Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-10-2011, n. 38532 Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Firenze, con sentenza in data 27/5/2010, confermava la sentenza del Tribunale di Lucca del 28/4/2008, appellata da D.Y., dichiarato colpevole dei reati di truffa in danno di immigrati extracomunitari (per essersi fatto consegnare somme di denaro asserendo falsamente che avrebbe procurato loro un lavoro), false dichiarazioni di emersione di lavoro irregolare e di agevolazione all’emigrazione clandestina e condannato, con la continuazione, alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione e Euro 3000 di multa. Proponeva ricorso per cassazione l’imputato deducendo i seguenti motivi:

a) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, avendo la Corte ritenuto credibili le dichiarazioni delle parti offese che hanno ottenuto il permesso di soggiorno dopo aver sporto denuncia contro l’imputato, apparendo irrilevanti, ai fini dell’accusa, le dichiarazioni del sovrintendente G.;

b) mancata concessione delle attenuanti generiche.

Motivi della decisione

1) Il ricorso è inammissibile perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4A sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5A sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2Asent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

E’ indiscusso nella giurisprudenza di questa Corte che a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa (Cass., sez. 3, 5 marzo 1993, Russo, m. 193862; Cass., sez. 4, 26 giugno 1990, Falduto, m. 185349) che, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere anche da sola assunta come fonte di prova, ove venga sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva (Cass., sez. 1, 28 febbraio 1992, Simbula, m. 189916;

Cass., sez. 6, 20 gennaio 1994, Mazzaglia, m. 198250; Cass., sez. 2, 26 aprile 1994, Gesualdo, m. 198323; Cass., sez. 6, 30 novembre 1994, Numelter, m. 201251; Cass., sez. 3, 20 settembre 1995, Azingoli, m.

203155), non richiedendo necessariamente neppure riscontri esterni, quando non sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua attendibilità (Cass., sez. 6, 13 gennaio 1994, Patan, m. 197386, Cass., sez. 4, 29 gennaio 1997, Benatti, m. 206985, Cass., sez. 6, 24 febbraio 1997, Orsini, m. 208912, Cass., sez. 6, 24 febbraio 1997, Orsini, m. 208913, Cass., sez. 2, 13 maggio 1997, Di Candia, m.

208229, Cass., sez. 1, 11 luglio 1997, Bello, m. 208581, Cass., sez. 3, 26 novembre 1997, Caggiula, m. 209404). A tali dichiarazioni, invero, non si applicano le regole di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, che riguardano le propalazioni dei coimputati del medesimo reato o di imputati in procedimenti connessi o di persone imputate di un reato collegato e che presuppongono l’esistenza di altri elementi di prova unitamente ai quali le dichiarazioni devono essere valutate per verificarne l’attendibilità.

Nel caso di specie i Giudici di merito, come già evidenziato, hanno sottoposto ad attento controllo le dichiarazioni delle vittime, valutate nel contesto delle emergenze processuali, segnatamente evidenziando le caratteristiche peculiari di precisione, coerenza ed uniformità delle dichiarazioni accusatorie ed estendendo il vaglio anche ad altri elementi (quali il riscontro delle false dichiarazioni, presentate dell’imputato, di emersione dal lavoro irregolare, attestanti falsamente che i lavoratori avevano prestato attività lavorativa alle dipendenze dell’impresa di V.V. e P.A., le ricevute di conto corrente delle somme versate, comunque riconducibili alla remunerazione di attività illecite del prevenuto) che, pur se giuridicamente non necessari, è stato ritenuto corroborassero ab externo il contenuto delle propalazioni accusatorie.

L’utilizzazione della fonte di prova è stata, quindi, condotta dai Giudici del merito nella corretta osservanza delle regole di giudizio che disciplinano la valutazione della testimonianza delle persone offese dal reato e con adeguata motivazione, che si sottrae a censura in questa sede.

E’ appena il caso di aggiungere che l’esattezza delle suddette valutazioni, non può formare oggetto di contestazione in questa sede, essendo notoriamente preclusi alla Corte di legittimità l’esame degli elementi fattuali e l’apprezzamento fattone dal giudice del merito al fine di pervenire al proprio convincimento. In conclusione si tratta di reiterazione delle difese di merito ampiamente e compiutamente disattese dai giudici di secondo grado, oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici.

Dalla ritenuta attendibilità dell’accusa discende, quindi, l’esatta affermazione della sussistenza dei contestati delitti, i cui elementi costitutivi sono stati tratti dalle dichiarazioni delle parti offese.

Gli argomenti proposti dal ricorrente costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.

2) Le doglianze relative al diniego di concessione di attenuanti generiche sono manifestamente infondate in quanto il giudizio sulle circostanze e sulla quantificazione della sanzione deve ritenersi esaurientemente compiuto con il porre in risalto anche una sola delle circostanze suscettibili di valutazione. Nel caso specifico la Corte territoriale ne ha negato la concessione con riferimento alla gravità dei fatti che favoriscono e alimentano il diffondersi dell’immigrazione clandestina, fenomeno che turba la quiete pubblica e può accentuare fenomeni di conflitto sociale, costituendo, al contempo, il presupposto per il diffondersi della microcriminalità che incide negativamente sulla sicurezza pubblica, non essendo il giudice comunque tenuto a considerare in maniera analitica i singoli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. esponendo per ciascuno di questi le rispettive ragioni che lo hanno indotto a formulare il proprio conclusivo giudizio (Cass. 2 2.9.00 n. 9387, ud. 15.6.00, rv.

216924).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen,, con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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