Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-04-2012, n. 5889 CE Formazione professionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 11.12.2009, la Corte di Appello di Roma, in accoglimento dell’appello dell’Università La Sapienza ed riforma della sentenza di primo grado, rigettava le domande proposte da M.B., medico specializzando nel periodo 1995-2000, che aveva rivendicato, per l’attività resa presso il Policlinico Umberto I, il diritto a percepire il trattamento economico dei medici neoassunti a tempo pieno, chiedendo la condanna dell’Università al pagamento delle differenze economiche rispetto alla borsa di studio percepita, o, in via gradata, l’adeguamento del compenso, con decorrenza dal 30.6.1998.

Rilevava la Corte territoriale che la Direttiva Comunitaria 82/76 CEE, che prevedeva in favore dei medici la corresponsione di un emolumento nel periodo di specializzazione, aveva trovato applicazione nel nostro ordinamento solo con il D.Lgs. n. 257 del 1991 e che non era stabilito alcun vincolo che consentisse al giudice nazionale di identificare sia il debitore tenuto al versamento della remunerazione adeguata, sia l’importo di quest’ultima. Peraltro, doveva considerarsi, secondo il giudice del gravame, come non potesse invocarsi un diritto di parità di trattamento, ovvero un diritto all’adeguamento retributivo, neanche all’interno del rapporto di lavoro subordinato, e che l’insussistenza di un tale diritto valesse ancor di più nell’ambito dei rapporti in esame, stante la loro natura non subordinata.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la M., con tre motivi, illustrati con memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

La Università resiste con controricorso, ribadendo, con memoria, le proprie difese.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che la Corte del merito non ha considerato che il D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, individua una precisa relazione tra la borsa di studio e lo stipendio minimo del medico strutturato, testualmente disponendo che l’entità della borsa di studio venga rideterminata ogni triennio in funzione del miglioramento stipendiale minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del S.S.N., e che nel medesimo articolo si prevede, inoltre, l’adeguamento automatico della borsa di studio al tasso programmato di inflazione. Rileva, altresì, che la necessità di un tale adeguamento è anche conforme ai principi del diritto interno e del diritto comunitario.

Con il secondo motivo, censura la sentenza d’appello per l’omessa e comunque illogica e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, osservando che la motivazione, fondata sulla insussistenza di un diritto alla parità di trattamento e del principio di adeguamento retributivo, sia inidonea a giustificare le ragioni delle adottate conclusioni ed in contrasto con la precisa relazione disposta tra borsa di studio e stipendio minimo del medico strutturato, che aveva, al contrario, correttamente indotto il giudice di primo grado a ritenere il corrispettivo inadeguato, tenuto conto proprio del contenuto del citato del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6.

Con il terzo motivo, la M. si duole dell’omessa e comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rilevando come la Corte territoriale non avrebbe fornito alcuna motivazione in ordine alla mancata condivisione della prospettata esistenza di un principio, di carattere generale, di idoneità della remunerazione anche in capo ai medici specializzandi.

Trattando congiuntamente i motivi di ricorso, per la evidente connessione tra le questioni che ne costituiscono l’oggetto, deve rilevarsi che il quadro normativo e giurisprudenziale nella specifica materia non conforta in alcun modo la tesi prospettata dalla ricorrente quanto, piuttosto, dimostra che ai medici iscritti alle scuole di specializzazione dopo il 1991 spetta esclusivamente la borsa di studio che la M. ha incontestatamente e regolarmente percepito.

Questa Corte ha già in precedenza osservato che il rapporto di lavoro degli specializzandi presso strutture universitarie, ospedaliere o delle ASL, finalizzato, precipuamente, alla formazione teorica e pratica, non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, nè tra le ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività degli stessi e gli emolumenti previsti dalla legge. Ciò sul presupposto che tali emolumenti sono destinati a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione, e non costituiscono, quindi, il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi ed al conseguimento, al fine corso, di un titolo abilitante (cfr., tra le altre, Cass 11.3.2008 n. 6427 e Cass. 22.9.2009 n. 20403). A tanto consegue che non sono applicabili nè l’art. 36 Cost. ed il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto, che si riferisce al rapporto di lavoro subordinato, nè, prima del ricevimento nell’ordinamento nazionale, le direttive CEE n. 76 del 1982 e n. 362 del 1975, che si limitavano a prescrivere l’erogazione di un’adeguata remunerazione, rimettendone l’importo alle normative nazionali e non consentendo al giudice nazionale di identificare il debitore della prestazione (cfr. Cass. 19.11.2008 n. 27481 e, da ultimo, 26.5.20011 n. 11565).

Sempre in tema di trattamento economico dei medici specializzandi e con riferimento alla domanda risarcitoria per non adeguata remunerazione, è stato osservato che l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per l’anno 1992, in applicazione di quanto disposto dalla L. 2 dicembre 1995, n. 549, art. 1, comma 33, trattandosi di misura, (v. sentenza Corte cost. n. 432 del 1997) non irragionevole nè discriminatoria, perchè riferita ad un arco temporale limitato e coerente rispetto al "corpus" normativo, in cui è stata inserita, volto ad impedire, anche nel settore della sanità, gli incrementi retributivi consequenziali ad automatismi stipendiali. E’ stato, poi, in particolare, evidenziato che la predetta sospensione non contrastava con la Direttiva 82/76/CEE del Consiglio del 26 gennaio 1982 (recepita con il predetto D.Lgs. n. 257 del 1991, in attuazione della L. 29 dicembre 1990, n. 428) in quanto in detta disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, nè sono posti i criteri per la determinazione della stessa (cfr. Cass. 26.5.2001 n. 11565).

Con riguardo al periodo in relazione al quale viene rivendicato l’adeguamento (30.6.1998 – 31.12.2000), va rilevato che la L. 2 dicembre 1995, n. 549, (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), all’art1, comma 33, interpretando autenticamente le disposizioni di cui al D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art., commi 5 e 6, convertito, con modificazioni dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, ha stabilito che le suddette disposizioni debbano essere interpretate nel senso che tra le indennità, compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere, da corrispondere nella misura prevista per l’anno 1992 siano comprese le borse di studio di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6. In base alla L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 22, (Legge Finanziaria 2000), la disposizione così interpretata continua ad applicarsi anche nel triennio 2000 – 2002.

Il divieto di periodico aggiornamento delle borse di studio di cui si tratta è stato peraltro ancora confermato dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36 (Legge Finanziaria 2003), il quale ha disposto che sino alla stipula del contratto annuale di formazione lavoro previsto dal D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, art. 37, la misura delle borse di studio corrisposte ai medici in formazione specialistica, ai sensi del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, rimane consolidata in quella stabilita dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 32, comma 12 (cfr.

Cass. 16.12.2008, n. 29345).

La Corte di merito ha, quindi, fatto corretta applicazione delle norme di riferimento, mentre la censura di un loro possibile contrasto con le norme comunitarie, prospettata nel primo motivo, è del tutto generica.

Il ricorso va quindi rigettato, ribadendosi il principio per cui "per gli anni accademici dal 1998 – 99 al 2001 – 2002 l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita".

Le spese del presente giudizio cedono a carico della ricorrente, per il principio della soccombenza, e vanno liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in Euro 70,00 per esborsi, Euro 4000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 28 marzo 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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