T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 23-11-2011, n. 9203

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente ha partecipato al concorso indicato in epigrafe.

Nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali, con sentenza del 3.5.2004 il Tribunale di Messina lo ha condannato al pagamento di Euro. 300,00 di multa per il reato di cui agli artt. 635 c.p. e 625, comma 7, c.p. (danneggiamento di cose esposte); reato commesso in occasione di disordini e tafferugli conseguenti ad una manifestazione sportiva.

In grado d’appello la condanna è stata confermata, ma la pena ridotta alla multa di Euro.100,00 ed è stata concessa la sospensione condizionale della stessa.

La sentenza del giudice d’appello è stata impugnata innanzi alla Corte di Cassazione.

In pendenza del procedimento penale sopra indicato (nel dicembre del 2005 e cioè allorquando il giudizio pendeva innanzi alla Corte di Cassazione), l’Amministrazione ha adottato e notificato al ricorrente il provvedimento indicato in epigrafe, che lo esclude dalla procedura concorsuale.

Il provvedimento di esclusione poggia su varie autonome motivazioni.

La prima motivazione dell’esclusione consiste nel fatto che in pendenza del concorso il ricorrente è stato condannato, seppur con sentenza non passata in giudicato, al pagamento di una multa di Euro.100 per il reato di cui all’art.635 c.p. (danneggiamento di cose esposte); dal che deriva che egli difetta del requisito previsto dall’art.2 lett. "f" dal bando (non essere, al momento dell’arruolamento, imputato in processi penali o condannato, seppur con sentenza non definitiva).

La seconda motivazione dell’esclusione consiste nel fatto che la condotta dalla quale è scaturita la predetta condanna (non definitiva – lo si ribadisce – al momento dell’adozione del provvedimento impugnato) è stata ritenuta "un comportamento inconciliabile con le attribuzioni e funzioni deputate agli appartenenti al Corpo e con l’espletamento dei compiti istituzionali della Guardia di Finanza"; dal che deriva che il ricorrente difetterebbe del requisito previsto dall’art.2, lett. "g" del bando (non aver posto in essere comportamenti di tal genere).

La terza motivazione dell’esclusione consiste nel fatto che la condotta è stata ritenuta comunque "censurabile"; dal che deriva che il ricorrente difetterebbe del requisito previsto dall’art.2, lett. "h" del bando (non aver posto in essere un comportamento comunque "censurabile").

Con il ricorso in esame il ricorrente ha impugnato il provvedimento in questione, e ne chiede l’annullamento, per le conseguenti statuizioni, con vittoria di spese.

Con il primo mezzo di gravame ne lamenta l’illegittimità per incompetenza dell’Organo valutativo, deducendo che l’Amministrazione avrebbe dovuto riconvocare la medesima Commissione che aveva compiuto le precedenti valutazioni (e ciò in quanto il ricorrente era stato escluso già una prima volta per ragioni diverse a quelle che hanno determinato l’attuale esclusione, e poi riammesso alla procedura concorsuale).

Con il secondo mezzo di gravame il ricorrente lamenta violazione dell’art.27 della Costituzione ed eccesso di potere per difetto di motivazione ed irragionevolezza, deducendo che l’esclusione per difetto dei requisiti di cui all’art.2, lett. "f" del bando è illegittima in quanto in contrasto con il principio costituzionale di presunzione di innocenza.

Con il terzo mezzo di gravame il ricorrente lamenta la illegittimità derivata del provvedimento di esclusione impugnato, dalla illegittimità costituzionale – per contrasto con l’art.27, comma 2°, della Costituzione – del combinato disposto di cui agli artt. 26 della L. 1.2.1989 n.53 (che prevede che per l’accesso nei ruoli della Polizia di Stato e delle altre forze di polizia è richiesto il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l’ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria) e dell’art. 124 del RD 30.1.1941 n.12 (che stabilisce l’esclusione dal concorso dei candidati che, per le informazioni raccolte, non risultano di condotta incensurabile), deducendo che la normativa indicata – richiamata dal bando – consente all’Amministrazione di equiparare a fattispecie di reato comportamenti che non sono tali, il che violerebbe il principio di presunzione di innocenza.

Con il quarto mezzo di gravame il ricorrente lamenta eccesso di potere per difetto di motivazione, deducendo che l’esclusione per difetto dei requisiti di cui all’art. 2 lettere "g" ed "h" del bando è illegittima in quanto non assistita da specifiche motivazioni basate su criteri certi e prestabiliti.

Con il quinto mezzo di gravame il ricorrente lamenta violazione dell’articolo unico della L. 29.10.1984 n.732, deducendo che la previsione dell’incensurabilità della condotta quale requisito di ammissione nel corpo è illegittima in quanto surrettiziamente volta a reintrodurre il requisito della buona condotta, ormai soppresso dall’Ordinamento.

Ritualmente costituita, l’Amministrazione ha eccepito l’inammissibilità del ricorso (sostenendo che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare autonomamente e tempestivamente il bando) e comunque la sua infondatezza, chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

Con ulteriore memoria il ricorrente ha controdedotto ed insistito per l’accoglimento delle domande giudiziali.

Infine all’udienza del 21 aprile 2011, il Collegio si è riservata la decisione in ordine alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

1.1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso preliminarmente sollevata dall’Amministrazione, secondo cui il ricorrente avrebbe dovuto impugnare autonomamente e tempestivamente il bando, non può essere condivisa.

E’ infatti evidente che l’interesse a ricorrere è sorto non già al momento della pubblicazione del bando, ma solamente nel corso della procedura, allorquando il ricorrente è stato formalmente escluso dal concorso; o, al più, nel momento in cui ha determinato, con la condanna, il presupposto attuale e concreto per la sua esclusione.

1.2. Nel merito la domanda giudiziale merita accoglimento – esclusa comunque, a tal fine, la necessità di sollevare la questione di legittimità costituzionale – per le ragioni che si passa ad esporre.

1.2.1. Con il primo mezzo di gravame il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato per incompetenza dell’Organo che lo ha valutato, deducendo che l’Amministrazione avrebbe dovuto riconvocare la medesima Commissione giudicatrice che aveva compiuto le precedenti valutazioni (e ciò in quanto il ricorrente era stato escluso già una prima volta per ragioni diverse a quelle che hanno determinato l’attuale esclusione, e poi riammesso alla procedura concorsuale).

La doglianza non merita accoglimento.

Nel devolvere ad una nuova Commissione – diversamente composta – la valutazione sul ricorrente, l’Amministrazione ha inteso assicurare l’imparzialità e la serenità del giudizio e dunque tutelare l’interessato; il che appare corretto e non lesivo di alcun principio di buona amministrazione né contrario ad alcuna specifica norma (peraltro non individuata dal postulante);

1.2.2. Con il secondo mezzo di gravame il ricorrente lamenta violazione dell’art.27 della Costituzione ed eccesso di potere per difetto di motivazione ed irragionevolezza, deducendo che l’esclusione per difetto dei requisiti di cui all’art.2, lett. "f" del bando (consistente nel "non essere, al momento dell’arruolamento, imputato in processi penali o condannato, seppur con sentenza non definitiva") è illegittima in quanto in contrasto con il principio costituzionale di presunzione di innocenza.

La doglianza merita accoglimento.

L’Amministrazione ha fondato il provvedimento di esclusione del ricorrente dal concorso (oltrecchè su altre autonome ragioni sulle quali si tornerà successivamente, anche) sulla circostanza che egli difetta (rectius: difettava al momento dell’adozione del provvedimento) del requisito previsto dall’art. 2 lett. "f" del bando (disposizione secondo cui il candidato non deve risultare imputato o condannato, neanche se con sentenza non passata in giudicato).

L’Amministrazione ha cioè valutato negativamente la circostanza che il ricorrente aveva subìto una condanna penale, senza però considerare che il procedimento penale era ancora in corso, essendo stata da lui impugnata la relativa sentenza, non ancora passata in giudicato.

Appare pertanto evidente che l’Amministrazione ha leso il principio di presunzione di innocenza, sancito dall’art.27 della Costituzione – norma immediatamente precettiva (perché introduttiva di una clausola generale dell’Ordinamento) – avendo equiparato una condanna non passata in giudicato (dunque equivalente, secondo la menzionata norma costituzionale ad un’accusa) ad una condanna definitiva.

Equiparazione errata che ha determinato una esclusione illegittima.

Ed al riguardo va affermato che è illegittima la stessa disposizione del bando che introduce il requisito in questione, in spregio del più volte menzionato principio costituzionale.

La predetta disposizione va pertanto annullata siccome illegittima in quanto contrastante con una norma costituzionale immediatamente precettiva, e così pure il provvedimento di esclusione nella parte che su essa si fonda.

1.2.3. Con il quarto mezzo di gravame – che può essere trattato con precedenza sul terzo, per il suo carattere assorbente rispetto al precedente – il ricorrente lamenta eccesso di potere per difetto di motivazione, deducendo che l’esclusione per difetto dei requisiti di cui all’art. 2 lettere "g" ed "h" del bando è illegittima in quanto non assistita da specifiche motivazioni basate su criteri obiettivi, certi e prestabiliti.

La censura merita accoglimento.

Ed invero il rilievo secondo cui il ricorrente avrebbe "posto in essere un comportamento inconciliabile con le attribuzioni e funzioni deputate agli appartenenti al Corpo e con l’espletamento dei compiti istituzionali della Guardia di Finanza", e comunque "sicuramente censurabile", appare:

per un verso estremamente generico ed ingiustificatamente assiomatico; ossia tautologico e petitorio, siccome "indimostrato" e comunque non supportato da valutazioni poggianti su giudizi di conformità a regole deontologiche, nè su valutazioni proporzionalistiche relative alla misura e gravità della sanzione comminata;

e comunque, e per altro verso, implicitamente basato sull’acritico recepimento degli accertamenti effettuati in un procedimento penale culminato in una sentenza non ancora passata in giudicato (id est: non esecutiva e foriera di una condanna non definitiva); e dunque non assistito da una soglia di certezza idonea e sufficiente a scalfire la c.d. "presunzione di innocenza" dell’imputato, presunzione costituzionalmente garantita.

L’Amministrazione avrebbe dovuto esperire – secondo un principio costituente ormai jus receptum nel nostro Ordinamento – un’autonoma valutazione in ordine ai fatti contestati, vagliandone la gravità sotto il profilo disciplinare.

1.2.4. Con il quinto motivo di gravame – anch’esso da trattare con precedenza sul terzo per la medesima ragione sopra esposta – il ricorrente lamenta violazione dell’articolo unico della L. 29.10.1984 n.732, deducendo:

– che la previsione del bando che prescrive l’"incensurabilità della condotta" quale requisito di ammissione nel corpo è illegittima in quanto surrettiziamente volta – in contrasto con la norma di legge testè indicata – a reintrodurre il requisito della buona condotta, ormai soppresso dall’Ordinamento;

– e che pertanto è illegittimo anche il provvedimento di esclusione, nella parte in cui si basa sulla predetta disposizione del bando.

La censura merita accoglimento.

Fra le locuzioni "buona condotta" e "condotta incensurabile" non sussistono – nella lingua italiana, ed anche nel linguaggio giuridico tecnico – apprezzabili differenze. Ed anzi la previsione del possesso – quale requisito di ammissibilità – di una "condotta incensurabile" potrebbe apparire addirittura più intransigente e rigida rispetto a quella relativa al possesso di una, per così dire, semplice "buona condotta".

Il che significa che parole formalmente differenti esprimono concetti sostanzialmente equivalenti, o comunque sovrapponibili.

Senonchè la L. 29.10.1984 n.732 – votata e promulgata a seguito di un ampio ed approfondito dibattito e di una riflessione culturale che ha avuto vasta eco anche negli organi di stampa – ha tassativamente vietato, a garanzia del libero esercizio di fondamentali diritti dell’uomo (quali il diritto alla libertà di manifestazione del pensiero in materia di politica, filosofia, religione e morale; ed il diritto alla libertà di condurre qualsiasi attività, purchè non integrante fattispecie di reato, che esprima la pratica attuazione di idee politiche, filosofiche, religiose e morali) che ai fini dell’accesso agli impieghi pubblici possa essere richiesto o comunque accertato il requisito della "buona condotta".

E poiché, come già rilevato, fra "buona condotta" e "condotta incensurabile" non emerge (o comunque può non emergere con la dovuta e richiesta chiarezza) alcuna obiettiva ed apprezzabile differenza, appare evidente che la disposizione del bando – così come congegnata, ed in mancanza di disposizioni attuative più specifiche, che individuino criteri selettivi obiettivi – finisce con il riesumare surrettiziamente un relitto ormai soppresso dall’Ordinamento; un istituto contrastante con i valori e con i principii ai quali la nostra Costituzione si ispira..

Né – a difesa della censurata disposizione del bando (e per sostenerne la conformità alla legge) – può essere invocato l’art.7 della L. 29.1.1942 n.64 (sull’ordinamento della Guardia di Finanza), che fra i requisiti di ammissione al Corpo prevede anche quello di "avere sempre tenuto regolare condotta civile, morale e politica, da valutarsi a giudizio insindacabile dell’amministrazione".

Ora, fermo restando che anche per tale norma valgono le precedenti considerazioni, non essendo apprezzabile la differenza fra "condotta incensurabile", "regolare condotta morale e politica" e c.d. "buona condotta", non può essere ignorato:

per un verso, che la norma in esame è precedente alla Costituzione (e chiaramente incompatibile con i principii dalla stessa introdotti in materia di libertà fondamentali);

e, per altro verso, che la stessa L. 29.10.1984 n.732 ha abrogato "ogni altra disposizione incompatibile" con quanto da essa disposto, e dunque certamente anche l’art.7 del L. n.64/1942 cit., nella parte in cui prescrive di accertare la sussistenza del requisito in questione.

Nel che resta definitivamente stigmatizzata la illegittimità sia della disposizione del bando in esame (art. 2, lett. "h"), sia del provvedimento di esclusione, nella parte che ne ha fatto uso ed applicazione.

1.2.5. Con il terzo mezzo di gravame il ricorrente lamenta anche – ad abundantiam – la illegittimità derivata del provvedimento di esclusione impugnato, dalla illegittimità costituzionale – per contrasto con l’art.27, comma 2°, della Costituzione – del combinato disposto di cui agli artt. 26 della L. 1.2.1989 n.53 (che prevede che per l’accesso nei ruoli della Polizia di Stato e delle altre forze di polizia è richiesto il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l’ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria) e dell’art. 124 del RD 30.1.1941 n.12 (che stabilisce l’esclusione dal concorso dei candidati che, per le informazioni raccolte, non risultano di condotta incensurabile), deducendo che la normativa indicata – richiamata dal bando – consente all’Amministrazione di equiparare a fattispecie di reato comportamenti che non sono tali, il che violerebbe il principio di presunzione di innocenza.

Da quanto rilevato nei precedenti capi, emerge che la questione non è rilevante ai fini del giudizio (e neanche ai fini dell’accoglimento della domanda giudiziale).

E’ infatti evidente che ai fini del giudizio e dell’accoglimento non occorre affatto che le norme denunciate dal ricorrente vengano espunte dall’Ordinamento.

Quanto all’art.26 della L. 1.2.1989 n.53 (che prevede che per l’accesso nei ruoli della Polizia di Stato e delle altre forze di polizia è richiesto il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l’ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria), per la semplice ed evidente ragione che essa – nei generici termini in cui è formulata e se attuata in conformità ai principii ai quali la Costituzione si ispira – non contrasta direttamente ed immediatamente con alcuna norma costituzionale.

Per quanto concerne, poi, l’art. 124 del RD 30.1.1941 n.12 (che stabilisce l’esclusione dal concorso dei candidati che, per le informazioni raccolte, non risultano di condotta incensurabile), esso è una norma dell’"Ordinamento giudiziario", richiamata dall’art. 26 della L.53 del 1989, ma che si rivolge alla Magistratura, che – in quanto "Potere dello Stato" – è soggetta ad un regime costituzionale specifico, volto ad assicurarne particolari condizioni di autonomia ed a garantire che la funzione giurisdizionale venga esercitata con assoluta imparzialità. E’ pertanto evidente che discutere sulla legittimità costituzionale della norma in questione sarebbe del tutto fuori luogo, posto che la stessa nasce per disciplinare un settore che non è quello della Guardia di Finanza. In conclusione, la questione giuridica che si pone non è se la norma richiamata sia costituzionalmente legittima, ma se nell’applicarla – in forza della norma di collegamento che ne sancisce il richiamo – l’Amministrazione la abbia "contestualizzata" e cioè resa compatibile con la disciplina di settore nella quale è chiamata ad operare.

E poiché, come evidenziato nei precedenti capi, il bando non ha indicato i criteri per stabilire in cosa si dovesse concretizzare la c.d. "incensurabilità" della condotta, la illegittimità si annida nel bando e nel provvedimento di esclusione impugnati – che pertanto vanno annullati; il primo in parte qua – e non già nella norma di legge in questione.

2. In considerazione delle superiori osservazioni il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Si ravvisano giuste ragioni per compensare le spese fra le parti costituite.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla provvedimenti impugnati.

Compensa le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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