Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-10-2011) 25-10-2011, n. 38672

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di S.B. propone ricorso avverso l’ordinanza dell’11 maggio 2011 con la quale il Tribunale di Milano ha respinto l’appello proposto nei confronti del provvedimento del gip di reiezione della richiesta di concessione degli arresti domiciliari.

Si rileva che l’indagato risponde di concorso con altri nell’offerta in vendita di sostanza stupefacente, in relazione a due singoli episodi di cessione consumati in maggio ed agosto 2008, episodi non suffragati da alcun sequestro di sostanza stupefacente e delimitati nel tempo, malgrado le indagini si fossero snodate nell’arco di quattro anni, sulla base di intercettazioni nelle quali il nome dell’odierno ricorrente appare soltanto nel periodo richiamato.

Si assume conseguentemente che l’inserimento stabile del ricorrente in un traffico di rilevanti dimensioni non possa dirsi provato, ma al contrario smentito da tali risultanze.

Nel respingere l’istanza i giudici, secondo il ricorrente, hanno argomentato sulla mancata dimostrazione della volontà dell’interessato di uscire dalla dipendenza dalla cocaina che lo aveva spinto a commettere i due illeciti contestati, per non avere concordato un effettivo programma terapeutico, senza considerare che ciò era stato determinato dalla situazione nella quale versa l’ufficio tossicodipendenze del carcere ove l’interessato è astretto; si fa presente che attualmente risulta che una cooperativa si è resa disponibile ad accogliere l’interessato e ad accompagnarlo al Sert per la definizione del programma terapeutico, lamentando che tale circostanza di fatto, incidente sulla possibilità di accedere concretamente al percorso di disintossicazione, non fosse stata valutata dal giudice.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

Come in precedenza sottolineato il presente giudizio ha ad oggetto l’appello avverso la decisione negativa offerta dal Tribunale all’istanza proposta di concessione degli arresti domiciliari, mentre le allegazioni che ne costituiscono oggetto vertono su elementi del tutto estranei all’ambito proprio di questo grado, che deve specificamente essere individuato nella valutazione di legittimità della decisione dei giudici di merito.

Infatti, al di là di una vaga e generica contestazione della gravità del fatto oggetto dell’imputazione che, avendo ad oggetti gli indizi, avrebbe dovuto essere posta in dubbio nella precedente sede del riesame, oggetto dell’allegazione difensiva è la situazione di fatto che si pone a fondamento dell’istanza, il cui contenuto è difforme da quello prospettato dinanzi al gip, ove venne richiesta esclusivamente la concessione degli arresti presso il domicilio della convivente dell’interessato, allegando una sua generica volontà di sottoporsi a terapia disintossicante per uscire dalla tossicodipendenza.

A fronte di una motivazione di rigetto calibrata rispetto a tale istanza, il ricorrente attualmente prospetta la possibilità di essere accolto presso una struttura cooperativa finalizzata al recupero delle tossicodipendenze al fine di permanere in quella sede agli arresti domiciliari, istanza del tutto nuova che doveva essere formulata dinanzi al giudice del merito (Sez. 5, Sentenza n. 25595 del 17/05/2006, dep. 24/07/2006, imp. Rotolo Rv. 234417) e rispetto alla quale, all’evidenza, non possono formularsi rilievi di deficit motivazionale.

Ritenuto conseguentemente che l’oggetto del ricorso abbia esclusivo di carattere di merito, poichè in nessun punto della sua esposizione propone rilievi specifici sull’articolazione motivazionale del provvedimento che formalmente impugna, non può che concludersi per l’inammissibilità dell’impugnazione, cui deve fare seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, nonchè al versamento di un importo, ritenuto equo nella misura indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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