Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-11-2011, n. 6158 Locazione e trasferimento di proprietà

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La signora A. M., figlia e unica erede della signora M. C. già assegnataria di un alloggio di edilizia residenziale pubblica sito in Livorno alla via Lepanto n. 25/5, con il ricorso n. 85 del 2002 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, ha chiesto l’annullamento:

– della nota n. 15906 dell’8 ottobre 2001 dell’Azienda Territoriale Edilizia Residenziale di Livorno (in seguito "ATER"), che ha respinto la sua istanza di "perfezionamentò della pratica di subentro nell’acquisto dell’alloggio, originariamente richiesto dalla de cuius con domanda presentata il 15 gennaio 1997 ai sensi della legge 24 dicembre 1993, n. 560;

– del parere reso il 27 agosto 2001 dalla Direzione generale delle aree urbane e dell’edilizia residenziale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, posto a base del provvedimento dell’ATER, con il quale era stata ritenuta la inapplicabilità dell’art. 2, comma 3, della legge 2 aprile 2001, n. 136, alle cessioni di alloggi di edilizia residenziale pubblica eseguite ai sensi della citata legge n. 560 del 1993.

2. Il TAR, con la sentenza n. 8554 del 2005, ha respinto il ricorso, compensando tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado, essendo stata proposta altresì domanda cautelare di sospensione della sua esecutività, nella quale è richiamata l’avvenuta emanazione, nel frattempo, del provvedimento del Sindaco di Livorno, n. 6315 del 21 gennaio 2011, con il quale, citato il precedente ordine di sgombero dell’alloggio in questione, n. 23363 del 17 marzo 2006, si ordina alla ricorrente di riconsegnarlo entro il termine di dieci giorni, decorrente dalla notifica del provvedimento.

4. La Sezione, con l’ordinanza n. 1331 del 2011, considerato il pregiudizio grave e irreparabile derivante all’appellante dall’esecuzione della sentenza, ha accolto la domanda cautelare fino alla data del 28 ottobre 2011, fissata per la definizione del secondo grado del giudizio.

5. All’udienza del 28 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Con la sentenza gravata il TAR per la Toscana, sezione seconda, ha respinto il ricorso di primo grado n. 85 del 2002, proposto avverso il provvedimento dell’ATER di Livorno che ha respinto l’istanza della originaria ricorrente (erede di una assegnataria), volta ad ottenere il subentro nell’acquisto di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, nonché avverso il parere reso al riguardo dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

2. Per l’esame della controversia è necessario richiamare l’evoluzione della normativa di riferimento, che è così sintetizzabile:

– per l’art. 10 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 ("Norme concernenti la disciplina della cessione in proprietà degli alloggi di tipo popolare ed economico"), in caso di decesso dell’assegnatario dell’alloggio che ne abbia chiesto la cessione in proprietà, il coniuge, i discendenti entro il terzo grado e gli ascendenti conviventi con l’aspirante possono confermare la domanda entro 30 giorni dall’evento (comma 4);

– l’art. 27 della legge 8 agosto 1977, n. 513 ("Provvedimenti urgenti per l’accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone minimo dell’edilizia residenziale pubblica."), ha abrogato, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge (18 agosto 1977), le disposizioni di cui al d.P.R. n. 2 del 1959, e successive modificazioni, nonché di altre leggi comunque disciplinanti il trasferimento in proprietà agli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica già assegnati in locazione semplice (comma 1) e ha disposto, in via transitoria, che "Le domande per le quali non sia stato stipulato il relativo contratto di cessione in proprietà, devono essere, a cura degli assegnatari, confermate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. La mancata conferma fa decadere l’interessato da ogni diritto." (comma 2);

– la legge 24 dicembre 1993, n. 560 ("Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica"), il cui art. 27, al comma 4, dispone la formulazione di piani di vendita degli alloggi da parte delle regioni e, al comma 6, prevede che hanno titolo all’acquisto degli alloggi inclusi nei piani di vendita "gli assegnatari o i loro familiari conviventi, i quali conducano un alloggio a titolo di locazione da oltre un quinquennio";

– la legge 2 aprile 2001, n. 136 ("Disposizioni in materia di sviluppo, valorizzazione ed utilizzo del patrimonio immobiliare dello Stato, nonché altre disposizioni in materia di immobili pubblici"), per il cui articolo 2, comma 3 "L’articolo 27 della legge 8 agosto 1977, n. 513, e tutte le disposizioni di legge che prevedono facoltà di riscatto di alloggi di edilizia residenziale pubblica, si interpretano nel senso che, in caso di decesso del soggetto avente titolo al riscatto che abbia presentato la domanda nei termini prescritti, l’Amministrazione ha comunque l’obbligo di provvedere nei confronti degli eredi, disponendo la cessione dell’alloggio, indipendentemente dalla conferma della domanda stessa."

3. Nella sentenza, esaminata la normativa, si afferma, in sintesi, che la ricorrente non ha titolo al subentro nell’acquisto richiesto dalla de cuius, poiché chiesto ai sensi della legge n. 560 del 1993, che ha regolato una fattispecie diversa e incompatibile rispetto a quella prevista dall’art. 27 della legge n. 513 del 1977, come interpretato dall’articolo 2, comma 3, della legge n. 136 del 2001, relativa alla cessione agli eredi in caso di decesso del soggetto avente titolo al riscatto che abbia presentato domanda nei termini prescritti, disciplinando invece la legge n. 560 del 1993 la facoltà di acquisto per i soli alloggi inclusi nei piani di vendita definiti dalle regioni e prevedendola, senza la fissazione di termini per la presentazione della domanda né obbligo di conferma, a favore degli assegnatari o dei loro familiari conviventi.

4. Nell’appello la sentenza è censurata per i motivi che seguono:

– l’art. 2, comma 3, della legge n. 136 del 2001, in quanto riferito, oltre che all’art. 27 della legge n. 513 del 1977, a "…tutte le disposizioni di legge che prevedono facoltà di riscatto di alloggi di edilizia residenziale pubblica… ", avrebbe chiaramente una portata generale, e perciò prevarrebbe anche rispetto alla normativa specifica di cui alla legge n. 560 del 1993, con la conseguenza che il riscatto dell’alloggio sarebbe consentito a chiunque sia erede dell’assegnatario, alla sola condizione che questi abbia presentato la domanda nei termini di legge; né si potrebbe desumere l’esclusione della legge n. 560 del 1993 dall’ambito di applicazione del comma 3 dell’art. 2 della legge n. 136 del 2001, poiché in questo non citata, dovendosi considerare che il richiamo, invece espresso nel detto comma 3, dell’art. 27 della legge n. 513 del 1977 sarebbe dovuto alla necessità di chiarire il regime giuridico delle domande confermate nonostante l’abrogazione (disposta dal medesimo art. 27) dell’art. 10, comma 4, del d.P.R. n. 2 del 1959, ai sensi del quale le dette domande erano state presentate (con la connessa limitazione della trasmissibilità agli eredi);

– non sussisterebbe l’asserita diversità e incompatibilità tra quanto previsto con l’art. 2 della legge n. 136 del 2001, in relazione all’art. 27 della legge n. 513 del 1977, e la disciplina di cui alla legge n. 560 del 1993, poiché nel regime di cui al d.P.R. n. 2 del 1959, portato ad esaurimento con la legge n. 513 del 1977, sarebbe già presente la "caratteristica di fondo del sistema’, consistente nella limitazione della possibilità di acquisto agli assegnatari di alloggi inseriti nel quadro di una preventiva pianificazione degli stabili cedibili in proprietà (attuata con la individuazione da parte degli enti proprietari di quote di alloggi non vendibili, dette "quote di riserva", sulla base di criteri stabiliti dal Ministero dei lavori pubblici).

5. Le censure così sintetizzate sono infondate, poiché la norma interpretativa di cui all’art. 2, comma 3, della legge n. 136 del 2001 non può che ritenersi riferita alla fattispecie disciplinata dall’art. 27 della legge n. 513 del 1977 e comunque non pertinente a quella disciplinata dalla normativa di cui alla legge n. 560 del 1993; ciò in quanto nella detta norma interpretativa si richiama il requisito della presentazione della domanda "nei termini prescritti" e si elimina quello della necessità della sua conferma, elementi questi entrambi propri della fattispecie di cui al citato art. 27 della legge n. 513 del 1977, poiché caratterizzata dal presupposto dell’avvenuta presentazione delle domande di cessione in proprietà alla data di entrata in vigore della legge, recante la previsione della loro obbligatoria conferma entro il termine perentorio dei sei mesi successivi a tale data (termine poi prorogato al 31 ottobre 1978), nonché riguardante, quali destinatari, gli assegnatari in quanto tali, elementi questi estranei alla fattispecie di cui alla legge n. 560 del 1993, non recante la fissazione di un termine per la presentazione delle domande, in quanto correlate alla vigenza dei piani di vendita, né la previsione della loro conferma e riguardante, comunque, gli assegnatari, o familiari conviventi, dei soli alloggi inclusi nei piani e conduttori da oltre un quinquennio.

Quanto poi alla qualità di erede, rivestita nella specie dalla ricorrente, nella giurisprudenza che ha accompagnato l’evoluzione della normativa, da cui non vi è motivo di discostarsi per il caso in esame, si riscontra l’indirizzo costante, per cui, quando sia deceduto l’assegnatario senza l’intervenuto perfezionamento della vendita, la posizione di aspettativa giuridica alla cessione dell’alloggio non è trasferibile iure successionis e non è perciò acquisibile per la sola ragione della qualità di erede, dato che il diritto alla cessione è proprio del soggetto che ha i requisiti tassativamente richiesti dalla legge e che, all’atto della morte dell’originario assegnatario, si trova con costui in situazione di convivenza (per l’intero periodo determinato dalla legge) e di specifico rapporto, cioè di coniugio o di discendenza entro il terzo grado o di ascendenza (cfr. Cass. civ., Sez. I: n. 10379 del 1994; n. 2915 del 1995).

Sotto tale profilo, la Sezione concorda con l’orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui "né tale disciplina risulta derogata dall’art. 2 comma 3 legge n. 136 del 2001, che ha solo ribadito la non necessità di un’espressa conferma della domanda di riscatto da parte degli eredi e l’obbligo dell’amministrazione di provvedere comunque nei confronti dei medesimi in ordine alla richiesta cessione, individuando tra di essi chi sia in grado di subentrare nella posizione dell’originario assegnatario riscattante, e non ha previsto anche il necessario accoglimento della relativa domanda dell’erede o degli eredi, a prescindere dalla valutazione di quei requisiti, di parentela e convivenza, i quali, non risultando essere stati espressamente abrogati, non possono ritenersi posti nel nulla da una norma meramente interpretativa" (Cass. civ. sez. II, 26 settembre 2005, n. 18732).

La tesi dell’appellante non può essere condivisa malgrado l’asserita continuità di fondo del regime pianificatorio regolante la cessione degli alloggi, poiché, da un lato, non appare assimilabile alla originaria previsione di puntuali quote di riserva per ente proprietario quella della redazione di piani su scala regionale, di cui all’art. 4 della detta legge, previsti per procedere ad alienazioni consentite al solo fine della "realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo" dell’edilizia residenziale pubblica (comma 5), e, dall’altro, come sopra visto, il quadro pianificatorio non è il solo elemento di caratterizzazione della fattispecie di cui alla legge n. 560 del 1993.

6. Per le ragioni che precedono l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Le spese del secondo grado seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe, n. 1556 del 2007.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado del giudizio a favore del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, appellato, che liquida in euro 500,00 (cinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *