Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-10-2011) 25-10-2011, n. 38550 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza n. 59 dell’8.03.2011 il GIP presso il Tribunale di Ascoli Piceno applicava a B.A., S.P.S. e I.A. pena patteggiata ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per il reato di cui all’art. 628 c.p., commi 1 e 3.

Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso gli imputati B. A. e S.P.S., nonchè, e nei confronti di tutti gli imputati, il Pubblico Ministero.

B.A. ha sollevato un unico motivo ex art. 606 c.p.p., lett. b) per erronea applicazione dell’art. 129 c.p.p. in relazione all’art. 444 c.p.p. non avendo il giudice di merito valutato se l’imputato fece effettivamente ingresso nell’istituto bancario onde realizzare la contestata rapina. S.P.S. ha sollevato un unico motivo ex art. 606 c.p.p., lett. b) per erronea applicazione dell’art. 129 c.p.p. in relazione all’art. 444 c.p.p. non avendo il giudice di merito valutato gli elementi di responsabilità ai sensi dell’art. 129 c.p..

Il Procuratore generale ha proposto un primo motivo nei confronti degli odierni ricorrenti nonchè di I.A. contestando violazione di legge, e specificamente dell’art. 444 c.p.p., art. 81 c.p. e art. 139 disp. att. coord. c.p.p., comma 1, per essere stata applicata pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. riconoscendo il vincolo della continuazione tra i reati oggetto di giudizio e reati dello stesso tipo, già definitivamente giudicati in processi condotti secondo il rito ordinario, applicandosi pene che, sommate a quelle inflitte nei precedenti giudizi conducono alle complessive pene di: anni sette mesi cinque, giorni dieci di reclusione per l’imputato I.; anni sei mesi sei giorni dieci di reclusione quanto all’imputato S.;

anni cinque mesi otto per l’imputato B.; ciò in violazione del limite dei cinque anni di pena definitiva stabilito nell’art. 444 c.p., comma 1.

Con un secondo motivo sollevato in relazione alle posizioni degli imputati I. e B., il Procuratore generale ha lamentato violazione dell’art. 444 c.p. e art. 99 c.p., comma 5, per avere il giudice ritenuto legittimo il patteggiamento in cui non è stato previsto l’aumento di pena per la recidiva, il quale aumento è invece obbligatorio, rientrando il reato oggetto di accordo processuale tra quelli elencati nell’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a).

2. – I ricorsi proposti da B.A. e S.P.S. sono manifestamente infondati e devono essere dichiarati inammissibili. Il GIP ha espressamente dato conto dell’insussistenza di presupposti per una pronuncia ai sensi dell’art. 129 c.p.p.; ha, poi, sinteticamente ma sufficientemente motivato sul fatto negativa oggetto di accertamento. Il ricorso presentato dal Procuratore generale è invece fondato con riguardo ad entrambi i motivi di cassazione.

Circa il primo motivo, deve osservarsi quanto segue. In giurisprudenza il principio secondo cui l’applicazione del rito del patteggiamento a fatti di reato legati dalla continuazione e sottoposti a separati procedimenti – resa possibile dalla previsione dell’art. 137 disp. att. coord. c.p.p., comma 2, – è ammissibile solo se le pene, unitariamente considerate ed unificate, non superino i limiti indicati dell’art. 444 c.p.p., è sottoposto a due letture di diversa estensione. Un primo avviso ritiene che tale regola si applichi solo ai casi in cui siano stati celebrati due o più procedimenti con il rito speciale e nei quali sì è pervenuti ogni volta alla riduzione di pena legalmente prevista. Nella ipotesi in cui il rito del patteggiamento sia stato adottato in alcuni soltanto di tali procedimenti, essendosi gli altri definiti con rito ordinario, il limite sanzionatorio opererebbe solo con riferimento al procedimento nel quale viene richiesta l’applicazione della pena e non anche rispetto alla pena complessivamente considerata (Cass. sez. 2, 13.12.2001, Olivieri). Un secondo avviso ritiene invece che i limiti di cui all’art. 444 c.p.p. non possono essere superati in nessun caso, atteso che la regola dell’art. 137 disp. att. c.p.p., se autorizza il concorso formale e la continuazione anche tra reati patteggiati e reati per i quali non è stato seguito il rito speciale, in nessun modo deroga al limite quinquennale stabilito, per la generalità dei casi, nell’art. 444 c.p.p. (cfr. Cass. sez. 2, 7.03.1997, Buonaiuto). Il secondo avviso merita condivisione e deve essere riaffermato, non solo per le ragioni già esposte a sostegno – ossia per il tenore generale dell’art. 137, che mentre autorizza il concorso formale, nulla dispone su eventuali regole derogatorie alla disciplina dello stesso – ma anche per il rilievo che la contraria prospettazione potrebbe preludere a esiti incoerenti giacchè quando si sia proceduto separatamente per più reati continuati potrebbe realizzarsi il cumulo dei benefici della continuazione e del patteggiamento (computandosi il limite quinquennale solo con riguardo ai reati definiti con applicazione della pena su richiesta), cumulo che risulterebbe invece inammissibile in caso di riunione di procedimenti atteso il limite quinquennale (a tal punto computato in ordine a tutti i reati) stabilito. Anche il secondo motivo coglie nel segno, in quanto dalla lettura della sentenza risulta che il giudice ha effettivamente ritenuto legittimo il patteggiamento in cui non è stato previsto l’aumento di pena per la recidiva, aumento invece obbligatorio per i reati, come quello di rapina, elencati nell’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a) e nel caso fatto oggetto di accordo processuale.

3. – L’accoglimento del ricorso del Procuratore generale determina l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti al Tribunale di Ascoli Piceno per l’ulteriore corso. All’inammissibilità dei ricorsi degli imputati consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che si stima equo quantificare in Euro 1.500,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Ascoli Piceno per l’ulteriore corso. Dichiara inammissibili i ricorsi degli imputati che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.500 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *