Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-10-2011) 25-10-2011, n. 38505

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 04.12.2010, emessa sull’accordo delle parti ex art. 444 c.p.p., il Tribunale monocratico di Catania applicava all’extracomunitario M.B.S.O.M. la pena di mesi 5 e giorni 10 di reclusione per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, fatto accertato il (OMISSIS).

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto imputato clic motivava l’impugnazione deducendo: omessa considerazione di possibili cause di innocenza ex art. 129 c.p.p..

3. Il Procuratore generale presso questa Corte depositava quindi requisitoria con la quale richiedeva declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. Il ricorso merita accoglimento, sia pur con motivazione diversa da quella proposta dalla parte ricorrente.

Deve rilevare infatti questa Corte come, in ordine al reato ascritto al predetto imputato, sia del tutto pacifica la giurisprudenza di questa Corte di legittimità che ha rilevato l’abolitio criminis intervenuta a seguito della diretta applicazione nel diritto interno della Direttiva Comunitaria in materia.

Va rilevato invero come il 28 aprile 2011 sia stata depositata la sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nel procedimento C-61/11 PPU, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE, proposta dalla Corte d’appello di Trento nell’ambito del procedimento a carico di H. E.D., imputato del reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, in relazione alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante "norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare". Con tale sentenza la Corte europea afferma che "la direttiva 2008/115, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrorazione della pena della reclusione al cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo". Spetta perciò al giudice nazionale "disapplicare ogni disposizione del D.Lgs. n. 286 del 1998 contraria al risultato della direttiva 2008/115, segnatamente il cit. D.Lgs., art. 14, comma 1 ter", tenendo altresì nel debito conto il principio "dell’applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri".

La decisione della Corte di Giustizia, interpretando in maniera autoritativa il diritto dell’Unione con effetto diretto per tutti gli Stati membri e le rispettive giurisdizioni, incide sul sistema normativo interno impedendo la configurabilità del reato. L’effetto è paragonabile a quello della legge sopravvenuta (cfr. C. Cost. nn. 255 del 1999, 63 del 2003, 125 del 2004 e 241 del 2005, secondo cui "i principi enunciati nella decisione dalla Corte di giustizia si inseriscono direttamente nell’ordinamento interno, con il valore di jus superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quella norma conserva efficacia e deve essere applicata anche da parte del giudice nazionale") con portata abolitrice della norma incriminatrice.

In relazione ad una fattispecie, come quella in esame, realizzata prima della scadenza dei termini per il recepimento della direttiva, deve per conseguenza affermarsi che il fatto non è più preveduto dalla legge come reato.

La formula è in linea con quanto già ritenuto, in relazione ad ipotesi in qualche modo simile, da questa Corte (Sez. 1, 20 gennaio 2011, n. 16521, imp. Titas Luca) che ha osservato che la pronunzia della Corte di Giustizia che accerta l’incompatibilità della norma incriminatrice con il diritto europeo "si incorpora nella norma stessa e ne integra il precetto con efficacia immediata" (cfr. Corte Cost. nn. 13 del 1985, 389 del 1989, 168 del 1991), così producendo "una sorta di abolitio criminis" che impone, in forza di interpretazione costituzionalmente necessitata, di estendere a siffatte situazioni di sopravvenuta inapplicabilità della norma incriminatrice nazionale, la previsione dell’art. 673 c.p.p..

Ciò posto, va poi rilevato come la recente L. 2 agosto 2011, n. 129, recante disposizioni per l’attuazione dell’anzidetta Direttiva comunitaria, pur novando la fattispecie (ed indirettamente confermando l’intervenuta abolitio criminis), nell’introdotta nuova formulazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, non realizza continuità normativa con la precedente disciplina non solo per lo iato temporale intercorrente rispetto al maturatosi effetto della Direttiva, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e per la diversa tipologia delle condotte necessarie ad integrare il reato. Sul punto basterà rilevare che oggi all’intimazione di allontanamento si può pervenire solo all’esito, che si riveli infruttuoso, dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un centro a ciò deputato (C.I.E.). Deve quindi concludersi che la novella citata ha istituito una nuova incriminazione applicabile ai fatti verificatisi dopo l’entrata in vigore della stessa, per cui non può incidere sul fatto ascritto all’imputato odierno ricorrente.

L’esito di tali considerazioni impone decisione assolutoria per abolitio criminis che deve essere pronunciata, per la sua sostanziale prevalenza ex art. 129 c.p.p., comma 1, anche nei confronti di sentenza emessa ex art. 444 c.p.p..

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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