Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-10-2011) 25-10-2011, n. 38525

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 14 dicembre 2010, la Corte d’assise di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza della Corte d’assise di Cosenza del 20 dicembre 2009, riconosciute a G.E. betta le attenuanti generiche prevalenti rideterminava in anni tre di reclusione ed Euro 600,00 di multa la pena inflitta alla medesima per il reato di concorso in rapina aggravata. Confermava nel resto l’impugnata sentenza, che aveva condannato – fra gli altri – P.A.D. alla pena di anni sei di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa. Il fatto si riferiva ad una rapina in abitazione, commessa in San Donato di Ninea il 4/7/2007, nel corso della quale una donna anziana. F.P., era stata percossa da uno dei rapinatori, perdendo la vita a seguito delle lesioni subite.

La Corte territoriale, in particolare, respingeva le censure mosse con l’atto d’appello congiunto da P.A.D. e G.E., in punto di affidabilità delle dichiarazioni rese dal coimputato S. (giudicato separatamente) che risultavano riscontrate dal tenore delle conversazioni intercettate in carcere fra P. e la sua compagna G..

Avverso tale sentenza propongono ricorso congiunto P.A. D. e G.E. per mezzo dei comuni difensori di fiducia, sollevando tre motivi di gravame.

Con il primo motivo deducono violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. e artt. 110 e 628 cod. pen..

Al riguardo, rilevato che l’accusa si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni del correo S.V., la difesa ricorrente si duole che la che Corte d’assise d’appello abbia fatto malgoverno dei principi che regolano la formazione della prova stabiliti dall’art. 192 cod. proc. pen., comma 3, in ordine a credibilità del dichiarante;

intrinseca consistenza delle dichiarazioni;

riscontri esterni individualizzanti.

La difesa ricorrente dubita della credibilità del dichiarante nonchè sulla genesi e sulle ragioni della collaborazione dello S.. Deduce l’intrinseca inconsistenza delle dichiarazioni di costui, richiamando specificamente una parte delle dichiarazioni rese dal dichiarante in contraddittorio e caratterizzante da una sequenza di non ricordo. Contesta inoltre che possono avere valore di riscontri esterni individualizzanti i contatti telefonici e l’intercettazione ambientale in carcere. In particolare la difesa riporta alcuni brani della conversazione ambientale intercettata in carcere per contestare l’interpretazione fornita dalla corte territoriale. Quanto alla posizione della G., la difesa ricorrente eccepisce che dalle stesse dichiarazioni accusatorie dello S. emerge che la stessa si è semplicemente limitata ad assistere alle due riunioni senza partecipare alla discussione, tantomeno alla preparazione del delitto. Per tali ragioni il Tribunale del riesame aveva disposto la scarcerazione della G. per l’insussistenza del quadro di gravità indiziaria.

Con il secondo motivo la difesa ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’art. 125 cod. proc. pen. e art. 116 cod. pen..

In particolare eccepisce che i coniugi P. e G. non dovrebbero rispondere di concorso nel reato di rapina aggravata, essendosi limitati a programmare un’azione che doveva consistere in un furto. Nel caso di specie non sussisteva la prevedibilità in concreto che il furto si sarebbe potuto trasformare in rapina, essendosi verificata, pertanto, l’ipotesi del concorso anomalo.

Infine con il terzo motivo la difesa ricorrente si duole del mancato riconoscimento alla G. delle attenuanti generiche con criterio di prevalenza.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Secondo l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte, ripetutamente ribadito nella successiva giurisprudenza:

"In tema di prova, ai fini di una corretta valutazione della chiamata in correità a mente del disposto dell’art. 192 c.p.p., comma 3, il giudice deve in primo luogo sciogliere il problema della credibilità del dichiarante (confitente e accusatore) in relazione, tra l’altro, alla sua personalità, alle sue condizioni socio-economiche e familiari, al suo passato, ai rapporti con i chiamati in correità ed alla genesi remota e prossima della sua risoluzione alla confessione ed alla accusa dei coautori e complici; in secondo luogo deve verificare l’intrinseca consistenza, e le caratteristiche delle dichiarazioni del chiamante, alla luce di criteri quali, tra gli altri, quelli della precisione, della coerenza, della costanza, della spontaneità; infine egli deve esaminare i riscontri cosiddetti esterni. L’esame del giudice deve esser compiuto seguendo l’indicato ordine logico perchè non si può procedere ad una valutazione unitaria della chiamata in correità e degli "altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità" se prima non si chiariscono gli eventuali dubbi che si addensino sulla chiamata in sè, indipendentemente dagli elementi di verifica esterni ad essa" (Sez. U, Sentenza n. 1653 del 21/10/1992 Ud. (dep. 22/02/1993) Rv. 192465, imp. Marino).

Nel caso di specie, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa ricorrente, la sentenza della Corte d’Assise d’appello si è conformata ai principi di diritto sopra enunciati ed ha specificamente respinto le contestazioni sollevate dagli imputati con i motivi d’appello, tanto in ordine alla credibilità del dichiarante, quanto in ordine alla intrinseca consistenza della sua dichiarazione, quanto alla sussistenza di riscontri esterni. In particolare la Corte territoriale prende in esame il comportamento del coimputato S., rilevando che costui ha reso piena ammissione del proprio ruolo (di basista) rivestito nella rapina, ed osservando che il legittimo arresto operato dai Carabinieri, per possesso di sostanze stupefacenti, costituisce l’elemento prodromico che ha spinto il coimputato alla collaborazione. La Corte, inoltre, verifica anche la coerenza interna del narrato dello S., sia con osservazioni dirette, sia con riferimento alla motivazione della sentenza (passata in giudicato) della Corte d’Assise d’appello del 5/5/2009, pronunziata nel troncone del procedimento a carico dei coimputati S. e C. (fol. 21, 22, 23). Infine la Corte prende in esame la sussistenza di riscontri esterni individualizzanti, valorizzando le conversazioni captate in carcere fra il P. e la G.. Le contestazioni della difesa ricorrente che propone una diversa lettura degli esiti delle intercettazioni, non possono trovare ingresso in questa sede in quanto censure in fatto. Infatti: "In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, è questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimità se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate" (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 17619 del 08/01/2008 Cc. (dep. 30/04/2008) Rv. 239724). Nel caso di specie, la Corte ha specificamente esaminato i risultati delle intercettazioni ambientali, fornendone un’interpretazione coerente e priva di vizi logico-giuridici (fol. da 23 a 27).

Infine la Corte ha specificamente preso in esame la posizione della G., rigettando la tesi della mera connivenza e richiamando gli elementi processuali dai quali si desume un ruolo attivo della stessa.

Alla luce di tali osservazioni deve essere respinto il primo motivo di ricorso.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso con il quale la difesa ricorrente invoca la sussistenza del concorso anomalo, ex art. 116 c.p., occorre rilevare che in punto di diritto è pacifico che:

"Sussiste la responsabilità a titolo di concorso anomalo, ex art. 116 cod. pen., in ordine al reato più grave e diverso da quello voluto qualora vi sia la volontà di partecipare con altri alla realizzazione di un determinato fatto criminoso ed esista un nesso causale nonchè psicologico tra la condotta del soggetto che ha voluto solo il reato meno grave e l’evento diverso, nel senso che quest’ultimo deve essere oggetto di possibile rappresentazione in quanto logico sviluppo, secondo l’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, di quello concordato, senza peraltro che l’agente abbia effettivamente previsto ed accettato il relativo rischio, poichè in tal caso ricorrerebbe l’ipotesi di concorso ex art. 110 cod. pen.; inoltre, la prognosi postuma sulla prevedibilità del diverso reato commesso dal concorrente va effettuata in concreto, valutando la personalità dell’imputato e le circostanze ambientali nelle quali si è svolta l’azione" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 39339 del 08/07/2009 Ud. (dep. 09/10/2009) Rv. 245152). Nel caso di specie la censura sollevata dalla difesa ricorrente, per pretesa violazione dell’art. 116 c.p., è inammissibile, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, in quanto trattasi di una violazione di legge non dedotta, in modo specifico, con i motivi d’appello con i quali è stata richiesta, in via subordinata, "l’applicazione dell’art. 116 c.p." senza alcuna specificazione nè delle ragioni della richiesta, nè del reato meno grave applicabile alla fattispecie. Va, comunque, rilevato che i due ricorrenti hanno beneficiato della mancata incriminazione per il reato più grave (l’omicidio della Falcone) proprio in applicazione dei principi di cui all’art. 116 c.p. che escludono la responsabilità del concorrente per il reato diverso commesso da taluno dei concorrenti in mancanza di un nesso causale nonchè psicologico tra la condotta del soggetto che ha voluto solo il reato meno grave e l’evento diverso.

Infine è inammissibile anche il terzo motivo di ricorso in punto di mancato riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti alla G., dal momento che la sentenza impugnata sul punto ha accolto parzialmente l’appello, riducendo il trattamento sanzionatorio in virtù della concessione delle attenuanti generiche con criterio di equivalenza. Il riconoscimento dell’equivalenza delle generiche, assorbe la motivazione sulla non concessa prevalenza.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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