Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-04-2012, n. 5939 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

è presente il P.G. in persona del Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto che B.G.N., con ricorso dell’11 maggio 2009, ha impugnato per cassazione – deducendo tre motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Lecce depositato in data 28 gennaio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del B. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1-, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha rigettato la domanda;

che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale, richiesto nella misura di Euro 8.000,00, o, alternativamente, di Euro 3.000,00, per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 12 marzo 2008 – era fondata sui seguenti fatti: a) il B. aveva adito il Tribunale di Foggia, in funzione di giudice del lavoro, con ricorso del 14 novembre 2003, per ottenere la computabilità degli accessori ai fini della indennità di buonuscita; b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 26 ottobre 2007;

che la Corte d’Appello di Lecce, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni la durata ragionevole del giudizio di primo grado, anche in materia di lavoro -, ha rigettato la domanda sia perchè il processo presupposto aveva avuto una durata di poco superiore ai tre anni, sia perchè il ricorrente, prima della promozione di tale processo aveva già percepito l’importo dovutogli, con conseguente consapevolezza della infondatezza della pretesa fatta valere nel processo medesimo;

che il ricorrente, in data 13 dicembre 2011, ha depositato l’istanza di persistente interesse alla trattazione della causa, di cui alla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 26 come modificato dal D.L. 22 dicembre 2011, n. 212, art. 14, comma 1, lett. a).

Considerato che con i motivi di censura vengono denunciate come illegittime, anche sotto il profilo del vizio di motivazione e dei criteri di liquidazione applicati: a) la individuazione della data del ricorso introduttivo del processo presupposto nel giorno 13 maggio 2004, anzichè nel giorno 14 novembre 2003; b) la determinazione della durata ragionevole del giudizio di primo grado in tre anni, anzichè in due anni e mezzo, secondo la giurisprudenza europea della Corte EDU; c) la erronea individuazione dell’oggetto della domanda proposta nel giudizio presupposto, che concerneva gli accessori sulla somma capitale già corrisposta e non già tale somma capitale; d) la erronea detrazione di alcuni periodi dalla durata complessiva del processo presupposto;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;

che le censure sono tutte sostanzialmente fondate, mentre l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per inadeguata formulazione dei quesiti di diritto – sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato-, è priva di fondamento, i quesiti essendo sufficientemente specifici e corrispondenti alla questioni sottoposte a questa Corte;

che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado – anche per le cause in materia di lavoro (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 12172 del 2011, 23047 del 2009, 5292 del 2006) -, è considerato equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta, restando assorbite tutte le altre;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che il processo presupposto ha avuto una durata complessiva di tre anni e undici mesi circa – dal 14 novembre 2003 al 26 ottobre 2007 -, sicchè, detratti tre anni di ragionevole durata, residuano undici mesi circa di durata irragionevole;

che pertanto, nella specie, sulla base di detti criteri, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, subito dalla ricorrente in proprio, va equitativamente 11 determinato in Euro 750,00, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi e previa compensazione per la metà in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 1.050,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

che le spese del presente grado di giudizio, previa compensazione per la metà in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso, seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro della giustizia al pagamento al ricorrente della somma di Euro 750,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che, previa compensazione per la metà, determina, per il giudizio di merito, per l’intero in complessivi Euro 1.050,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, e, per il giudizio di legittimità, per l’intero, in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, spese da distrarsi in favore dell’Avv. Mario Candiano, dichiaratosene antistatario.

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