitare la preclusione della questione di giurisdizione risolta in senso ad essa sfavorevole, è tenuta a proporre appello incidentale, non essendo sufficiente ad impedire la formazione del giudicato sul punto la mera riproposizione della questione, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., in sede di costituzione in appello, stante l’inapplicabilità del principio di rilevabilità d’ufficio nel caso di espressa decisione sulla giurisdizione e la non applicabilità dell’art. 346 c.p.c. (riferibile, invece, a domande o eccezioni autonome sulle quali non vi sia stata decisione o non autonome e interne al capo di domande deciso) a domande o eccezioni autonome espressamente e motivatamente respinte, rispetto alle quali rileva piuttosto la previsione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, per cui in assenza di puntuale impugnazione opera su di esse la presunzione di acquiescenza (Cass. Sez. un. 16 ottobre 2008 n. 25246).

E’ accaduto invece che, nel giudizio davanti alla Corte dei Conti centrale, le parti appellate o non si siano costituite, o costituendosi non abbiano sollevato la questione di giurisdizione, o lo abbiano fatto limitandosi a proporre delle mere eccezioni che per la loro stessa natura non potevano portare ad una riforma della sentenza con esclusione della giurisdizione della corte. La formazione del giudicato sul punto, secondo l’ormai consolidata giurisprudenza, è rilevabile ne giudizio davanti alla Corte di Cassazione (Sez. un. 9 ottobre 2008 n. 24883).

11. I ricorsi devono essere, in conclusione, respinti.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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