T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 23-11-2011, n. 9210

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti sono titolari di concessioni perpetue di cappelle funerarie gentilizie ubicate all’interno del cimitero del Comune di San Vito Romano che, a seguito dell’evento alluvionale del maggio 2008, sono state abbattute in esecuzione dell’ordinanza sindacale n. 24 del 28.5.2008, adottata ai sensi degli articoli 50 e 54 del D. Lgs. n. 267 del 2000, al fine di consentire la realizzazione del cantiere necessario all’effettuazione dei lavori di ripristino delle aree cimiteriali crollate e recupero delle salme disperse.

I ricorrenti – premesso di non avere previamente avuto conoscenza della ordinanza sindacale di cui sopra, nemmeno agli stessi formalmente indirizzata, comunque non preceduta da idonea istruttoria, la quale avrebbe, in ogni caso, previsto che la misura era da ritenersi soltanto temporanea – con il ricorso in trattazione hanno impugnato il silenzio sull’istanza da questi notificata al comune in data 27.9.2010, con cui richiedevano formalmente l’assegnazione di una sepoltura equivalente nell’ambito del medesimo cimitero con spese a carico dell’amministrazione, ai sensi della normativa comunale vigente nella materia.

Ne hanno dedotto l’illegittimità per violazione dell’articolo 2 della legge n. 241 del 1990 e per l’eccesso di potere per violazione dell’articolo 63, commi 1 e 2, del regolamento di polizia mortuaria del Comune di San Vito Romano.

Hanno, altresì, richiesto l’accertamento della fondatezza della loro pretesa ad avere una sepoltura equivalente all’interno del medesimo cimitero a spese del comune nonché la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni conseguenti, indicativamente quantificati in 10,000 euro per ciascun ricorrente, e la nomina di un commissario ad acta ai fini dell’esecuzione.

Il comune si è costituito in giudizio in data 21.4.2011, depositando memoria con la quale, previa ricostruzione in punto di fatto della vicenda di cui trattasi, ha dedotto, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per mancata notificazione dello stesso al Ministero dell’interno, attesa la qualifica del Sindaco quale ufficiale di governo ai sensi dell’articolo 54 del D. Lgs. n. 267 del 2000 ed atteso che la demolizione delle cappelle è stata effettuata su specifica richiesta del Genio civile; nel merito, ne ha dedotto l’infondatezza con la conseguente richiesta di rigetto.

Con l’ordinanza n. 5036/2011 del 6.6.2011 sono stati disposti incombenti istruttori a carico dell’amministrazione comunale.

Con la memoria difensiva del 4.7.2011 i ricorrenti hanno controdedotto alle difese avversarie, evidenziando, altresì, le ragioni sulla base delle quali hanno ritenuto di non potere accedere alla proposta transattiva formulata nelle more del presente giudizio da parte dell’amministrazione.

Alla camera di consiglio dell’8.7.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

In via preliminare deve essere affrontata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di cui alla memoria di costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale.

Al riguardo si premette che, con il ricorso introduttivo, i ricorrenti hanno proposto, nella sostanza, un pluralità di domande distinte ed autonome; ossia la domanda di annullamento del silenzio serbato da parte dell’amministrazione sull’istanza di assegnazione di una sepoltura equivalente a quella demolita in esecuzione dell’ordinanza contingibile ed urgente alla luce della normativa comunale in materia nonché l’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale vantata in tal senso, ma anche l’annullamento per illegittimità della detta ordinanza ed il risarcimento dei danni conseguenti all’illegittimo operato dell’amministrazione nell’intera vicenda.

Alla luce dell’articolo 117, comma 6, del c.p.a., deve ritenersi ammissibile la domanda di risarcimento proposta unitamente al ricorso avverso il silenzio; è certamente ammissibile, pertanto, la domanda con cui il privato invoca la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l’amministrazione ha adottato un provvedimento a lui favorevole, ma emanato appunto con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento (Consiglio di Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739).

Tuttavia, ai fini della legittimazione passiva in caso di impugnazione di un’ordinanza contingibile ed urgente, valgono le considerazioni che seguono.

L’ordinanza contingibile ed urgente in materia di salute pubblica adottata dal sindaco quale ufficiale di Governo, sebbene soggetta a regole diverse da quelle ordinariamente applicabili agli atti del sindaco come capo dell’amministrazione comunale, è pur sempre un atto redatto e deciso dagli uffici comunali; ne consegue che sussiste la legittimazione del comune a resistere nel giudizio in caso di controversia sulla legittimità dell’ordinanza sindacale, atteso che i provvedimenti emessi dal sindaco quale ufficiale di governo sono pur sempre imputabili al comune, di cui il sindaco stesso è organo. Ne consegue che, pertanto, ritualmente, il ricorso proposto contro il sindaco, che abbia agito nell’anzidetta qualità, viene notificato al sindaco presso la sede del comune anziché all’amministrazione centrale presso l’Avvocatura dello Stato (Consiglio di Stato, sez. V, 07 settembre 2007, n. 4718).

E, in tal caso, il relativo ricorso, se proposto solo per il suo annullamento, non deve essere notificato anche al Ministero dell’Interno, obbligo che invece sussiste nel caso di contemporanea o successiva azione risarcitoria, affinché lo Stato non venga chiamato a rispondere dei danni senza aver potuto tempestivamente difendersi, con la conseguenza che è lo Stato è soggetto legittimato passivo dell’azione risarcitoria proposta per il ristoro dei danni derivanti dall’esecuzione delle ordinanze contingibili e urgenti adottate dal sindaco; segue da ciò che se con il ricorso avverso un’ordinanza contingibile e urgente adottata dal Sindaco viene chiesto solo l’annullamento del provvedimento, il gravame va notificato al Sindaco presso la sede comunale e non anche al Ministero dell’Interno presso l’Avvocatura dello Stato, ma se con esso si chiede sia l’annullamento dell’atto sia anche il risarcimento dei danni, la notifica deve essere effettuata, a pena di inammissibilità del gravame, al Sindaco e al Ministero dell’interno (T.A.R. MoliseCampobasso, sez. I, 09 aprile 2009, n. 124).

Da quanto esposto consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di notificazione all’amministrazione effettivamente interessata, nella parte in cui è richiesto il risarcimento dei danni conseguenti all’esecuzione dell’ordinanza di cui trattasi del 2008; non si ritiene, invece, che la detta inammissibilità possa essere fondatamente sostenuta con riferimento alla distinta azione risarcitoria conseguente al ritardo nel riscontro all’istanza avanzata dai ricorrenti nonché nell’adozione del provvedimento sostanziale richiesto.

Nel merito il ricorso è improcedibile per tardività nella parte in cui risulta essere stata impugnata l’ordinanza n. 24 del 2008 con la quale il sindaco ha ordinato l’esumazione delle salme dalle cappelle di cui trattasi nonché la demolizione controllata delle dette cappelle; ed infatti, sebbene la detta ordinanza non fosse indirizzata ai ricorrenti né agli stessi risulta che sia mai stata notificata a cura dell’amministrazione procedente, tuttavia, dall’esame della documentazione in atti, e in particolare dalla corrispondenza intercorsa negli anni 2008 e 2009 tra i ricorrenti tutti e l’amministrazione (al riguardo vedasi la nota di cui al prot. n. 6447 del 19.10.2009 in copia agli atti), avente ad oggetto proprio la demolizione in questione, è evidente come gli stessi fossero pienamente consapevoli dell’intervenuta demolizione in esecuzione della richiamata demolizione.

Non possono, pertanto, tenersi in alcuna considerazione le censure al riguardo articolate con il ricorso introduttivo.

Per la parte che residua, il ricorso è fondato ai soli fini del riscontro sull’istanza di assegnazione di un’area della medesima estensione come da concessione e da regolamento comunale in materia.

L’ordinanza n. 24 del 2008 è stata adottata ai sensi degli articoli 50, comma 5, e 54, comma 2, del D.Lgs. n. 267 del 2000 ai fini dell’esumazione delle salme dalle cappelle gentilizie e della demolizione delle dette cappelle in quanto situate in un’area immediatamente contigua ed a ridosso della zona in cui si è verificato il crollo delle altre sepolture e la dispersione delle relative salme per consentire il consolidamento del versante con la realizzazione di apposite paratie.

In sostanza, pertanto, si è trattato di una revoca delle concessioni di cui erano titolari i ricorrenti ai sensi dell’articolo 63, comma 1, del Regolamento comunale di polizia mortuaria di cui alla deliberazione C.C. n. 31 del 28.9.2007, il quale dispone testualmente che "… è facoltà dell’amministrazione di ritornare in possesso di qualsiasi area… quando ciò sia necessario per ampliamento, modificazione topografica del cimitero o per qualsiasi altra ragione di interesse pubblico." con la conseguente applicazione del successivo comma 2 del medesimo articolo, nella parte in cui prevede che "… verrà concesso agli aventi diritto l’uso… per la durata di 99 anni nel caso della perpetuità della concessione revocata, di un’equivalente sepoltura nell’ambito dello stesso cimitero in zona o costruzione indicati dall’amministrazione, rimanendo a carico della stessa le spese per il trasporto delle spoglie mortali dalla vecchia tomba alla nuova…."; la disposizione di cui sopra deve, peraltro, essere interpretata alla luce di quanto previsto dalla lett. D) delle concessioni in questione nella parte in cui dispone che "qualora il cimitero, per ragioni igienicotecniche dovesse essere rimosso, nessun compenso spetta per tale rimozione o modificazione, salvo il diritto a pari quantità di area a quella acquistata…".

Nel caso di specie la demolizione delle cappelle è intervenuta proprio per ragioni tecniche essendosi ritenuto da parte del genio civile necessario procedere in tal senso ai fini del consolidamento del versante del cimitero crollato a seguito della frana.

Ne consegue che ai ricorrenti spetta una sepoltura equivalente, con ciò non intendendosi tuttavia la necessaria attribuzione di un’area all’interno del nuovo cimitero esattamente equivalente a quella concessa, dovendosi valutare al riguardo lo stato dei luoghi, né la necessaria realizzazione a cura e spese dell’amministrazione comunale delle medesime cappelle.

Né, in senso contrario, depone la corrispondenza in precedenza intercorsa tra le parti dalla quale traspare in qualche modo l’intenzione dell’amministrazione, nei limiti delle proprie disponibilità, di procedere a proprie spese alla detta ricostruzione.

Nei limiti di cui in precedenza ed ai sensi indicati, il ricorso deve, pertanto, essere accolto.

La domanda risarcitoria connessa al ritardo dell’amministrazione nel riscontro all’istanza di cui trattasi, invece, deve essere respinta, atteso che l’amministrazione anche in precedenza aveva dato riscontro ad istanze analoghe – rappresentando di avere in corso il procedimento di ricollocazione delle salme nei nuovi colombai in costruzione – ed aveva, comunque, inoltrato la proposta transattiva in atti, alla luce della complessità della situazione nella quale, a seguito del crollo del 2008, l’amministrazione medesima si era venuta a trovare.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile, e nella parte che residua, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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