Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 12-04-2012, n. 5761 Illeciti disciplinari Trasferimenti d’ufficio e su richiesta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Dott. N.M., magistrato presso il Tribunale di sorveglianza di Firenze, era incolpato dell’illecito disciplinare di cui al R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, art. 18 e, dalla sua entrata in vigore, al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 e art. 2, comma 1, lett. q), perchè, nella qualità di giudice del Tribunale di sorveglianza di Firenze, in violazione dei doveri di diligenza e laboriosità, nonostante già in precedenza condannato per fatti analoghi, aveva ritardato in modo grave, reiterato e ingiustificato il compimento di atti del proprio ufficio.

In particolare nel periodo 16 settembre 2003 – 14 settembre 2009, non aveva rispettato i termini di deposito di 1.630 (milleseicentotrenta) ordinanze (784 del tribunale di sorveglianza e 846 dell’ufficio di sorveglianza), con ritardi superiori al triplo dei termini per il deposito, che hanno superato i 700 giorni in quattro casi; i 600 giorni in otto casi; i 500 giorni in ventuno casi; i 400 giorni in trentasette casi; i 300 giorni in centocinquantasei casi; i 200 giorni in 362 casi; i 100 giorni in 600 casi e si situavano entro i 100 giorni in 442 casi.

Inoltre alla data del 15 settembre 2009 risultava non aver ancora depositato 58 ordinanze benchè fosse già trascorso il triplo del termine concesso al giudice per il deposito. I ritardi (destinati inevitabilmente ad aumentare) in due casi erano superiori ai 400 giorni; in quattro ai 200 giorni; in diciotto ai 100 giorni e negli altri casi si situavano entro i 100 giorni.

Infine alla data del 3 febbraio 2010 non aveva ancora depositato 178 provvedimenti relativi ad istanze provenienti dai detenuti trasmessegli tra il 9 marzo 2009 ed il 21 gennaio 2010; 74 ordinanze relative a misura di sicurezza riservate nelle udienze tra il 10 luglio 2009 e l’8 gennaio 2010; 79 ordinanze relative a procedimenti di concessione o revoca di misura alternativa del Tribunale di Sorveglianza riservate nelle udienze tra il 26 giugno 2008 ed il 15 dicembre 2009, oltre i cinque provvedimenti specificamente indicati nella nota in pari data del presidente del tribunale.

In sede di istruttoria disciplinare veniva sentito il Dott. N., che giustificava i ritardi con il gravoso carico di lavoro e produceva ampia documentazione attestante la quantità del lavoro svolto anche comparativamente agli altri magistrati dell’ufficio.

Il 10 gennaio 2011 il Procuratore Generale chiedeva la fissazione dell’udienza di discussione orale formulando l’imputazione.

2. Con decisione n. 122 del 15 luglio 2011 – 20 settembre 2011 la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore alla Magistratura dichiarava il Dott. N.M. responsabile delle imputazioni a lui ascritte e So condannava alla sanzione principale della perdita di due anni di anzianità e alla sanzione accessoria del trasferimento dal tribunale di sorveglianza di Firenze al tribunale di Lucca.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il Dott. N. con tre motivi illustrati anche con successiva memoria.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in tre motivi.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione del R.D.Lgs. n. 511 del 1946, art. 18 e del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. q. Lamenta la mancata adeguata considerazione dei gravoso carico di lavoro derivante dal fatto di essersi occupato, nel periodo compreso tra il 2003 e il 2010, di numerosi istituti penitenziari e di aver svolto una notevole quantità di lavoro in sede sia monocratica che collegiale. Tali elementi giustificativi erano stati tutti ampiamente documentati.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alle circostanze documentate nelle memorie difensive al fine della configurazione dell’illecito, e in subordine, della determinazione della sanzione. Deduce in particolare che i ritardi nei deposito di provvedimenti giudiziari, ancorchè gravi, non configurano un illecito disciplinare qualora non siano rivelatori di scarsa operosità del magistrato. Il ricorrente rimarca poi che la sua produttività è stata sempre almeno della media dei colleghi dello stesso ufficio avendo egli depositato oltre 1600 provvedimenti all’anno.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine ai presupposti dell’applicazione della sanzione accessoria del trasferimento d’ufficio. In particolare la Sezione Disciplinare ha applicato la sanzione accessoria senza una adeguata motivazione in ordine al fatto che la permanenza del Dott. N. nello stesso ufficio fosse in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia.

2. Il ricorso – i cui tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi – è infondato.

3. Deve innanzitutto considerarsi che, anche in riferimento alla nuova regolamentazione degli illeciti disciplinari (e relative sanzioni) dei magistrati, prevista dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, che, all’art. 2, comma 1, lett. q), contempla in particolare come illecito disciplinare il "reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni", può essere ribadito il principio di diritto – che il ricorrente invoca e che questa Corte ha affermato in passato (Cass., sez. un., 23 agosto 2007, n. 17919) – secondo cui il ritardo nel deposito delle sentenze e dei provvedimenti giudiziari, pur se reiterato, non può da solo integrare un illecito disciplinare del magistrato dal momento che occorre anche stabilire se il ritardo sia sintomo di mancanza di operosità oppure trovi giustificazione in situazioni particolari collegate alla complessiva situazione di lavoro del magistrato tenendo presente i profili qualitativi e quantitativi nonchè gli aspetti inerenti la complessiva organizzazione dell’ufficio e le funzioni svolte dal magistrato.

Nel nuovo contesto normativo della riforma del 2006 il presupposto perchè sia integrata questa fattispecie di illecito disciplinare è triplice; occorrono: a) la reiterazione del ritardo; b) la sua gravità (tale non è ex lege il ritardo che non ecceda il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell’atto); c) la sua ingiustificatezza. La necessaria concorrenza di questi tre presupposti è chiaramente enunciata dal dato testuale della disposizione sicchè in particolare non può ritenersi che la reiterazione del ritardo sia alternativa alla sua gravità (cfr. da ultimo Cass., sez. un., 27 febbraio 2012, n. 2927). Pertanto, oltre ai presupposti della gravità e dell’ingiustificatezza, che costituiscono elementi di fatto concorrenti per integrare la condotta di illecito disciplinare, occorre anche, come distinto e autonomo presupposto ulteriore, la reiterazione del ritardo; la quale, proprio in ragione della valutazione degli altri due concorrenti presupposti, va contestualizzata tenendo conto di ogni circostanza utile a tal fine.

Rilevano quindi in particolare sia il complessivo carico di lavoro in riferimento a quello mediamente sostenibile dal magistrato a parità di condizioni, sia la laboriosità ed operosità del magistrato desumibili dall’attività svolta sotto il profilo quantitativo e qualitativo; circostanze tutte queste che, unitamente ad ogni altro elemento utile a tal fine, implicano un tipico apprezzamento di fatto e quindi sono essenzialmente devolute alla valutazione di merito della Sezione Disciplinare, non censurabile in sede di legittimità ove assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria.

4. La sentenza impugnata si colloca nel binario tracciato da tali principi muovendo dalla premessa, corretta in diritto, che il ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni costituisce illecito disciplinare quando concorrano le tre condizioni suddette: occorre che il ritardo sia reiterato, grave ed ingiustificato.

In punto di fatto poi la Sezione Disciplinare ha considerato che i ritardati depositi, in cui era incorso il Dott. N., eccedevano i limiti di ragionevolezza e giustificabilità. Da una parte i ritardi erano numericamente molto significativi (1966 provvedimenti complessivi) con una punta massima molto elevata (oltre 700 giorni) e con il superamento di un anno in 72 casi. D’altra parte la percentuale dei provvedimenti depositati in ritardo dal magistrato incolpato, che è stato più volte condannato per fatti analoghi in un arco di tempo quasi ventennale, è risultata essere molto alta, pur considerando il numero di provvedimenti adottati.

La Sezione Disciplinare poi non ha mancato di considerare anche il carico di lavoro complessivo e la situazione dell’ufficio al quale era addetto il magistrato, dando peraltro atto dell’elevato livello qualitativo dei provvedimenti adottati; circostanza questa sicuramente significativa, ma non tale da giustificare la complessiva condotta contestata, sicchè la Sezione Disciplinare è pervenuta al motivato convincimento che tutto ciò non potesse avere una efficacia scriminante dei ritardi.

La Sezione Disciplinare ha anche considerato che nel caso di specie i ritardi non potevano essere giustificati da una difficoltà temporanea, causata da una sopravvalutazione contingente delle proprie capacità lavorative, rispetto alla quantità dei provvedimenti.

In sostanza la Sezione Disciplinare ha operato una valutazione complessiva dell’operato del magistrato pervenendo motivatamente al convincimento che i reiterati ritardi nel deposito dei provvedimenti erano gravi ed ingiustificati.

5. La Sezione Disciplinare ha poi fatto applicazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 13, comma 1, che consente, nel caso in cui sia inflitta una sanzione diversa dall’ammonimento o dalla rimozione, di disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio.

Si tratta di una misura, a carattere preventivo, che è accessoria rispetto alla sanzione irrogata e che si fonda sul dato oggettivo del contrasto tra la condotta accertata, rilevante sul piano disciplinare, ed il buon andamento dell’amministrazione della giustizia; contrasto che, in termini diacronici, va attualizzato alla situazione presente con una sorta di valutazione prognostica dell’incidenza dell’attività del magistrato sui buon andamento della giustizia ed il cui riscontro deve essere ancorato ad oggettivi riferimenti fattuali, stante la generale garanzia di inamovibilità del magistrato (art. 107 Cost.; cfr. C. cost. n. 100 del 1981).

Nella specie la Sezione Disciplinare ha puntualmente operato questa valutazione considerando che la particolarità della materia trattata nell’Ufficio di Sorveglianza di Firenze dal Dott. N., incideva su profili attinenti alla libertà personale ed alla possibilità per i detenuti di ottenere i benefici previsti dalla legge; ciò che in generale richiedeva, e richiede, tempi di adozione dei provvedimenti molto rapidi e che invece il Dott. N. ha mostrato di non riuscire a garantire. E’ questo contrasto – oggettivamente riscontrato e riconosciuto secondo il motivato apprezzamento di merito della Sezione Disciplinare ù che integra il presupposto per l’adozione della misura del trasferimento d’ufficio ai sensi del citato art. 13, comma 1. 6. Il ricorso va quindi rigettato.

In mancanza di difesa delle parti intimate, non occorre provvedere sulle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; nulla sulle spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2012

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