Cass. civ. Sez. III, Sent., 13-04-2012, n. 5894 Distrazione delle spese in favore del difensore antistatario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 22.04.2004 il Tribunale di Palermo decidendo nelle cause riunite proposte da A.G., dalla s.r.l. Map Making Consulting Service, dalla s.r.l. Immobiliare Portogallo e da Ce.Lu., aventi ad oggetto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 252/2000 emesso ad istanza della Banca di Roma s.p.a. per il pagamento della somma di L. 476.371.791 oltre interessi convenzionali e spese del monitorio, quale saldo di due conti correnti intestati alla s.r.l. Map Making Consulting Service, che si assumevano garantiti dagli altri opponenti – accoglieva l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo opposto e compensando integralmente le spese processuali tra le parti.

La decisione, gravata da impugnazione della s.p.a. Capitalia Service J.V., quale mandataria di Capitalia s.p.a. (già Banca di Roma s.p.a.), era confermata dalla Corte di appello di Palermo, la quale con sentenza in data 10 maggio 2010 condannava l’appellante al pagamento delle spese processuali liquidate nella somma di Euro 25.744,50 (ivi incluso rimborso spese generali) oltre IVA e CPA in favore di A.G., nonchè nella stessa somma in favore della s.r.l. Map Making Consulting Service, in persona del legale rappresentante e di Ce.Lu. in proprio.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’avv. Ce.Ro., già procuratore antistatario della s.r.l. Map Making Consulting Service, in persona del legale rappresentante e di Ce.Lu., lamentando l’omessa pronuncia sulla richiesta di distrazione delle spese in suo favore.

Anche l’avv. C.V., già procuratore antistatario di A.G., ha proposto ricorso per cassazione, formulando identica censura.

Ha resistito la s.r.l. Trevi Finance n. 3 e, per essa, quale mandataria la Unicredit Credit Management Bank (U.C.B., già Banca di Roma s.p.a.) depositando distinti controricorsi e svolgendo, a sua volta, ricorso incidentale affidato a unico motivo, sia nei confronti dell’avv. Ce.Ro. e delle parti dalla stessa rappresentate in appello, la s.r.l. Map Making Consulting Service e Ce.Lu., sia nei confronti dell’avv. V. C. e della sua rappresentata A.G..

A loro volta A.G., nonchè la s.r.l. Map Making Consulting Service e Ce.Lu. hanno depositato due distinti controricorsi avverso i ricorsi incidentali, deducendone l’inammissibilità.

L’ A. e l’avv. C. hanno depositato anche memoria.

Motivi della decisione

1. Per il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso. Quest’ultima modalità, tuttavia, non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante, in ricorso incidentale (ex plurimis: Cass. (Ord.), 6 dicembre 2005, n. 26622;

Cass. 12 aprile 2006, n. 8620; Cass. 11 aprile 2006, n. 8403).

Ciò posto e considerato che, nel presente giudizio di cassazione, il ricorso che risulta notificato per primo è quello dell’avv. Ce.Ro. (rappresentata dall’avv. C.), quello proposto dall’avv. C. in proprio, sebbene abbia la forma del ricorso autonomo, deve ritenersi convertito in ricorso incidentale.

1.1. I suddetti ricorsi sono affidati, ognuno, a un solo motivo ed esprimono identica censura e, cioè, l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia ( art. 360 cod. proc. civ., n. 5) e violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.: ciò per non essersi la Corte territoriale pronunciata sull’istanza di distrazione formulata sia dall’avv. Ce.Ro. che dall’avv. C. nelle conclusioni rispettivamente rassegnate in appello.

1.2. Secondo l’insegnamento delle SS.UU. di questa Corte (sent. 7 luglio 2010, n. 16037), il ricorso per cassazione promosso dall’avvocato avverso la sentenza in cui non vi è alcuna statuizione da parte dell’autorità giudicante sulla propria istanza di distrazione va dichiarato inammissibile. Invero l’omessa pronuncia da parte del Giudice adito sull’istanza di distrazione presentata dall’avvocato, onde ottenere gli onorari non riscossi e le spese anticipate al proprio cliente, costituisce una mancanza materiale piuttosto che un vizio di attività o un errore di giudizio da parte dell’organo giudicante e, pertanto, emendabile con il rimedio impugnatorio specifico della correzione della sentenza di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ.. Il ricorso al predetto rimedio impugnatorio, anzichè a quelli ordinari è, infatti, giustificato dal fatto che la decisione sulla predetta istanza è essenzialmente obbligata e che la relativa declaratoria accede a quanto complessivamente sancito in merito alla controversia in esame, senza però assumere una propria autonomia formale. La mancata pronuncia sull’istanza di distrazione promossa dall’avvocato è, dunque, riconducibile ad una mera disattenzione da parte del Giudice, tenuto conto anche del fatto che la concessione della distrazione, ricorrendone le condizioni, quali la dichiarazione di anticipazione delle spese da parte dell’avvocato e la formale richiesta di distrazione in suo favore, non è soggetta ad alcuna forma di valutazione giudiziale, atteso che il Giudice è vincolato a quanto asserito dal professionista. Ne deriva che in siffatta ipotesi, in cui sussiste un errore materiale di natura omissiva che rende palese la divergenza tra quanto statuito dal Giudice e quanto egli avrebbe dovuto esprimere in forza di un obbligo normativo, il rimedio esperibile è quello del procedimento di correzione degli errori e delle omissioni materiali volto a ricostruire la volontà oggettiva dell’organo giudicante, quale elemento immanente nell’atto per dettato ordinamentale e, non un’impugnazione ordinaria che, invece, è finalizzata alla correzione ed eliminazione di errori di giudizio.

Facendo applicazione dei suindicati principi, sia il ricorso principale dell’avv. Ce.Ro., sia quello incidentale dell’avv. C. vanno dichiarati inammissibili, posto che il rimedio esperibile avverso la dedotta omissione è quello della correzione degli errori materiali.

2. Con i due ricorsi incidentali la resistente U.C.B. (quale mandataria della s.r.l. Trevi Finance n. 3) deduce violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 92 c.p.c. con riferimento alla pronunciata condanna ed errata quantificazione delle spese legali. A tal riguardo osserva che la Corte di appello ha liquidato le spese in conformità alle notule depositate dalle controparti, senza verificare in alcun modo i massimali previsti dal tariffario forense, con conseguente eccessiva liquidazione delle stesse spese;

in particolare rileva che, in considerazione del valore della controversia pari a Euro 246.025,50, corrispondente alla sorte capitale in decreto, l’onorario avrebbe potuto, al massimo, essere liquidato in Euro 11.535,00 e non già Euro 20.900,00. 2.1. I suddetti ricorsi incidentali sono inammissibili per carenza di autosufficienza.

Invero le proposte censure fanno riferimento alle note-spesa depositate in appello dalle controparti, senza neppure curare di precisare se detti documenti sono rinvenibili in atti (di modo che il ricorso incidentale contravviene anche alla previsione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6) e soprattutto senza neppure riportare nel ricorso i contenuti, almeno nelle parti salienti, delle notule in questione, violando così il principio di completezza del ricorso per cassazione.

E’ principio ripetutamente affermato in sede di legittimità che l’indicazione dei motivi del ricorso deve presentare i requisiti della specificità, completezza e riferibilità della decisione impugnata, allo scopo di assicurare che il ricorso presenti l’autonomia necessaria a consentire, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere, in quanto la Corte di Cassazione non è tenuta a ricercare, al di fuori del contesto del ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo.

Nel caso all’esame la ricorrente incidentale deduce che la liquidazione degli onorari delle controparti è stata effettuata dalla Corte di appello con riferimento a erroneo scaglione tariffario e indica un diverso e minore importo degli stessi onorari, facendo riferimento allo scaglione (da Euro 103.300,01 e 258.300,00) individuato sulla base della sorte capitale in decreto e ad alcune voci previste dal tariffario forense, senza tuttavia indicare, nel contempo, in maniera specifica, gli importi e le singole voci riportate nelle notule della controparte; di modo che – a prescindere dall’insufficienza del riferimento alla sola sorte capitale e non anche agli accessori ante causam, per la determinazione del valore della controversia, peraltro incentrata proprio sulla usurarietà e indeterminatezza dei richiesti interessi uso piazza – mancano gli elementi essenziali per un raffronto tra l’importo riconosciuto e quello asseritamente riconoscibile in relazione all’attività effettivamente svolta in appello (comprensiva, tra l’altro, per quanto risulta in sentenza, della procedura incidentale ex art. 283 cod. proc. civ.), derivandone, di conseguenza, la genericità della censura di "eccessività" della liquidazione.

Anche i ricorsi proposti in via incidentale dalla mandataria della s.r.l. Trevi Finance n. 3 vanno, dunque, dichiarati inammissibili.

L’esito del giudizio di cassazione impone l’integrale compensazione delle relative spese tra le parti.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, li dichiara inammissibili, compensando interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *