Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-10-2011, n. 38527

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Svolgimento del processo

La Corte di appello di Lecce, con sentenza in data 18/5/2009, confermava la sentenza del Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Maglie, in data 30.3.2006, appellata da C.G. dichiarata colpevole di appropriazione indebita di somme prelevate da libretti postali cointestati (Euro 2133,43 e Euro 10.500), con la defunta D.A. e la condannava, con le attenuanti generiche e la diminuente del rito, alla pena di giorni 40 di reclusione e Euro 200 in multa, determinando la pena complessiva in Euro 1.720 di multa (convertendo la pena detentiva in Euro 1520 di multa). Proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputata eccependo l’insussistenza del reato avendo avuto la ricorrente la piena disponibilità delle somme depositate su libretti di deposito, in quanto cointestataria degli stessi, non potendo ravvisarsi il reato nell’avere taciuto ai coeredi di D.A. l’esistenza di un libretto postale intestato anche alla ricorrente.

In data 23.6.2011 perveniva in originale alla Cancelleria della Corte integrazione dei motivi di ricorso da parte dell’avv. Massimo Gabrieli Tommaso.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

Nel libretto di deposito cointestato, al pari del conto corrente bancario cointestato a più persone, i rapporti interni tra i correntisti sono regolati non dall’art. 1854 cod. civ., che riguarda i rapporti tra i medesimi e la banca, ma dall’art. 1298 c.c., comma 2, in base al quale le parti di ciascuno dei debitori e creditori solidali si presumono uguali se non risulta diversamente (cfr Cass. civ. 8.9.2006,n. 19305, Cass. civ. 12.7.2005,n. 14686; Cass. civ. 18/08/1993, n. 8758).

E’, pertanto, configurabile il reato di appropriazione indebita a carico del coerede, cointestatario con il de cuius di un libretto di deposito bancario, il quale, pur se facoltizzato a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, della somma in deposito in misura eccedente la propria quota parte. La possibilità di operare con firma disgiunta sul libretti da parte di ciascun cointestatario non legittima, quindi, uno di essi ad appropriarsi, oltre la quota di sua spettanza, delle somme o titoli cointestati, senza il consenso dei contitolari o degli eredi di D. A. essendo avvenuto il prelievo degli importi dal libretto di deposito dopo la morte della contestataria. Quindi la ricorrente non avrebbe avuto titolo per appropriarsi delle somme depositate per l’intero, che, anzi, dopo la morte del contestatario, appartenevano, "pro quota" in forza di successione, agli eredi della stessa e non avrebbero potuto essere, comunque, prelevate per l’eccedenza dalla ricorrente dopo la morte dell’altra contestatario del libretto.

Infatti, se la solidarietà attiva consente la realizzazione dell’intero credito da parte di un solo creditore (ari 1292 e.e), tuttavia, in base alla disciplina civilistica dell’obbligazione solidale attiva vista nei rapporti interni, le parti di ciascun concreditore solidale si presumono uguali ( art. 1298 c.c.) e il concreditore è obbligato a non disporre per sè della parte della somma ad altri spettante, salvo la prova contraria a carico della parte che deduce una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa (Cass. Sez. 1, civile, 26 ottobre 1981, n. 5584, riv. 416305). Ciò significa, come già evidenziato, che, in mancanza di prova contraria, le parti si presumono uguali e che il concreditore, nei rapporti interni, non può disporre oltre il 50% delle somme risultanti da rapporti bancari solidali, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari. Il mutamento del titolo, in base al quale il soggetto possiede la parte di danaro che non è sua, integra l’ipotesi della "interversio possessionis", che costituisce il presupposto del reato di appropriazione indebita. Infatti, se la solidarietà attiva consente la realizzazione dell’ intero credito da parte di un solo creditore, questi tuttavia non acquista anche la proprietà delle quote altrui, che egli possiede e detiene in funzione del regolamento successivo del rapporto interno che, in base alla disciplina civilistica dell’obbligazione solidale attiva, vista all’interno dei creditori, lo obbliga a non disporre per se della parte della somma ad altri spettante. Questa stessa Sezione ha già avuto modo di affermare che "è configurabile il reato di appropriazione indebita a carico del contestatario di un conto corrente bancario il quale, pur se facoltizzato a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri contestatari, della somma in deposito eccedente la quota parte da considerarsi di sua pertinenza, in base al criterio stabilito dagli artt. 1298 e 1854 c.c., secondo cui le parti di ciascun con creditore solidale si presumono, fino a prova contraria, uguali" (Cass., sez. 2, 4.4.2006 n 17239 (dep. 18.5.2006).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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