T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 23-11-2011, n. 9177

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo del giudizio, il ricorrente (dottore farmacista sessantenne, incensurato) ha rappresentato di essere stato convocato, in data 8 settembre 2010, presso gli uffici della Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Viterbo, ove gli è stato notificato un atto di ammonimento ex art. 8, D.L. 23 febbraio 2009, n. 11 (n° 2060/Anticr./2010) emesso dal Questore della Provincia di Viterbo nei suoi confronti in data 6 settembre 2010. Di ciò il Dirigente delegato, suddetto, ha redatto apposito verbale che è stato consegnato all’interessato.

Dal tenore letterale del provvedimento si evince che l’atto trae origine da una "richiesta" in tal senso presentata da B. Flavia in data 14.8.2010, la quale avrebbe lamentato "di essere stata costretta ad alterare le proprie abitudini di vita nonché di temere per la propria incolumità psicofisica non riuscendo ad evitare in alcun modo il ripetersi di atti persecutori nei suoi riguardi che si protraggono ormai da tempo" posti in essere da M.A.T., il quale, sempre a detta della medesima, si sarebbe reso reiteratamente responsabile, nei suoi riguardi, di "pedinamenti, sms molesti e ingiuriosi, minacce, aggressioni verbali in pubblico, nonché frasi djffamatorie lesive della sua dignità personale riferite a terze persone".

A seguito di tale richiesta, la Questura di Viterbo, in data 6 settembre 2010, ha ritenuto di dover dare credito alle accuse mosse dalla B. – con la quale il ricorrente sostiene di aver precedentemente intrattenuto una relazione terminata diversi mesi prima dei fatti oggetto di causa – e di dover, conseguentemente, emettere l’impugnato atto di ammonimento.

M.A.T. ha incaricato un legale di acquisire gli atti posti a fondamento del provvedimento, ma la richiesta, avanzata in data 21.9.2011, è stata respinta con comunicazione inviata via fax in data 30.9.2010.

Ritenendo erroneo l’operato dell’Amministrazione ed illegittimi gli atti adottati, l’interessato ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe.

L’Amministrazione resistente e B. Flavia, costituitisi in giudizio hanno affermato l’infondatezza delle censure avanzate dal ricorrente ed hanno chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del 1314 gennaio 2011, n. 164, il TAR ha accolto la domanda cautelare proposta dal ricorrente al fine di ottenere la sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato.

All’udienza del 14 luglio 2011, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

1. Avverso gli atti impugnato, il ricorrente ha proposto i motivi di ricorso di seguito indicati.

A) violazione degli artt. 7, 8, 9, e 10, della legge n. 241/1990 e dei principi in materia di procedimento amministrativo, per omessa comunicazione di avvio del procedimento e violazione dell’interesse alla partecipazione del procedimento.

Al riguardo, il ricorrente ha evidenziato che l’atto di ammonimento impugnato non è stato preceduto dall’avviso di avvio del procedimento, come prescritto dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990 e l’Amministrazione non esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto di dover emettere tale adempimento.

B) Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, D.L. n. 11/2009, convertito con legge n. 38/2009, in relazione alla violazione dell’art. 6 della legge n. 241/1990, ed eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, perplessità, contraddittorietà, travisamento e difetto di istruttoria.

Sotto questo profilo, l’interessato ha evidenziato che la legge n. 38 del 2009 prevede che, ove non sia stata sporta querela e non vi siano reati perseguibili d’ufficio, c’é la possibilità di rivolgere al Questore istanza di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta molesta. Sono però stabiliti vari oneri istruttori, tra cui la necessità di sentire le persone informate sui fatti (tra i quali, in primo luogo, l’interessato) e di assumere le informazioni necessarie agli organi investigativi.

Nel caso di specie, però, malgrado fosse chiaro che dall’ammonimento sarebbero potute scaturire serie conseguenze giuridiche per l’ammonito, l’Amministrazione non risulta aver svolto una seria e completa istruttoria.

C) Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, D.L. n. 11/2009, convertito con legge n. 38/2009, in relazione all’art. 3 l.n. 241/1990; violazione dei principi di ragionevolezza e di imparzialità di cui agli artt. 3 e 97 Cost.; ed eccesso di potere per difetto di motivazione e per illogicità ed irrazionalità manifeste.

Al riguardo, il ricorrente ha rappresentato che il provvedimento impugnato è privo di motivazione, poiché esso si limita a fare rinvio a non meglio identificati eventi e non consente di comprendere le ragioni della determinazione assunta dall’Amministrazione.

2. L’Amministrazione resistente si è difesa in giudizio depositando note e documenti relativi alla vicenda, contestando le censure avanzate dalla parte ricorrente, affermando l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. In particolare, la difesa erariale ha evidenziato che, in sede procedimentale, prima di adottare l’atto di ammonimento, sono stati acquisiti elementi di indagine quali sommarie informazioni di De Sanctis Diana (amica della B.) e di Pompei Paolo (ex coniuge della B.), ed informazioni assunte presso il Comando Stazione Carabinieri di Sutri, che, a parere dell’Amministrazione, hanno confermato le circostanze rappresentate dalla B..

3. Il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto in quanto l’atto di ammonimento è stato adottato violando gli artt. 3, 6 e 7 della legge n. 241 del 1990.

3.1. L’atto di ammonimento impugnato è stato emanato all’esito di un procedimento la cui pendenza non è stata portata a conoscenza dell’interessato, come prescritto dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

Atti del genere di quello impugnato possono essere adottati senza comunicare all’interessato l’avvio del relativo procedimento se le circostanze del caso concreto inducono a ritenere che occorra agire con urgenza al fine di evitare di porre in pericolo o pregiudicare interessi di particolare rilievo quali l’incolumità fisica o psichica del destinatario dei presunti comportamenti lesivi.

Nella fattispecie, però, tali circostanze non risultavano avere una consistenza tale da giustificare l’omissione delle garanzie partecipative e, comunque, l’Amministrazione non risulta aver esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto di poter omettere l’adempimento in questione nel caso concreto. Sul punto va considerato che, ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 241 del 1990, la comunicazione di avvio del procedimento può essere omessa solo se ricorrono ragioni di celerità e urgenza, ovvero se sussistono esigenze cautelari da soddisfare. E’ chiaro, tuttavia, che di tali circostanze – che pregiudicano la partecipazione dell’interessato al procedimento che si concluderà con un provvedimento che inciderà sulle sue posizioni giuridiche soggettive – l’Amministrazione deve dare conto nel provvedimento adottato all’esito di un iter al quale l’interessato non ha partecipato.

Ciò, a maggior ragione in un caso come quello oggetto di causa, nel quale, a fronte della richiesta della B. del 14 agosto 2010, il procedimento si è concluso in data 6 settembre 2010 e, quindi, in astratto ed in assenza di specifiche esigenze che avrebbero dovuto essere esplicitate nell’atto impugnato, vi sarebbe stato tempo e modo per coinvolgere il M.A. nel procedimento.

Tenuto anche conto della natura discrezionale del procedimento in questione, peraltro, non si può evitare di annullare il provvedimento contestato, facendo applicazione dell’art. 21octies, comma 2, ultima parte, della legge n. 241/1990, perché l’Amministrazione non ha fornito sufficienti elementi per indurre a ritenere che ove l’interessato avesse partecipato al procedimento non avrebbe fornito elementi utili per indurre la Questura di Viterbo ad adottare una soluzione diversa da quella contestata. Infatti, come emerge dal ricorso introduttivo del giudizio e dalle memorie depositate in corso di causa dall’interessato, se il M.A. fosse stato avvisato dell’avvio del procedimento, avrebbe potuto fornire elementi di valutazione in ordine ai comportamenti che gli erano stati imputati dalla B., ed avrebbe potuto fornire spunti di indagine tesi ad accertare la fondatezza o meno delle accuse mossegli, ad esempio, indicando all’Amministrazione testi che avrebbero potuto riferire circostanze significative, fornendo gli sms inviati dalla B. al M. o dai suoi famigliari e le risultanze dei tabulati relativi al traffico telefonico intervenuto tra le parti, utili, a parere del ricorrente, per dimostrare che la B. nutriva risentimento nei suoi confronti a causa della volontà manifestatale da questi di porre definitivamente fine al rapporto sentimentale intercorso tra i due.

3.2. Per quanto concerne il difetto di istruttoria e di motivazione, quanto detto al punto sub 3.1) vale anche a ritenere fondate tali censure, considerato che l’Amministrazione ha dimostrato in giudizio di aver eseguito accertamenti istruttori solo in relazione alle circostanze e ai dati forniti dalla B., omettendo di acquisire e valutare quelli che avrebbe potuto fornire e indicare il M..

Sotto il profilo motivazionale, poi, va rilevato che nel provvedimento impugnato non si è dato conto neanche degli elementi di indagine esperiti. Solo in giudizio tale elementi di valutazione sono stati indicati dalla difesa erariale, ma il provvedimento impugnato ha natura discrezionale e, quindi, non è consentito integrare in modo postumo la motivazione dell’atto, indicando solo in giudizio gli elementi sui quali lo stesso si basa.

In sostanza, l’illegittimità del provvedimento va valutata considerando che – dal tenore dello stesso emerge che – il Questore di Viterbo risulta averlo emesso a seguito dell’istanza avanzata dalla B. e "sulla base degli accertamenti esperiti…", limitandosi a richiamare genericamente la presenza delle condizioni previste dall’art. 8, co. 3, del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con legge 23 aprile 2009, n. 38, senza fare cenno a circostanze concrete ulteriori rispetto a quanto riferito dalla B..

4. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto, con conseguente annullamento dell’atto di ammonimento.

5. Sussistono validi motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– lo accoglie, con conseguente annullamento dell’atto di ammonimento;

– dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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