Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-10-2011) 25-10-2011, n. 38673 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di R.G. propone ricorso avverso l’ordinanza del 5 aprile 2011 con la quale il Tribunale del riesame di Milano ha respinto l’impugnazione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare in suo danno per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione consumata e tentata.

Con il primo motivo si propone l’eccezione relativa la mancata consegna al difensore dei supporti informatici della conversazione ambientale intercettata in data 20 maggio 2009, eccezione formulata già nel corso dell’udienza del riesame.

Si rileva in proposito che la richiesta proposta tempestivamente, a seguito della conoscenza dell’ordinanza di custodia cautelare, era stata autorizzata in data 25 marzo 2011 dal Pm competente, ma comunicata al difensore soltanto il pomeriggio antecedente l’udienza fissata per il riesame, in tempi che non permettevano il concreto svolgimento dell’attività difensiva, ritenuto insopprimibile dalla Corte costituzionale e da successive pronunce di legittimità. 2. Si contesta anche la correttezza della motivazione di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, poichè l’ordinanza impugnata ripropone, secondo il ricorrente, i medesimi errori in fatto contenuti nel provvedimento impositivo e segnalati dalla difesa; in particolare nel valutare la presenza di contatti dell’odierno ricorrente con persone indagate per associazione mafiosa individua come indagato per tale reato persona che risulta assolta da tale accusa nel febbraio antecedente, perchè il fatto non sussiste, situazione documentata al Tribunale del riesame, di cui il Collegio non ha tenuto conto, mentre altre persone indicate come censurate, di fatto tali non risultano sulla base della documentazione allegata in sede di riesame.

Si lamenta inoltre l’interpretazione degli indizi a carico del ricorrente, desunti dalla partecipazione ad una festa di paese, ritenendo che ne fosse stato travisato il senso; si osserva inoltre che le conversazioni valorizzate dal Tribunale quali elementi indiziari di carico, in realtà contengono una serie di comunicazioni incomprensibili, intervallate da espressioni dialettali, locuzioni, frasi interrotte, che non consentono di fornire loro un significato univoco. Del tutto apodittica mentre risultano individuate poi le persone cui si fa riferimento nelle conversazioni in indiziati di reati associativi di stampo mafioso, svalutando il dato di fatto che, in ogni caso, le comunicazioni si riferissero all’ordinaria attività di lavoro di R. e dei suoi interlocutori.

Sulla base di tali elementi si contesta che l’ordinanza abbia svolto un adeguato giudizio di merito sulla gravità indiziaria, desumendola esclusivamente dalla presenza di tali contatti e non dallo spessore degli stessi, posto che è stata valorizzata la comune provenienza degli interlocutori da un territorio geograficamente individuato e la comune appartenenza al settore del movimento terra per desumere l’appartenenza a gruppi criminali.

3. Si assume inoltre mancante la prova della forza di intimidazione diretta dal gruppo verso l’esterno, elemento costitutivo del vincolo associativo mafioso, circostanza su cui, malgrado la contestazione, il Tribunale non ha svolto alcuna argomentazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

In relazione all’eccezione procedurale proposta si deve rilevare che le pronuncia della Corte Costituzionale n. 336 del 2008 e delle sezioni unite di questa corte (2010 n. 20300) in materia hanno definitivamente chiarito il diritto della difesa di accedere ai files audio di cui il brogliaccio di p.g. costituisce mera trasposizione grafica, al fine di verificare, prima dello svolgimento del procedimento di riesame, la corrispondenza del contenuto di tali files a quanto riportato nella documentazione allegata alla richiesta di provvedimento cautelare.

Tale diritto si inserisce in un iter procedimentale non regolamentato dalla legge, le cui scansioni temporali devono essere strettamente scandite dall’esigenza di comprimere l’accertamento nei ristretti termini di decisione del giudice del riesame, che non possono essere sottoposti a sospensione, per effetto della garanzia riconosciuta.

In tale ottica nella pronuncia del giudice di legittimità citata in precedenza, prendendo atto della mancata regolamentazione legislativa di tale sub procedimento, si è fatto riferimento a comportamenti delle parti processuali improntati reciprocamente al pieno rispetto delle esigenze richiamate. Ne consegue che, se costituisce onere della difesa dimostrare di essersi attivata tempestivamente rispetto alla proposta istanza di riesame, altrettanto tempestivamente deve il p.m. provvedere sulla richiesta.

A fronte di tali generiche scansioni procedimentali non appare possibile ravvisare, al di là del dettato normativo, degli obblighi di comunicazione a carico della parte pubblica non previsti dalla legge, sicchè a fronte della richiesta operata, non può che ritenersi presente un onere della difesa di accedere all’ufficio pubblico con tempestività al fine di acquisire nozione dell’eventuale provvedimento di accoglimento o di rigetto o dell’inattività dell’organo pubblico, non potendosi gravare quest’ultimo di oneri di comunicazione o notificazione non prescritti dalla legge.

Bisogna ricordare sul punto che la legge stabilisce in linea generale il dovere del giudice di provvedere su istanze e memorie, all’art. 121 cod. proc. pen. in un tempo definito, non correlando alla decisione un obbligo di tempestiva comunicazione, sicchè non può che rimettersi alla diligenza dell’interessato che ha proposto l’istanza di verificare il sopraggiungere della risposta. Nel caso concreto risulta che l’istanza, depositata il 22/3 sia stata regolarmente autorizzata dal p.m. il successivo 25/3 e fin da quella data potenzialmente la difesa aveva la possibilità di recarsi negli uffici giudiziari al fine di acquisire copia dei files richiesti, in tempo utile per l’udienza fissata per il successivo 5/4.

L’odierno ricorrente, nulla allegando rispetto all’impossibilità di svolgere tale attività derivata da impedimenti concretamente frapposti dall’ufficio competente a garantire la materiale esecuzione dell’audizione, ha collegato la sua inattività all’assenza di consapevolezza dell’emissione del provvedimento autorizzativo, assumendo di averne avuto cognizione con comunicazione operata tramite fax inviato allo studio solo il giorno antecedente la data di udienza. Alla luce di quanto espresso in precedenza, stabilito che incomba alla difesa attivarsi tempestivamente per prendere cognizione della sorte dell’istanza formulata, l’adempimento richiamato non può considerarsi tardivo, dovendo l’esercizio del diritto all’accesso ai files audio essere garantito dalla condotta diligente e tempestiva di entrambe le parti processuali.

Ne deve conseguire, valutata la tempestiva pronuncia sull’istanza, e la concreta possibilità garantita alla difesa della potenzialità di accesso all’audizione dell’intercettazione ambientale richiesta, il rigetto dell’eccezione procedurale formulata, non sussistendo la nullità eccepita.

2. La contestazione di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è operata in realtà svolgendo rilievi di merito sulla pretesa incompletezza della motivazione, a fronte di eccezioni formulate dalla difesa che, non solo non emergono dalla lettura degli atti, ma soprattutto attengono ad una parte marginale dell’esposizione dei motivi contenuti nel provvedimento, che, per converso, fa riferimento al significativo contenuto delle risultanze delle intercettazioni riguardanti conversazioni dirette dell’odierno ricorrente – nell’ambito delle quali egli risulta ripercorrere il modulo organizzativo del gruppo illecito e la sua ramificazione in varie zone del territorio nazionale, tra le quali la Lombardia -, alla sua storia, ed evidenzia collegamenti con il tessuto mafioso di pertinenza del suo territorio di origine, tra i quali significativa è la sua latitanza garantita proprio in quel territorio, ed al complesso delle attività svolte da questi, valutazione rispetto alla quale la caratura criminale delle persone con le quali risulta aver avuto contatti R., anche ove esclusa, non risulta dal testo del provvedimento dirimente in senso favorevole all’interessato, nè soprattutto idonea a creare un’alterazione logica o contraddittoria nel percorso motivazionale, unico oggetto di valutazione nel presente procedimento.

Inoltre si deve osservare che la gravità indiziaria non è stata solo desunta dalla presenza di contatti tra persone facenti parte di un gruppo che si ritiene dedito ad attività illecite, ma corroborata dal concreto contenuto delle comunicazioni intercettate, che danno conto della presenza di costante attività di pressione svolte, con l’evocazione, o esecuzione effettiva, di materiale esercizio di violenza fisica, realizzata dagli appartenenti del gruppo.

Le stesse modalità di imposizione dell’attività della ditta in cui opera R., servendosi dello schermo di aziende in regola con le certificazioni al fine di entrare nel fiorente mercato del movimento terra, denotano contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la completezza della motivazione sul punto, escludendo la fondatezza del ricorso.

3. Il motivo di ricorso relativo all’omessa indicazione nel provvedimento di elementi caratterizzanti della pretesa qualificazione mafiosa dell’associazione contestata è del tutto generico in quanto fondato su argomentazioni non correlate al concreto contenuto del provvedimento, che, nel richiamare gli indizi cui si è fatto cenno, espone a riguardo una motivazione coerente e completa, svolta con il richiamo agli specifici riferimenti operati proprio da R. nelle conversazioni captate alla presenza di gruppi; alla spartizione del territorio; alla forza di coesione agli stessi riconducibili ed alla loro efficacia nella specifica zona di riferimento, valutata in comparazione ad altre compagini strutturate secondo le medesime caratteristiche della figura criminosa contestata; all’immeditato ricorso all’intervento di altri gruppi illeciti, dotati di capacità di pressione, con riconoscimento dei ruoli e delle competenze, al verificarsi di resistenze dei titolari di imprese per cui la ditta facente capo a R. intendeva lavorare; elementi tutti che denotano che denotano proprio la consapevolezza della forza di pressione del gruppo di cui l’interessato si è avvalso, che costituisce l’elemento caratterizzante della figura criminosa contestata.

Tali specifici riferimenti, attestano l’immunità del provvedimento impugnato, anche sotto tale profilo, dalle censure sollevate, che, fronte del rilievo di insufficiente motivazione, di fatto intendono sollecitare in questo giudizio una nuova valutazione di merito, in quanto tale inammissibile.

4. Ne consegue che debba giungersi al rigetto del gravame proposto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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