Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-10-2011) 25-10-2011, n. 38670

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. G.M. propone ricorso avverso il provvedimento con il quale il 19/4/2011 il Tribunale di Napoli ha respinto il riesame proposto in riferimento all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di quella città.

Lamenta con unico motivo mancanza di argomentazione in relazione all’attendibilità soggettiva intrinseca dei dichiaranti, in forza delle cui allegazioni è stato ricostruito il materiale indiziario a suo carico.

Si contesta in particolare che nel provvedimento impugnato, ed a monte, in quello applicativo della misura, possano ravvisarsi elementi idonei a corroborare sotto tale profilo le propalazioni poste a fondamento del provvedimento impositivo, non risultando accertato il ruolo dei dichiaranti nell’ambito delle compagini criminali; si assume che tale dato non possa ricostruirsi attraverso l’individuazione delle circostanze per cui vennero tratti in arresto, elemento che non permette di ravvisare il sicuro nesso della loro condotta con l’attività del clan al quale si assume appartenessero.

Il complesso delle circostanze richiamate .produce, secondo il ricorrente, l’apparenza di motivazione che si eccepisce con il motivo di ricorso proposto.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile per genericità, poichè contiene contestazioni che prescindono del tutto dall’effettivo contenuto del provvedimento impugnato.

Dall’esame congiunto dell’ordinanza impositiva e del provvedimento del Tribunale del riesame, provvedimenti che si completano a vicenda (Sez. 6, Sentenza n. 32359 del 06/05/2003, dep. 31/07/2003, imp. Scandizzo Rv. 226517), è possibile ricavare la presenza di una completa motivazione sull’attendibilità soggettiva dei dichiaranti, formulata valorizzando la loro stabilità collaborativa, l’entità del contributo reso ed il contenuto confessorio delle loro dichiarazioni, nonchè la coerenza intrinseca ed estrinseca delle loro affermazioni con riferimento, quanto al primo profilo, all’assenza di motivi di contrasto personale con le persone che accusano, alla precisione, coerenza, spontaneità e logicità delle ricostruzioni offerte e quanto, alla seconda, alla presenza di riscontri costituiti dalle altre chiamate che si intersecano tra di loro, dalle intercettazioni, dalle osservazioni di p.g..

Tanto espresso in linea generale, con riferimento ad ogni singolo dichiarante astato precisato che ciascuno si è autoaccusato di far parte delle associazioni mafiose di cui hanno ricostruito l’organigramma, specificando il ruolo da essi rivestito.

A fronte di tale precisa ricostruzione non risulta condivisibile l’eccezione di omessa motivazione, formulata con richiamo all’assenza di un provvedimento di arresto a loro carico che, indiscussa la sussistenza degli altri elementi sopra evidenziati, la cui effettiva sussistenza non risulta neppure posta in discussione, nulla sarebbe in grado di aggiungere in termini di specificità e coerenza sull’attendibilità delle dichiarazioni accusatone, circostanza che impone di escludere la specificità del vizio lamentato.

Ne consegue che, dichiarata, l’inammissibilità dell’istanza proposta, si debba giungere alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento di una somma, valutata equa nella misura indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *