Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-10-2011) 25-10-2011, n. 38510

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 17.01.2011, emessa sull’accordo delle parti ex art. 444 c.p.p., il Tribunale monocratico di Patti, Sezione distaccata di S. Agata Militello, applicava alle extracomunitarie M.D. e Z.G. rispettivamente le pene di mesi anni uno e mesi otto di reclusione e anni uno e mesi quattro di reclusione per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, fatto accertato il 12.01.2011.- 2. Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazione le anzidette imputate che motivavano l’impugnazione deducendo: errata valutazione della recidiva.- 3. Il Procuratore generale presso questa Corte depositava quindi requisitoria con la quale richiedeva annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza.- 4. Con atto in data 13.09.2011 la difesa depositava memoria in punto recidiva.- 5. Il ricorso merita accoglimento, sia pur con motivazione diversa da quella proposta dalla parte ricorrente.- Deve rilevare infatti questa Corte come, in ordine al reato ascritto alle predette imputate, sia del tutto pacifica la giurisprudenza di questa Corte di legittimità che ha rilevato l’abolitio criminis intervenuta a seguito della diretta applicazione nel diritto interno della Direttiva Comunitaria in materia.- Va rilevato invero come il 28 aprile 2011 sia stata depositata la sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nel procedimento C-61/11 PPU, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE, proposta dalla Corte d’appello di Trento nell’ambito del procedimento a carico di H.E.D., imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, in relazione alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CF, recante "norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare". Con tale sentenza la Corte europea afferma che "la direttiva 2008/115, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo". Spetta perciò al giudice nazionale "disapplicare ogni disposizione del D.Lgs. n. 286 del 1998 contraria al risultato della direttiva 2008/115, segnatamente l’art. 14, comma 5-ter, di tale decreto legislativo", tenendo altresì nel debito conto il principio "dell’applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri".- La decisione della Corte di Giustizia, interpretando in maniera autoritativa il diritto dell’Unione con effetto diretto per tutti gli Stati membri e le rispettive giurisdizioni, incide sul sistema normativo interno impedendo la configurabilità del reato. L’effetto è paragonabile a quello della legge sopravvenuta (cfr. C. Cost. nn. 255 del 1999, 63 del 2003, 125 del 2004 e 241 del 2005, secondo cui "i principi enunciati nella decisione dalla Corte di giustizia si inseriscono direttamente nell’ordinamento interno, con il valore di jus superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quella norma conserva efficacia e deve essere applicata anche da parte del giudice nazionale") con portata abolitrice della norma incriminatrice.- In relazione ad una fattispecie, come quella in esame, realizzata dopo la scadenza dei termini per il recepimento della direttiva, deve per conseguenza affermarsi che il fatto non è più preveduto dalla legge come reato.- La formula è in linea con quanto già ritenuto, in relazione ad ipotesi in qualche modo simile, da questa Corte (Sez. 1, 20 gennaio 2011, n. 16521, imp. Titas Luca) che ha osservato che la pronunzia della Corte di Giustizia che accerta l’incompatibilità della norma incriminatrice con il diritto europeo "si incorpora nella norma stessa e ne integra il precetto con efficacia immediata" (cfr.

Corte Cost. nn. 13 del 1985, 389 del 1989, 168 del 1991), così producendo "una sorta di abolitio criminis" che impone, in forza di interpretazione costituzionalmente necessitata, di estendere a siffatte situazioni di sopravvenuta inapplicabilità della norma incriminatrice nazionale, anche la previsione dell’art. 673 cod. proc. pen..- Ciò posto, va poi rilevato come la recente L. 2 agosto 2011, n. 129, recante disposizioni per l’attuazione dell’anzidetta Direttiva comunitaria, pur novando la fattispecie (ed indirettamente confermando l’intervenuta abolitio criminis), nell’introdotta nuova formulazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, non realizza continuità normativa con la precedente disciplina non solo per lo iato temporale intercorrente rispetto al maturatosi effetto della Direttiva, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e per la diversa tipologia delle condotte necessarie ad integrare il reato. Sul punto basterà rilevare che oggi all’intimazione di allontanamento si può pervenire solo all’esito, che si riveli infruttuoso, dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un centro a ciò deputato (C.I.E.). Deve quindi concludersi che la novella citata ha istituito una nuova incriminazione applicabile ai fatti verificatisi dopo l’entrata in vigore della stessa, per cui non può incidere sul fatto ascritto alle imputate odierne ricorrenti.- L’esito di tali considerazioni impone decisione assolutoria per abolitio criminis che deve essere pronunciata, per la sua sostanziale prevalenza ex art. 129 c.p.p., comma 1, anche nei confronti di sentenza emessa ex art. 444 c.p.p..- In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per entrambe le ricorrenti perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.-

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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